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Malvino Stolfa - Isola Nostra

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15 Giugno 2004 ISOLA NOSTRA<br />

11<br />

Da “Memoria negata” abbandonare tutto; i piccoli ve-<br />

E a pagare a caro prezzo, erano<br />

stati soprattutto i bambini. Gli<br />

adulti avevano scelto di fuggire,<br />

optando per l’esilio e per l’abbandono<br />

di ogni bene affettivo<br />

e materiale. Essi avevano lasciato<br />

là per sempre persone care,<br />

case, tombe, chiese. Il cuore! Ed<br />

ora non potevano che soggiacere<br />

a quella scelta e portare avanti<br />

quella fuga che non avrebbe<br />

mai avuto il traguardo unico che<br />

le competeva : nessun porto, nessuna<br />

collina o pianura o paese o<br />

città o continente sarebbe più<br />

stato l’Istria, la Dalmazia. Nessun<br />

mare sarebbe più stato quello<br />

che lambiva scogli e isole galleggianti<br />

in stupende baie; nessun<br />

vento sarebbe stato più il<br />

borino che da Trieste spandeva<br />

fino a Zara i mille odori di quella<br />

terra. Non potevano protestare<br />

ora o ribellarsi. Recriminare,<br />

sì, ma nei ghetti, nelle stanzette.<br />

E negli animi. Era permesso loro<br />

solo la rassegnazione condita di<br />

nostalgia e rimpianto.<br />

I bimbi invece, fagottini tra<br />

valigie, caratei, canovacci avvolgenti<br />

qualcosa cui qualcuno<br />

non aveva saputo rinunciare, e<br />

masserizie varie su barche, vapori,<br />

treni, corriere, avevano subito<br />

una violenza indicibile.<br />

Strappati per sempre alla loro<br />

infanzia crescevano senza il loro<br />

passato. I ricordi si allontanavano,<br />

le immagini si offuscavano,<br />

sbiadivano anche i volti cari; restavano<br />

dei lampi che però risultava<br />

sempre più arduo collocare<br />

nello spazio e nel tempo.<br />

I grandi avevano scelto di<br />

nivano abbandonati dalla loro<br />

storia, dalla linfa vitale insita<br />

nei trascorsi di ciascun essere.<br />

I grandi, lì dentro, non avevano<br />

futuro e ancor più perciò si<br />

aggrappavano al rimpianto di<br />

ciò che avevano posseduto e<br />

perso; sospiravano profondamente<br />

a pieni polmoni quasi<br />

mancasse davvero l’aria per irrorarli<br />

di ossigeno, e spesso,<br />

molto spesso, piangevano.<br />

I bimbi non potevano piangere<br />

per ciò che quasi non albergava<br />

più nelle menti e neppure<br />

nei cuori. Essi erano costretti<br />

ed indirizzati a percorrere<br />

il tragitto che seguiva, partendo<br />

da lì: dal Campo, da quella<br />

libertà imprigionata, dalla<br />

miseria, dalla promiscuità, dai<br />

topi, dai pidocchi.<br />

Una barriera rigida ed impenetrabile<br />

separava il prima e il<br />

dopo dei più piccoli; ed era umanamente<br />

impossibile alla loro età<br />

riallacciarsi al prima. Restava solo<br />

il dialetto, la bella e dolce parlada<br />

che non permetteva di recidere<br />

definitivamente il cordone ombelicale<br />

quale legame inscindibile.<br />

Sussistevano anche altri fattori<br />

che si sarebbero in seguito<br />

rivelati incisivi nella loro personalità,<br />

ma essi non erano in<br />

grado di riconoscerli, né di avvantaggiarsene<br />

al momento.<br />

Albergavano di già nei loro<br />

animi, crescevano in modo direttamente<br />

proporzionale allo<br />

sviluppo corporeo e, come tasselli<br />

di un mosaico, andavano<br />

ad incastrarsi gli uni agli altri<br />

per la futura formazione quali<br />

individui decisi, forti e fieri così<br />

come erano stati i loro veci.<br />

Una volta maturi ripescheranno<br />

in pieno le caratteristiche<br />

di quella gente che in massa era<br />

venuta via e ostenteranno i pregi<br />

di una simile stirpe. E proprio<br />

coloro che erano stati gli esuli<br />

bambini, ricercheranno le loro<br />

radici, vanteranno le loro origini,<br />

esalteranno l’esodo quale atto<br />

di fede in ideali e libertà. Adulti<br />

si riscatteranno davanti agli occhi<br />

altrui, si scrolleranno di dosso,<br />

ma non dall’intimo, squallore<br />

e rinunce e l’internamento dei<br />

Campi, e avanzeranno incontro<br />

alla vita a testa alta, valendosi<br />

delle molte capacità ereditate e<br />

trasmesse loro geneticamente<br />

dagli avi.<br />

Poi chiederanno giustizia:<br />

vorranno che l’esodo non venga<br />

dimenticato, vorranno che il<br />

loro passato, di cui anch’essi già<br />

da tempo si sono riappropriati,<br />

resti vivo per sempre. Fa parte<br />

di un bagaglio di cui assolutamente<br />

nessuno, ma in primo luogo<br />

nessun Italiano, avrebbe dovuto<br />

disfarsene.<br />

Pretenderanno la redenzione<br />

dell’esodo e che la verità sia<br />

scritta e divulgata. Sono stati vittime<br />

ignare di fatti bellici e successive<br />

convenzioni politiche<br />

sconvolgenti, pertanto non proveranno<br />

autocommiserazione,<br />

né vorranno la pietà altrui, ma<br />

solo il rispetto dovuto.<br />

In veste di insegnante, ma<br />

ancor più di educatrice, Marisa<br />

negli anni futuri porterà avanti<br />

simili concetti. Saranno il suo<br />

impegno morale, costituiranno il<br />

suo credo per il quale sempre di<br />

più si infervorerà al punto di de-<br />

Lorenzutti<br />

volta Emilio Salgari in inglese<br />

Sandokan e dei suoi pirati, finendo<br />

per immedesimarsi nei<br />

personaggi.<br />

Nei viaggi in Italia, ancora<br />

piccolino ma già amante della<br />

lettura, ricevette in regalo o<br />

comperò tutti i libri che poté trovare<br />

, appassionandosi sempre<br />

più alla lettura di questi racconti.<br />

E così sia durante gli studi<br />

universitari a London, sua città<br />

natale, che durante la sua permanenza<br />

in Giappone (dove insegnava<br />

inglese) o nei suoi viaggi<br />

in Asia e in Europa (partecipò<br />

anche agli stages dei “Giuliani<br />

nel mondo” a Trieste), Nico non<br />

perse mai di vista i libri di Salgari<br />

e tutto quello che parlasse di<br />

questa materia.<br />

Fece le sue ricerche e, non<br />

trovando alcun libro in inglese,<br />

pensò che un giorno avrebbe<br />

provato a tradurre lui queste storie,<br />

affinché anche i ragazzi che<br />

parlano questa lingua avessero<br />

la possibilità di leggerle e di divertirsi.<br />

Cosa che poteva anche<br />

essere gradita agli adulti appassionati<br />

di libri di avventure.<br />

Così, finalmente, lo scorso<br />

ottobre il libro è stato stampato<br />

ed un sogno si è avverato. Se<br />

qualcuno è interessato al libro<br />

può visitare il sito Internet:<br />

www.amazon.com “Sandokan”<br />

– “The Tigers of Mompracem”<br />

by Emilio Salgari (author,<br />

traslated by Nico Lorenzutti).<br />

Ci sembrava opportuno far<br />

sapere che un figlio di istriani,<br />

nato in Canada, abbia tradotto<br />

questa opera, sperando di contribuire<br />

alla diffusione della<br />

cultura italiana nel mondo di<br />

lingua inglese.<br />

Franca e Mario<br />

Lorenzutti (Canada)<br />

cidere di raccontare la storia<br />

giuliana, non più ad una scolaresca<br />

che la ascolta in religioso silenzio,<br />

o ad un conoscente qualsiasi<br />

che apprende stupefatto fatti<br />

della sua vita che neppure immaginava.<br />

Questa volta vorrà che<br />

l’esilio di una bimba, simbolo di<br />

altri sfortunati fanciulli e di altre<br />

misere esistenze, sia conosciuto<br />

dai più, quale testimonianza di<br />

una parte della Storia italiana, testimonianza<br />

che si aggiunga a<br />

quelle di coloro che già hanno<br />

sentito il dovere di parlare, scrivere,<br />

decantare, tenere in vita e<br />

trasmettere la loro memoria.<br />

Scriverà pensando a quella<br />

picia che si ribellava perché<br />

sentiva il terreno franare sotto<br />

i suoi piedi ed era impossibilitata<br />

a costruirci sopra alcunché:<br />

non esisteva niente per la sua<br />

vita di essere umano, nessuna<br />

solidità sulla quale ergere un<br />

domani. Allora manifestava il<br />

rifiuto a tanta negatività proprio<br />

con irrequietezze, trasgressioni,<br />

gesti eclatanti finalizzati ad attirare<br />

l’attenzione. Su che cosa?<br />

Quale era il problema? Non<br />

voleva crescere troppo presto:<br />

voleva ondeggiare e piegarsi<br />

ancora un po’ alla leggera brezza<br />

dell’infanzia, ma un’infanzia<br />

libera, normale. Perché di<br />

questo era stata defraudata.<br />

Possedeva solo quella rivalsa<br />

per il momento: il gusto e l’ebbrezza<br />

della contestazione.<br />

E si rivedrà: placida fuori casa<br />

con gli estranei; un’onda in piena<br />

con i suoi. Fuori e dentro. Il<br />

fuori però, nonostante il<br />

perbenismo, non la eguagliava<br />

agli altri, anzi. Il dentro la proteggeva<br />

da sguardi sprezzanti,<br />

sorrisi di sussiego, da una sottile<br />

tolleranza. Era meglio dentro ed<br />

era peggio fuori, allora? Nella sua<br />

insoddisfazione, esisteva il gusto<br />

della sfida: mettere a dura prova<br />

la pazienza della mamma, andare<br />

in luoghi sconosciuti. Non era<br />

stata già una sfida quella di andare<br />

a Latina a sbirciare gli zingari<br />

nonostante i divieti? Appostata<br />

vicino ai ruderi di un fabbricato<br />

distrutto dai bombardamenti, li<br />

osservava e si interrogava sulle<br />

loro diversità: nudità e sporcizia<br />

innanzitutto. E poi quella più importante<br />

per studiare; ma anche<br />

il rubare era stato esaltante e ogni<br />

gioco spericolato, ogni acrobazia<br />

costituiva una sfida a se stessa.<br />

Qualsiasi conquista lo era e lo<br />

sarebbe sempre stata. Questa era<br />

la sua molla, il suo incentivo, il<br />

suo pungolo.<br />

Marisa Brugna

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