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Dimitrios PanagiotoPoulos<br />
Sfilo precipitosamente la chiave dal blocco<br />
dell’accensione. Via subito le ballerine, infilo le<br />
Jimmy Choo color azzurro metallizzato, la portiera<br />
dell’auto che sbatte dietro di me. Vado di gran<br />
carriera sui tacchi alti in un parcheggio cosparso<br />
di ghiaia e a ogni passo che faccio avverto come<br />
una fitta al cuore. Ogni seppur minuscolo sassolino<br />
potrebbe infliggere una ferita al mio fragile<br />
tallone, e quindi a me stessa. Mi decido allora<br />
per un passo più ragionevole e attraverso tutta<br />
piazza della Rena sulle punte dei piedi, attirandomi<br />
gli sguardi incuriositi dei passanti. Non me<br />
ne importa poi tanto, dato che ho pur sempre un<br />
appuntamento con uno stilista di moda, e ci voglio<br />
andare con tutte le suole a posto. Mi fermo<br />
dopo aver raggiunto un cartello bianco che reca<br />
7 lettere nere. L’ho trovato: D I M I T R I. τέλειος<br />
(Perfetto!)<br />
Corro su per la stupenda scalinata in stile liberty e suono<br />
il campanello. La porta si apre e a stringermi la mano<br />
con fare gentile è un bell’uomo di corporatura magra. È lui<br />
in persona, lo stilista di moda altoatesino dal nome impronunciabile:<br />
Dimitrios Georgios Panagiotopoulos. Mi invita<br />
ad entrare nel suo atelier e mi presenta i suoi collaboratori,<br />
che senza sosta utilizzano chilometri di rotoli di carta per i<br />
loro schizzi, per tracciare le misure e ritagliare. “A più tardi!”,<br />
sento pronunciare da Dimitri con voce ben marcata. Peccato.<br />
Mi sarebbe piaciuto scambiare quattro chiacchiere con<br />
lui in mezzo a tutti quei rotoli di stoffa e manichini.<br />
“Dove vogliamo andare?”, mi chiede. Deve avere la mia<br />
età, reputo, e come per un senso di riguardo verso le mie<br />
scarpe mi viene di getto: “Un caffé qui vicino? Possiamo<br />
darci del tu?” Egli non può trattenere un sorriso mettendo<br />
in mostra la sua bella dentatura. “Naturalmente. Che ne<br />
dici del Rossini?” Penso a quei 25 metri da percorrere in<br />
linea d’aria e annuisco. Come se egli fosse conscio del mio<br />
problema, lo stilista per metà greco si incammina per farmi<br />
strada. Lo invidio per quei suoi comodi e al tempo stesso<br />
eleganti stivaletti marroni! Ma com’è che si veste uno stilista?,<br />
mi chiedo. Il mio sguardo si sposta all’insù: jeans blu<br />
dal look usato, camicetta blu scura, borsello. Essenziale ma<br />
armonico, a mio avviso!<br />
Ci sediamo e ordiniamo un caffè. Appoggio il mio registratore<br />
sul tavolino di legno. “Dimitri, come e dove ha avuto<br />
inizio la tua carriera di creativo?” Figlio di un albergatore<br />
di Naturno, il suo eloquio è rapido. “Da bambino, assieme<br />
a mia nonna, mi piacevano il bricolage ed il ricamo, ed ero<br />
io che dicevo a mamma quali scarpe si accompagnavano<br />
ad un certo vestito. Nei miei anni di gioventù ho frequentato<br />
tutte le scuole superiori di <strong>Merano</strong>, e devo riconoscere<br />
che in nessuna di esse mi sono sentito ben accolto.<br />
40 www.meranomagazine.com<br />
Ho deciso perciò di iniziare la mia formazione<br />
per diventare fashion designer<br />
a Milano, cui poi sono seguiti Monaco<br />
di Baviera e Parigi. Dopo vari tentativi<br />
ho iniziato a lavorare per Vivienne Westwood,<br />
successivamente per Jil Sander<br />
e Hugo Boss, finché nel 2007 è venuto il<br />
momento di aprire il mio shop a <strong>Merano</strong>.<br />
Non avevo intenzione di fermarmi a<br />
lungo, e pensavo che in qualsiasi momento<br />
me ne sarei potuto andare a Londra<br />
in quattro e quattr’otto, ma come<br />
potete ben vedere, sono ancora qui“.<br />
“Ti senti felice qui a <strong>Merano</strong>?” Silenzio.<br />
Dimitri non è tra quelli che per imbarazzo<br />
prende a gesticolare con le mani.<br />
Le sue mani sono rimaste ferme anche<br />
in occasione della scomoda domanda.<br />
“Che cosa significa sentirsi felici?” Pausa.