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15 Giugno 2004 ISOLA NOSTRA<br />
5<br />
Don Dagri: a quarant'anni dalla morte<br />
Nel quarantesimo anniversario della scomparsa<br />
di mons. Giuseppe Dagri, avvenuta a Trieste<br />
l’11 luglio 1964, gli isolani ricordano con profonda<br />
riconoscenza il loro ultimo parroco.<br />
Ordinato sacerdote nel 1929, con la sua prima<br />
messa iniziò il suo apostolato nella natia<br />
<strong>Isola</strong>. Fu subito un grande amico dei giovani,<br />
ai quali dedicò premurose cure anche attraverso<br />
le evasioni ricreative. Amante della musica<br />
e del canto, li coltivò con assidua passione. Era<br />
anche un buon parlatore. Ma le amarezze erano<br />
in agguato, come nella vita di ciascun uomo<br />
e forse più ancora in quella del sacerdote. E<br />
così, dopo alcuni anni, lasciò <strong>Isola</strong> per Trieste,<br />
a prestarvi la sua opera nella parrocchia della<br />
Beata Vergine del Soccorso.<br />
Fu una breve parentesi: nel 1936 ritornava<br />
ad <strong>Isola</strong>, accolto festosamente come parroco;<br />
un inizio gioioso e promettente, che di certo<br />
non poteva far prevedere quale sarebbe stata la<br />
drammatica conclusione della missione di don Giuseppe nella<br />
sua terra natale, caduta anch’essa sotto l’oppressore straniero.<br />
Negli anni del terrore dovette assistere alla dispersione e al calvario<br />
del suo popolo. Minacciato, angariato, cacciato da casa,<br />
Foibe, ora la memoria è condivisa<br />
Un sì lungo 60 anni, ma è arrivato, definitivo. E’ il sì con cui il<br />
Senato ha approvato a larghissima maggioranza e con voto trasversale<br />
l’istituzione del “Giorno del Ricordo” per le vittime delle foibe.<br />
D’ora in poi, ogni 10 febbraio verranno onorati gli italiani di<br />
Istria, Fiume e Dalmazia buttati a morire nelle profonde cavità<br />
carsiche dai partigiani di Tito allo scopo di de-italianizzare quelle<br />
terre e farle proprie. La legge che istituisce il Giorno del Ricordo,<br />
però, non si ferma alla memoria: stabilisce<br />
infatti che in quella data ogni<br />
anno “siano previste iniziative per<br />
diffondere la conoscenza dei tragici<br />
eventi presso i giovani delle scuole”.<br />
Anche perché gli stessi docenti<br />
non conoscono un capitolo da decenni<br />
poco trattato o “censurato” sui<br />
testi scolastici.<br />
Vengono così riconosciuti il<br />
Museo della Civiltà Istriana progettato<br />
a Trieste e l’Archivio storico di<br />
Fiume con sede a Roma, una vera<br />
miniera di documenti inoppugnabili,<br />
ed è favorita “la realizzazione di studi<br />
e convegni”, anche se purtroppo<br />
gran parte dei protagonisti (vittime e<br />
carnefici) sono ormai passati a miglior<br />
vita. Per questo la legge prevede<br />
una “insegna della memoria” al<br />
coniuge superstite, ai figli o ai discendenti<br />
di coloro che sono stati<br />
infoibati o in altro modo soppressi<br />
tra il famigerato 8 settembre 1943 e<br />
il 10 febbraio 1947, firma del Tratta-<br />
tUna cartolina commemorativa di Angelo Battistella.<br />
aggredito, non abbandonò il campo, sostenendo<br />
una lotta impari con intrepidezza e<br />
tenacia a rischio anche della vita, finché<br />
venne costretto all’esilio.<br />
Fu nuovamente a Trieste, dove la stima<br />
e la fiducia del vescovo mons. Santin gli<br />
valsero, in successione, vari, delicati ed importanti<br />
incarichi, tra i quali la direzione<br />
dell’Azione Cattolica e quella del settimanale<br />
diocesano. Elevato alla dignità<br />
canonicale ed assente il vescovo per il Concilio,<br />
ricoprì la carica di pro-vicario generale,<br />
con particolari facoltà di governo. In<br />
tutto seppe dar prova di responsabilità, impegno<br />
e capacità. Fu, insomma, un vero<br />
sacerdote, che amò la Chiesa e quanti gli<br />
furono affidati. E pur provato dalle tribolazioni,<br />
le sopportò con fortezza e in silenzio.<br />
La chiamata suprema lo colse all’improvviso,<br />
ma certamente con tutte le carte in regola. In chi lo<br />
conobbe, lo apprezzò e gli volle bene, quarant’anni non hanno<br />
cancellato la memoria di mons. Giuseppe Dagri, che oggi va<br />
rinverdita con doveroso pensiero di riconoscenza.<br />
to di Pace di Parigi.<br />
Sì, perché la falcidie degli italiani delle nostre terre non avvenne<br />
solo con l’infoibamento: anzi, a migliaia sparirono nel nulla<br />
dopo rastrellamenti notturni cui seguivano processi farsa di fronte<br />
a presunti Tribunali del Popolo conclusi con una raffica di mitra o<br />
una pietra legata al collo e una “sentenza” di annegamento. O ancora<br />
per stenti nei campi di concentramento , operativi anche ben<br />
oltre la fine della guerra. Ecco quindi<br />
spiegato così il divario tra chi parla di<br />
duemila vittime e chi di ventimila.<br />
Ai familiari di tutti loro arriverà<br />
una targa: “La Repubblica Italiana ricorda”,<br />
e lo stesso riconoscimento<br />
andrà ai congiunti degli italiani che<br />
persero la vita entro il 1950 in conseguenza<br />
di deportazione, prigionia e<br />
torture. Infatti in quegli anni, quando<br />
il resto d’Italia, cieco o ignaro, si godeva<br />
la rinascita del dopoguerra, per<br />
altri italiani, i giuliani e dalmati, iniziava<br />
forse la fase più atroce della<br />
guerra: lo sterminio.<br />
Il disegno di legge piace a un centro-destra<br />
che lo ha sempre invocato,<br />
ma anche a un centro-sinistra diverso<br />
dal passato. “Su quelle vicende c’è stata<br />
una sorta di congiura del silenzio”<br />
– ha commentato il presidente dei deputati<br />
DS Luciano Violante, sottolineando<br />
l’isolamento assoluto cui furono<br />
sottoposti i 350 mila esuli istriani<br />
scampati alle foibe.