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Numa revolução social nas favelas do Rio ... - Comunità Italiana

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Divulgação<br />

opinione opinione<br />

Problemi e speranze<br />

per <strong>Rio</strong> de Janeiro<br />

Il pensiero dell’economista André Urani<br />

umana dell’ultimo<br />

secolo, consentita<br />

dal progresso delle<br />

L’evoluzione<br />

scienze e tecnologie, ha<br />

portato - con ritmi crescenti e<br />

vertiginosi - all’aumento della<br />

popolazione per la progressiva<br />

riduzione dell’indice di mortalità<br />

e ad un processo di accelerata<br />

urbanizzazione motivato<br />

dalla graduale meccanizzazione<br />

dell’agricoltura e dalla necessità<br />

di concentrare masse proletarie<br />

per le nuove produzioni industriali,<br />

costruzioni, servizi.<br />

Quanto è avvenuto in brasile,<br />

dal mio arrivo nel 1964, è sintomatico.<br />

Il Paese contava allora su<br />

di un 70 milioni di abitanti, metà<br />

cittadini e metà contadini. Ora la<br />

popolazione viene stimata in 190<br />

milioni e tutto l’eccesso di circa<br />

120 milioni del perio<strong>do</strong> di poco<br />

più di 40 anni, si è riversato sulle<br />

città con effetti dirompenti.<br />

Mio figlio André Urani è un conosciuto<br />

e cre<strong>do</strong> apprezzato economista<br />

internazionale, professo-<br />

re all’Università Federale di RJ,<br />

con un vasto curriculum di studi,<br />

pubblicazioni, lavori, consulenze<br />

ed una parentesi politica di alcuni<br />

anni. I suoi molteplici interessi<br />

si sono da sempre rivolti alle aree<br />

della razionalizzazione del lavoro,<br />

distribuzione dei redditi, organizzazione<br />

e collaborazione della<br />

società e, da qualche tempo, anche<br />

alle complesse tematiche che<br />

presentano alcune grandi metropoli<br />

latino-americane cresciute<br />

a dismisura specie in funzione<br />

industriale e poi entrate in crisi<br />

per globalizzazione, intasamento,<br />

violenza, inquinamento (Città del<br />

Messico, San Paolo, buenos Aires,<br />

<strong>Rio</strong> de Janeiro, bogotà, Caracas).<br />

Fenomeni questi universali ed affrontati<br />

con esito in varie città<br />

nord-americane ed europee, quali<br />

New York, Chicago, barcellona,<br />

Lisbona e – in Italia – Milano e<br />

torino, con soluzioni che André<br />

ha avuto mo<strong>do</strong> di studiare in loco<br />

nella sua vita movimentata.<br />

Il suo interesse appassionato<br />

si è da qualche tempo concentrato<br />

su <strong>Rio</strong> de Janeiro, <strong>do</strong>ve risiede<br />

da ormai 30 anni, facen<strong>do</strong>si portavoce<br />

- attraverso i mezzi di comunicazione,<br />

il suo Istituto di<br />

studi economici IEtS, congressi,<br />

pubblicazioni - che<br />

starebbero maturan<strong>do</strong> i<br />

tempi per una possibile<br />

ripresa di questa città,<br />

<strong>do</strong>po ormai quasi 50 anni<br />

di sofferenze iniziate con<br />

lo spostamento della capitale<br />

federale a brasilia e via<br />

via acuite da aumento della<br />

popolazione, speculazione<br />

immobiliare, smantellamento<br />

industriale, processo di favelizzazione,<br />

violenza, incompetenza<br />

governativa, derivan<strong>do</strong>ne un PIL<br />

fermo dall’epoca della fusione,<br />

un indice di disoccupazione<br />

elevatissimo del<br />

13%, insoddisfacenti<br />

livelli scolastici dei giovani, difficoltà<br />

di reperire a tutti i livelli<br />

lavoro equamente remunerato,<br />

indici turistici del tutto insoddisfacenti.<br />

Preso atto dell’attuale scoraggiante<br />

situazione, si tratta –<br />

dice André - di mobilitare Governi,<br />

Enti, Associazioni, privati ed<br />

opinione pubblica per reagire.<br />

Innanzitutto, da circa un decennio,<br />

il cespite extra più significativo<br />

per lo Stato di <strong>Rio</strong> de Janeiro<br />

è costituito dalle royalties<br />

del petrolio che viene estratto in<br />

gran parte dal bacino marittimo<br />

di Campos: 26 miliardi di Reais<br />

negli ultimi 7 anni (10 miliardi),<br />

in gran parte sprecato da amministrazioni<br />

pubbliche inefficienti.<br />

Ora, con il Governo Cabral, pare<br />

stia <strong>nas</strong>cen<strong>do</strong> un nuovo spirito<br />

pubblico ed imprenditoriale ed<br />

André ha trovato un vali<strong>do</strong> interlocutore<br />

nel Segretario dello Sviluppo<br />

Economico, Julio bueno.<br />

Inoltre, il Governo federale<br />

pare si stia finalmente sensibilizzan<strong>do</strong><br />

con le problematiche dello<br />

Stato di <strong>Rio</strong> ed ha programmato<br />

nel prossimo quinquennio<br />

investimenti per R$ 110 miliardi<br />

(44 miliardi) costituiti dalla<br />

centrale nucleare Angra 3, catene<br />

produttive del petrolio e settore<br />

gaschimico, infrastruttura,<br />

siderurgiche, cellulosa. Si tratta<br />

di industrie tradizionali che generano<br />

pochi impieghi, ma da<br />

cui potranno scaturire risorse per<br />

rinforzare o generare attività moderne,<br />

quali tecnologia dell’informazione<br />

e audiovisuale, assicurazioni,<br />

servizi, turismo, ricerca,<br />

industrie di elevata tecnologia.<br />

Ma la condizione basica per<br />

potere invertire la rotta è affrontare<br />

e risolvere il problema fondamentale<br />

della sicurezza che<br />

- specie nella metropoli di <strong>Rio</strong> -<br />

è estremamente critico, mediante<br />

interventi <strong>social</strong>i profondi e<br />

con l’efficiente azione delle forze<br />

Fr a n c o Ur a n i<br />

dell’ordine. I recenti programmi<br />

di integrazione di alcune grandi<br />

<strong>favelas</strong> ed i decisi interventi della<br />

polizia contro le organizzazioni<br />

criminali che controllano il traffico<br />

di droga fanno bene sperare.<br />

Occorre poi, dice André sulla<br />

falsariga di quanto già si sta facen<strong>do</strong><br />

altrove e specie a barcellona,<br />

costituire nuovi meccanismi<br />

per portare avanti i piani di lungo<br />

termine che si ren<strong>do</strong>no necessari<br />

per affrontare temi complessi,<br />

quali il risanamento della baia di<br />

Guanabara, la rivitalizzazione dei<br />

sobborghi, l’assorbimento urbanistico,<br />

<strong>social</strong>e ed economico delle<br />

<strong>favelas</strong> dal tessuto cittadino, la<br />

riduzione dell’informalità, la disoccupazione,<br />

il sistema stradale,<br />

le ferrovie, i programmi culturali<br />

e turistici. Sarebbe appunto<br />

in questi meccanismi che si <strong>do</strong>vrebbero<br />

cristallizzare alleanze<br />

di diverso tipo tra i vari livelli<br />

di governo e l’iniziativa privata,<br />

crean<strong>do</strong>si specifiche istituzioni<br />

di interesse pubblico ma private,<br />

non solo per attrarre le indispensabili<br />

risorse per gli investimenti,<br />

ma anche e soprattutto perché<br />

le iniziative possano sopravvivere<br />

agli inevitabili cicli politici.<br />

Un lavoro appassionante di<br />

fantasia, inventiva, coordinamento,<br />

contatti internazionali che,<br />

come già avvenuto in altre metropoli,<br />

potrebbe essere favorito dallo<br />

spirito delle attuali olimpiadi<br />

panamericane, in quanto stimolano<br />

la sincronizzazione delle agende<br />

dei diversi attori, spingen<strong>do</strong>li<br />

a “giocare insieme”, così come<br />

avvenuto a barcellona e torino.<br />

E si tratterebbe di una redenzione<br />

più che mai necessaria, anche<br />

perché <strong>Rio</strong>, nonostante tutto,<br />

rimane pur sempre “una città meravigliosa”,<br />

unica, con la sua natura<br />

ineguagliabile ed il suo Cristo<br />

– ora riconosciuto tra le nuove 7<br />

meraviglie del mon<strong>do</strong> – che svetta<br />

e benedice dal Corcova<strong>do</strong>.<br />

L’abbiamo persa?<br />

Povera Alitalia, di <strong>do</strong>lore ostello, nave senza nocchiero in gran tempesta,<br />

... scriveva, pressappoco, Dante.<br />

Aggiungeva poi un giudizio durissimo,<br />

che sarebbe confacente.<br />

Per il rispetto che si deve ai moribondi,<br />

glissiamo. Il nostro premier,<br />

esperiente in svendite del<br />

patrimonio pubblico, questa volta<br />

ha fatto il duro: all’asta per la<br />

vendita del pacchetto Alitalia in<br />

mano al governo si sono presentati<br />

molti concorrenti che, prima<br />

del battere del martello, si sono<br />

squagliati come neve al sole, dichiaran<strong>do</strong><br />

che le condizioni imposte<br />

dal governo e dai sindacati<br />

avrebbero reso impossibile il risanamento<br />

dell’azienda. Anche<br />

un bambino l’avrebbe capito. E<br />

nessuno, a questo mon<strong>do</strong>, salvo<br />

il potere pubblico, getta i soldi<br />

dalla finestra.<br />

I bilanci degli ultimi anni<br />

sono tutti in perdita. Dal 2003<br />

al 2006 Alitalia ha perso oltre<br />

2.1 miliardi di euro. Cattiva gestione?<br />

È la causa principale. I<br />

managers della cosa pubblica<br />

non si sono mai distinti in sagacia<br />

amministrativa. Sono molto<br />

più abili nella danza delle poltrone.<br />

Giancarlo Cimoli nel 1995<br />

ricevette da Prodi l’incarico di<br />

“”It ut luptat,<br />

quisiscin erci<br />

tatio ea consed<br />

ecte <strong>do</strong>lorting<br />

et nos eraessed<br />

dunt lut nos dions<br />

exercilla feugiat<br />

nons nim ad<br />

eliquat. Duissim<br />

vulla con vullan<br />

utem zzrilisi.<br />

Ommo<strong>do</strong>lutat<br />

risanare le ferrovie. Non ci riuscí.<br />

Fu premiato con 6,7 milioni<br />

di euro di buonuscita. Nel 2005<br />

Cimoli prese il timone di Alitalia.<br />

Si è dimesso a febbraio del<br />

2007 e ha incassato, secon<strong>do</strong> le<br />

cronache, 8 milioni di euro. Era<br />

il premio per aver perso 625 milioni<br />

di euro nel 2006. Come stipendio<br />

incassava 190 mila euro/<br />

mese, contro i 64, 45 e 29 dei<br />

suoi pari gra<strong>do</strong> di british, KLM<br />

e AirFrance, imprese floride. Una<br />

folta corte di pessimi consiglieri<br />

troppo pagati, cooptati per meriti<br />

politici, l’hanno aiutato ad<br />

appiedare la nostra impresa aerea.<br />

Un’impresa privata l’avrebbe<br />

spedito in Siberia. Noi lo ab-<br />

Grupo Keystone<br />

biamo premiato. Ma i politici<br />

spen<strong>do</strong>no i soldi nostri, e non<br />

i loro.<br />

Ci sono altre cause: lo stipendio<br />

medio dei dipendenti<br />

Alitalia è del 30% superiore<br />

a quello di altre compagnie, la<br />

flotta ha una vita media di oltre<br />

10 anni, i consumi di materiali e<br />

servizi hanno superato nel 2006<br />

l’80% dei ricavi. È un incredibile<br />

pessimo indice; si spende troppo<br />

e male. Cimoli non poteva<br />

fare il miracolo di rattoppare le<br />

colpe degli amministratori che<br />

l’hanno preceduto. Responsabilità<br />

pesanti sono da attribuire<br />

ai sindacati, minuscoli e prepotenti<br />

che, giorno sì, giorno no,<br />

Ezio MaranEsi<br />

indicono lo sciopero, lascian<strong>do</strong><br />

a piedi coloro che pagano il loro<br />

stipendio e infieren<strong>do</strong>, come<br />

Maramal<strong>do</strong>, su una compagnia<br />

già allo stremo. Nel 2004 i voli<br />

cancellati per sciopero sono<br />

stati 2848; Alitalia ha perso in<br />

quell’anno 858 milioni di euro.<br />

Sono sicuri i nostri paladini di<br />

aver fatto gli interessi dei dipendenti?<br />

I dipendenti Alitalia, più vittime<br />

che colpevoli, hanno assimilato<br />

la cultura, diffusa nelle<br />

imprese pubbliche, per cui efficienza<br />

e equilibrio dei conti non<br />

sono importanti. Mancano soldi?<br />

Ci pensano i contribuenti, cioè<br />

noi. Ora siamo al terminal, soldi<br />

non ce ne sono più. Le norme comunitarie<br />

non permetterebbero<br />

di soccorrere, ancora una volta,<br />

la compagnia dalla bandiera ormai<br />

ammainata.<br />

Il ministro Di Pietro sostiene<br />

che l’unica soluzione è il fallimento.<br />

Swissair <strong>do</strong>cet: <strong>do</strong>po<br />

il fallimento è rifiorita in poco<br />

tempo. Il costo <strong>social</strong>e sarebbe<br />

elevato, ma il settore aereo cresce<br />

e chi ha voglia di lavorare<br />

tornerebbe a fare il suo mestiere<br />

in un’altra compagnia. Altri ministri<br />

vogliono negoziare; <strong>do</strong>po<br />

l’asta fallita negoziare significa<br />

svendere, le condizioni le farà<br />

il compratore. Gli acquirenti ci<br />

sono, perché Alitalia ha i suoi<br />

“tesoretti”: i diritti sulle sue<br />

linee internazionali e il mercato<br />

interno. AirFrance dichiara<br />

che Alitalia non le interessa,<br />

ma l’attrae l’idea di formare<br />

una forte compagnia europea.<br />

E attrarrebbe anche noi se Alitalia<br />

potesse sedere al tavolo<br />

della sala e non a quello della<br />

cucina. Air One potrebbe creare<br />

una efficiente impresa italiana,<br />

e farebbe piacere a tutti.<br />

Il governo, incapace di decidere,<br />

prende tempo. Ora tutti al<br />

mare. Alitalia getta alle ortiche<br />

1,5 milioni di euro al giorno. Ma<br />

a chi importa; tanto sono soldi<br />

nostri.<br />

12 C o m u n i t à i t a l i a n a / ag o s t o 2007<br />

a g o s t o 2007 / Co m u n i t à i t a l i a n a 13

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