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15 Giugno 2004 ISOLA NOSTRA<br />
13<br />
darono a finire sulla spiaggia<br />
vicina, dove sino a poco tempo<br />
fa se ne potevano trovare ancora<br />
degli esemplari.<br />
Sempre sulla spiaggia accanto<br />
si possono vedere con la<br />
bassa marea i resti del porto<br />
romano: una serie di lastroni<br />
che sprofondano sempre di più<br />
man mano si avvicinano alla<br />
terraferma, e che sono le fondamenta<br />
di quello che è stato il<br />
porto di Alieto, che ancor oggi<br />
lascia intravedere un pezzo della<br />
sua banchina (i “moleti” dai<br />
C’è stato un periodo così<br />
prospero per la nostra cittadina<br />
da muovere qualche armatore<br />
privato a tentare di contrapporre<br />
alla forte società di navigazione<br />
“Istria-Trieste” un suo piroscafo,<br />
su quella che era una delle<br />
linee più redditizie: la Trieste-<br />
<strong>Isola</strong>-Pirano.Un tentativo simile<br />
era stato intrapreso molti anni<br />
prima da Piero Benvenuti<br />
(cavarlese) con il piroscafo<br />
“Guido”, e più tardi l’impresa<br />
fu tentata da Giovanni Derossi<br />
col “Besenghi”. Sia l’uno che<br />
l’altro ebbero vita breve, eppure<br />
allora la “Istria-Trieste” quasi<br />
non esisteva.<br />
Prima che avesse a riuscirvi<br />
nella concorrenza l’armatore<br />
Schiavoni, con i suoi “Itala”<br />
e “Diadora”, come vedremo,<br />
voglio ricordare quel periodo di<br />
massima concorrenza che vide<br />
disputarsi il porto di <strong>Isola</strong> da<br />
ben tre piroscafi, che alla stessa<br />
ora si contendevano il nostro<br />
molo: un piroscafo dell’Istria-<br />
Trieste, lo “Spiro Xidias” o il<br />
“Primero” e un piroscafo della<br />
“Capodistriana”, il “Vettor<br />
Pisani”. Una concorrenza, dirò,<br />
spietata, che faceva perno sulla<br />
velocità; era il piroscafo della<br />
“Capodistriana”, il “Vettor<br />
Pisani”, che per non perdere<br />
tempo nella partenza,<br />
attraccava alla testata del molo,<br />
evitando così le manovre di<br />
marcia indietro.<br />
I viaggiatori venivano squadrati<br />
per bene dai “tifosi” di detti<br />
piroscafi e criticati poi a seconda<br />
di quello che prendevano,<br />
non volendo considerare il fatto<br />
che, di solito, si sceglieva quello<br />
che aveva la tariffa più bassa.<br />
quali tante volte ci siamo tuffati<br />
nelle limpide acque della baia<br />
di san Simon, quando facevamo<br />
i “cavarìi”). Questo porto<br />
forse era stato dedicato al dio<br />
Apollo e a ricordo di ciò forse<br />
la denominazione di Porto<br />
Apollo data alla località confinante<br />
con quella di San Simone.<br />
Ma, come ci dice ancora il<br />
prof. Degrassi, a conferma della<br />
località di Alieto, abbiamo in<br />
località Vilisan i resti di un altro<br />
porto che presuppone poi lì<br />
accanto un abitato come da sca-<br />
C’era una volta... l'Itala<br />
(da “<strong>Isola</strong> <strong>Nostra</strong>” n.° 190 – ottobre 1981<br />
La concorrenza infatti era basata<br />
solo su questo, che poi era<br />
l’unico e più valido motivo nella<br />
scelta. Certo né <strong>Isola</strong> né<br />
Pirano erano due porti atti a far<br />
continuare tale concorrenza e<br />
così in breve rimase il più forte:<br />
quello dell’Istria-Trieste.<br />
Più fortunato fu poi l’armatore<br />
Roberto Schiavon il quale,<br />
conoscendo la sensibilità degli<br />
isolani e il loro vecchio desiderio<br />
di avere un piroscafo che collegasse<br />
direttamente <strong>Isola</strong> con<br />
Trieste, associando il maestro di<br />
macchina Predonzani e qualcun<br />
altro, riuscì a piazzare prima l’<br />
“Itala” e poi il “Diadora” che diventarono<br />
fino al 1944 i nostri<br />
vapori, che non avremmo tradito<br />
per nessun motivo. Furono in-<br />
vi eseguiti dallo stesso prof.<br />
Degrassi.<br />
Il suo nome odierno di <strong>Isola</strong>,<br />
prettamente latino, deriva<br />
dalla sua posizione geografica<br />
di vera isola, come certamente<br />
denominarono questo isolotto<br />
quando su di esso ripararono i<br />
fuggiaschi di Aquileia, anche<br />
per distinguerlo da quello che<br />
era l’abitato preesistente di<br />
Alieto. Potrei anche sbagliare,<br />
ma è tradizione costante che gli<br />
aquileiesi, distrutta la loro città<br />
da Attila, si rifugiassero a <strong>Isola</strong><br />
trodotte due nuove corse: quella<br />
delle 9 e quella delle 13.30, e<br />
d’estate quella delle 20.<br />
Questi due piroscafi avevano<br />
avuto un passato glorioso,<br />
un tirocinio a prova di bomba<br />
come si dice, avendo fatto servizio<br />
di rimorchiatori e di salvataggio<br />
nei mari della<br />
Dalmazia e del Quarnero.<br />
Quante botte di mare non hanno<br />
sostenuto quei due scafi, e<br />
noi ce lo accorgevamo quando<br />
soffiava forte la bora e i<br />
cavalloni da essa innalzati,<br />
sembrava volessero sopraffarli.<br />
Imperterriti in mezzo ai flutti<br />
che li spazzavano da “pupa” a<br />
“prova”, con quel continuo<br />
pennacchio nerastro che usciva<br />
dalle loro ciminiere, doven-<br />
portando con sè la religione cristiana,<br />
forse non ancora conosciuta<br />
qui; potrebbe però darsi<br />
che il Cristianesimo a <strong>Isola</strong> fosse<br />
noto prima dell’arrivo di<br />
questi. A conferma di ciò il fatto<br />
che a <strong>Isola</strong> non si ricordavano<br />
i santi venerati dalla chiesa<br />
aquileiese bensì quelli della<br />
chiesa romana come Sisto, Lorenzo,<br />
Sebastiano e il santo africano<br />
Mauro, martirizzato a<br />
Roma, nonché alcuni santi<br />
orientali come Santa Fosca.<br />
A.D.<br />
do esser forzate le macchine per<br />
tener meglio il mare: non per<br />
niente avevano fatto il loro tirocinio<br />
in mari burrascosi per<br />
loro natura.<br />
Erano piccoli, ma per diversi<br />
anni seppero, con una tenacia<br />
indicibile, accontentare le<br />
nostre esigenze. Li consideravamo<br />
nostri anche perché il<br />
loro equipaggio, ad eccezione<br />
del capitano, era formato da isolani.<br />
Alla sera attraccavano alla<br />
diga, che era diventata così la<br />
loro base.<br />
E venne la guerra. Il<br />
“Diadora” fu requisito e come<br />
tanti altri finì in fondo al mare.<br />
L’Itala continuò a mantenere la<br />
linea <strong>Isola</strong>-Trieste e più tardi<br />
anche Capodistria. Più volte fu<br />
mitragliata dagli inglesi, poi anche<br />
per lei ebbe termine la lunga<br />
e gloriosa carriera.<br />
“Un tifoso dell’Itala”