Malvino Stolfa - Isola Nostra

15 Giugno 2004 ISOLA NOSTRA
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La parola “impressione” può
essere modificata, nei suoi sinonimi,
con “impronta, segno, traccia,
orma, marchio, stampa, ristampa,
edizione” ma che noi
utilizziamo per mettere il punto
su molte cose, come ad esempio:
... al me fa ‘na strana
impression ...
... gò l’impression che stasera
pioverà ...
... gò l’impression che te son
mona ...
... gò l’impression che
inveze de far ciacole frizemo
fritole ...
... me ga fato impression
savèr quele robe ..., e via di
questo passo ma, se
estrapoliamo gli altri significati,
possiamo scorgere contenuti
forse meno banali.
Vedete, cari amici lettori,
oggi possiamo ripetere “grazie,
grazie, grazie ai grandi spazi
che si aprono al nostro futuro
senza frontiere e filo spinato
con estenuanti file alla diga per
passare il confine”. Quei tempi,
dentro di noi, paiono tuttora vicini
e ci danno l’impressione di
essere “ancora” a Isola Nostra.
Ma “ancora” è una parola
che prendiamo da dentro il cuore,
che portiamo nella mente,
nell’intimo, nell’animo. Come
dire che, per ognuno di noi,
l’impressione è un atto, un’impronta,
un’effigie. Una specie
di “marchio” o “segno” per
quello che vogliamo imprimere
nel bene e nel male rendendone
più facile il riconoscimento.
Il termine “impressione”,
nel traslato, vuol significare “il
nostro intero sentimento”, quello
che portiamo dentro di noi
stessi, appunto. Allora possiamo
sostenere che gavemo solo
l’impression de esser lontani dai
nostri siti natii, de ciacolar ancora
nel nostro dolce idioma,
de pasegiar su par Mesagrisa o
Callelarga, de andar al cine in
su o in zo a sielta, de ballar a
Porto Apollo...
Sì, gò l’impression che
semo ancora là e se scambiemo
quele quatro ciacole dele robe
che gavemo drento e che ne fa
piaser confidar a qualchedùn,
specialmente ‘n’amico (nel più
nobile significato della parola)...
tutto dipende dall’impressione
che uno ha.
...Go’ l'impression che...
tTrieste,1° luglio 1955. Imbarco di profughi sulla “Fairsea’’. Le
lacrime accompagnano il ricordo delle proprie case, un addio verso
terre sconosciute
Tempi che cambiano...
la Slovenia in Europa
Come cambiano i tempi... ora la Slovenia fa parte dell’Unione
Europea e della NATO: ricordo che in tempi non troppo
lontani questo era impensabile. Se pensiamo quanta discordia,
quante lacrime ha portato quel confine,... ora si dovrebbe tornare
alla normalità.
Infatti si sta discutendo a Trieste se sarà opportuno, dopo il
primo maggio 2004, giorno in cui la Slovenia a pieno titolo è
entrata a far parte dell’Unione Europea, di dare la possibilità a
tutti quegli sloveni che lo desiderano di poter lavorare nella
Venezia Giulia, se non altro anche per colmare certe carenze
di manodopera in alcuni settori.
Mi auguro che tutti questi avvenimenti possano portare armonia
e comprensione tra le etnie che vivono in queste martoriate
terre, che trionfi la civiltà sull’odio e che il rispetto sia di
casa da tutte e due le parti.
Per noi dell’Esodo questo è arrivato troppo tardi... se penso
a quanti sono andati per il mondo, a quanti hanno abbandonato
le proprie case, i propri cari, i propri cimiteri e tutto quello
che avevano di più caro. L’istriano è un popolo mite, lavoratore
e amante della famiglia e delle cose semplici, attaccato
alla propria terra e ai propri principi... se ne è andato senza
lanciare bombe o commettere attentati, quasi in punta di piedi
ma consapevole anche a cosa andava incontro.
Ha lavorato duro, non ha chiesto aiuto a nessuno, ma con
la propria capacità ed onestà ha potuto risorgere, non importa
dove sia andato. Ha fatto studiare i figli per un avvenire migliore,
e non ha mai dimenticato di parlare, in famiglia, delle
nostre origini e delle nostre tradizioni.
Speriamo che un giorno l’Istriano sia ricordato così, e che
nelle scuole si racconti la storia di questo popolo, da tutte e
due le parti dell’Adriatico... raccontando la verità.
Mario Lorenzutti (Canada)
Ecco, volevo esser breve
nel paragrafo ma, come sempre,
gò l’impression de esser andà
oltra de qualche riga... Alora,
disevo, me par de ‘ver
l’impression che qualchedùn se
diverti a ciorne ancora pel cul
(come ne capita da cinquant’anni
a questa parte...).
Allora, penso, xe stada solo
‘n’impression quela che noi,
sinquanta ani fa, semo stai
scassai da casa nostra da gente
che sventolava ‘na bandiera co’
‘na stela zala? E ogi, ano 2004,
xe ancora ‘n’impression quela
che, chi ne gà scassà, torna sventolando
n’altra bandiera ... ma
co’ dodise stele e sempre zale?
Che sia l’impression? Che
sia l’inflasion?
O forsi che sia parché i ne
ga ciapà per un toco de formaio
ancora da gratàr?
Al cambio, come al solito,
ghe convien a quei altri che da
‘na stela i passa a dodise
trovandose anca ‘na cichera
piena de formaio ma, a nu’altri,
cossa ne ven in cambio?
Legendo i giornai, vardando
la television e ‘scoltando la radio,
no go avù l’impression che
le nostre case ritornarà nostre,
che i nostri beni ‘bandonai i no
sarà più ‘bandonai, che no sarà
dodise stelle quele che ne farà
tornar sula nostra tera, che
l’Union no farà tornar i confini
come che i iera prima del 1945...
go l’impression che i nostri paesi,
le strade e le piasse, no i
portarà i nomi de come le iera
stade batesade, che la riva no sarà
mai più quela, che su par Zanon
sarà sempre più faticoso ‘ndar...
ma, cari amici, (e questa no xe
n’impression), a mi me brusa el
dedrio e, ancora ‘na volta, a ga
ragion de brusar... prima par colpa
de ‘na stela e ‘desso, duto de
un colpo, par dodise, e, chissà
perché, le va a finir sempre là...
Sarà anca ‘impression, ma
me sa tanto che dovarò
contentarme, come da cinquanta
ani a ‘sta parte, a licar la crosta
del formaio... ormai ransida
e ‘mufida e, questa no xe
n’impression, questa xe la pura
e dura realtà.
Salute fioi, salute. E no’
steve a impressionar, no servi
più a niente...
Walter Pohlen