VANGELO E MISSIONE 3 _2008_ - Luca Moscatelli
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Gesù mette al centro di volta in volta coloro che incontra: l’uomo dalla mano inaridita; le<br />
folle; i Dodici; gli scribi; la comunità degli uditori (insieme ai suoi famigliari). E se sembra<br />
defilarsi, è per non farsi prendere / possedere. Questa dinamica di «estraniazione» non è<br />
un gioco a nascondino, né vuole significare un qualche distanziarsi per conservare la<br />
propria autonomia o superiorità; è piuttosto una dinamica funzionale al fare spazio di volta<br />
in volta al suo / ai suoi interlocutori per propiziare il loro ritrovarsi.<br />
A noi gente di chiesa viene il monito più forte, soprattutto dalla vicenda dei famigliari di<br />
Gesù. Chi crede di conoscere Gesù e di avere dunque qualche diritto su di lui è destinato<br />
a una cocente smentita. Gesù mostra la sua estraneità / stranierità rispetto alla religione,<br />
alle attese, alla parentela, e in definitiva rispetto a una certa idea di Dio. Questo stile del<br />
Maestro attiva / chiede di attivare in noi la dinamica del «fare spazio» alla sorprese del<br />
vangelo, che proprio perché portatore di tante e tali sorprese è vangelo, cioè buona<br />
notizia.<br />
Proseguiamo a documentare, restando in un primo momento ancora nel vangelo di Marco,<br />
la stranierità di Gesù. In un secondo momento faremo ancora un rapido riferimento al testo<br />
dei «discepoli di Emmaus» di Lc 24.<br />
6. «Chi è costui?»<br />
Proviamo a far passare velocemente quegli snodi importanti del racconto di Marco nei<br />
quali appare in maniera più esplicita lo «spiazzamento» degli interlocutori di Gesù.<br />
Cap 4<br />
E’ un capitolo dove strategicamente vengono raccolte una serie di parabole di Gesù. La<br />
raccolta è dominata dalla parabola del seminatore e dalla sua spiegazione. Gran parte<br />
dell’insegnamento riguarda dunque la Parola / annuncio (del regno) e le condizioni del suo<br />
accoglimento.<br />
L’insegnamento di Gesù avviene in «parabole», una strategia narrativa che non mira solo<br />
a informare attraverso esempi, ma vuole attivare un ascolto che conduca a una presa di<br />
posizione rispetto a (ad entrare in relazione con) Gesù come colui che è la presenza del<br />
Regno qui e ora.<br />
10 Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro: 11<br />
«A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in<br />
parabole, 12 perché: guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si<br />
convertano e venga loro perdonato». 13 Continuò dicendo loro: «Se non comprendete questa<br />
parabola, come potrete capire tutte le altre parabole?<br />
Ai discepoli viene accordato un privilegio. E tuttavia si vedono subito due cose: nonostante<br />
le spiegazioni essi non capiscono, perciò non sembra che questo privilegio costituisca un<br />
vantaggio decisivo (restano simili a tutti gli altri uditori); la spiegazione di Gesù è una<br />
ripresa della parabola, segno indiscutibile che esse sono passaggio inevitabile anche per i<br />
discepoli e che dunque «agli altri», parlando in parabole, viene proprio offerto l’essenziale.<br />
Le parabole, insomma, non sono raccontate da Gesù per complicare o addirittura rendere<br />
impossibile la comprensione. Se essa non avviene, il motivo non è la parabola ma il<br />
«cuore indurito».<br />
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