22 DOSSIER Nella geografia del vino mondiale, la Basilicata non risulta certo ai primi posti per la notorietà delle sue produzioni enologiche. Eppure, questo angolo del Sud Italia alla confluenza tra due mari meriterebbe un maggiore riconoscimento, soprattutto laddove si prenda a riferimento uno dei suoi simboli nel calice: l’Aglianico del Vulture.C’è chi il potenziale di questa zona e del suo vitigno principe lo ha intuito in tempi non sospetti: è Gruppo Italiano Vini. Dal 1998 ha dato il via al progetto Re Manfredi, isola che prospera al cuore dell’altipiano del Vulture. Siamo ai piedi del cono vulcanico, a pochi chilometri da Venosa, cittadina che ha dato i natali al poeta latino Orazio, su terreni calcarei-argillosi importanti lambiti dal vulcano dormiente che qui ha depositato non lapilli ma ceneri. Poi, nei filari, si ritrovano basse rese e altissima qualità nei 100 ettari di parco vitato. Un potenziale a cui oggi Gruppo Italiano Vini ha associato l’importante investimento che ha portato alla creazione di una cantina all’avanguardia, rinnovata e ampliata sulla struttura precedente proprio con l’obiettivo di portare l’Aglianico a raggiungere orizzonti sempre DI MATTEO BORRÈ Sua Maestà, l’Aglianico più ampi e affermarsi ai vertici dei vini di pregio internazionali. Già, perché al momento della decisione, poi divenuta operativa tra il 2013 e il 2017, di dare ordine tra i filari, se per il volto in bianco si è scommesso sull’impianto sistematico di Müller-Thurgau e Traminer per 40 ettari, il solo vitigno a bacca rossa selezionato è stato l’Aglianico, che oggi rappresenta il 100% della produzione in rosso di Re Manfredi. È proprio il principe degli autoctoni della Basilicata il grande protagonista nel Vulture, al centro di una progettualità che ha scelto di scommettere sulla varietà interpretandola partendo da differenti angolature. “Per la sua importanza, non può essere un vino di moda: non vuole essere trendy ma deve puntare all’eccellenza”, spiega l’enologo Christian Scrinzi, che in Re Manfredi viene affiancato sul campo dall’expertise di stampo anglosassone di Morgan Sean McCrum. Il cammino cui è chiamato oggi l’Aglianico del Vulture, infatti, è quello che punta ufficialmente ad affermarlo come un membro dell’Olimpo dei grandi classici del vino italiano. A tal proposito, le ultime scelte di Gruppo Italiano Vini a supporto di questa “candidatura” puntano esattamente a favorire l’ottenimento del prestigioso rico- Come Re Manfredi vuole portare il vitigno principe della Basilicata dal Vulture all’Olimpo dei grandi rossi noscimento. Ma, si faccia attenzione, Re Manfredi non è solo Aglianico: è anche inusuale variante in bianco. Lo è con un vero e proprio best seller che si è affermato nel corso del tempo come espressione di territorio, non di vitigno, capace di garantire anche una sostanziale longevità. Per un progetto partito dalla valutazione di quelli che erano gli autoctoni locali più diffusi, Malvasie e Moscati, poi però delineatosi attorno a due a prima vista – ma poi non è stato così – “intrusi” a queste latitudini: i nordici Müller-Thurgau e Traminer. Il risultato finale è stato un vino di buona struttura, con una piacevole dolcezza e un certo residuo, che a volte ricorda note solforate, dallo straordinario successo. Un prodotto che può apparire semplice, ma in realtà attentamente studiato e favorito nella sua genesi dalle grandi escursioni termiche che caratterizzano la regione e da temperature che scendono di molto durante la notte, fattore quest’ultimo decisivo per lo sviluppo degli aromi. A supporto della vocazione di un territorio, oggi giunge una nuova cantina all’avanguardia. Già nel 2020 la decisione da parte di Giv dell’importante investimento. Ora, dopo i lavori di scavo, è stata costruita ex-novo una struttura unica sul territorio che ha una linea di pigiatura con selezione delle uve, nuove presse e vinificatori in legno e acciaio e dei piccoli contenitori che permettono la vinificazione separata delle uve provenienti da vigneti diversi in modo da conservarne le peculiarità. Nella rinnovata cantina trovano spazio anche un caveau per 1600 bottiglie di annate storiche, a far data dal 1998, oltre che una nuova barricaia interrata a sette metri di profondità, che ospita circa 200 barrique per l’affinamento dell’Aglianico oltre a contenitori alternativi quali anfore, clayver e contenitori oeufs de Beaune utilizzati per testare tecniche di vinificazione diverse. Un’opera maestosa, realizzata anche grazie al contributo della Regione Basilicata che ha creduto fermamente nel progetto, modello per il futuro del panorama vitivinicolo lucano. Un domani che nel calice, a nostro avviso, vedrà l’affermazione di quell’Aglianico che Re Manfredi interpreta in tre versioni: il Taglio del Tralcio, il Re Manfredi e il superiore Vigneto Serpara. Se il primo è la più dinamica delle espressioni del vitigno principe della Basilicata e che propone un potenziale di rapporto tra qualità e prezzo su cui, ad avviso di chi scrive, è bene scommettere, il secondo, oggi in commercio con l’annata 2021, ne è la versione più fresca, vivace, vibrante e dal frutto più spiccatamente croccante che accompagna il caratteristico profilo balsamico della varietà. Infine, il Cru, Vigneto Serpara, prodotto da uve coltivate nel comune di Maschito in un appezzamento di soli sei ettari con vecchie viti che offrono meno concentrazione ma regalano una maggiore longevità al vino: speziato e con una densità che quasi si mastica, si propone con un’acidità, un tannino e una freschezza gradevoli, offerti dalla nota balsamica di sottofondo che pulisce il palato. Per tre racconti di un grande vitigno, ideale alternativa per soddisfare un consumatore curioso alla ricerca di nuove suggestive emozioni nel calice.
Battito emiliano Il gusto dell’eccellenza passa attraverso una passione condivisa: quella per un sapore raffinato, che con le sue note fresche e floreali continua a legarsi alla migliore delle tradizioni vitivinicole. Vigna del Cristo. Cuore pulsante d’Emilia.