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VANGELO E MISSIONE 3 _2008_ - Luca Moscatelli

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• La donna è annichilita: dalla sua condizione di donna, dall’evidenza della colpa e<br />

quindi da una accusa che non le lascia scampo. Il suo è un silenzio passivo.<br />

• Anche Gesù tace, ma il suo mi pare un silenzio attivo. Dal contesto che lo mostra<br />

del tutto padrone di sé e anzi pressato a rispondere possiamo ipotizzare (come poi<br />

ci confermerà il testo) che in quel silenzio egli stia vivendo una lotta interiore. Per<br />

non lasciarsi prendere dallo spirito di giudizio, dal circolo vizioso e anzi mortale<br />

dell’accusa? Vengono descritte le sue azioni:<br />

o Si china. Si piega su se stesso in un atto «ri-flessivo». Ma anche si<br />

«abbassa» (l’umile nella bibbia è l’«abbassato») davanti alla folla che accusa<br />

e alla peccatrice. Per sfuggire allo spirito di giudizio occorre umiltà?<br />

o Scrive con il dito sulla terra. Il verbo potrebbe ricordare un elenco. Gesù<br />

scrive i comandamenti? La menzione del dito, oltre al fatto che qui è l’unico<br />

passo nel quale si ricorda lo scrivere di Gesù farebbe pensare a Es 31,18:<br />

«Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede<br />

le due tavole della testimonianza, tavole di pietra, scritte dal dito di Dio».<br />

Esistono dunque altri comandamenti, non solo «non commettere adulterio».<br />

Gesù li trascrive però sulla sabbia, non sulla pietra, suggerendo la necessità<br />

di sottrarsi alla durezza / rigidità del legalismo (del «cuore indurito», o «di<br />

pietra» appunto). Vi è già l’allusione a quello che accadrà adesso: per evitare<br />

o sconfiggere lo spirito di giudizio occorre riconoscersi peccatori bisognosi di<br />

misericordia. Tutti. Sempre.<br />

All’insistenza dell’interrogazione ora Gesù risponde: solo chi è senza peccato (non quel<br />

peccato, ma qualsiasi peccato elencato nelle «dieci parole») potrebbe dare inizio<br />

all’esecuzione capitale. Nel contesto della rivelazione evangelica questo equivale a dire<br />

che solo Dio / solo Gesù potrebbe farlo.<br />

3. «Neanche io ti condanno» (8,9-11)<br />

Davanti a queste azioni simboliche e a queste parole di Gesù la folla dei persecutori pian<br />

piano («uno per uno») si disperde di nuovo. C’è dunque una lotta interiore anche in loro. E<br />

questa dispersione non avviene sotto lo sguardo severo di Gesù. Il Maestro si è di nuovo<br />

chinato e continua a scrivere, quasi a ricordare anche a se stesso quanto grande e<br />

complessa sia la miseria umana e di quanta «miseri-cordia» abbia bisogno. Non penso si<br />

tratti di un indignato distogliere lo sguardo; vedo qui una immensa delicatezza: Gesù<br />

rimanda ciascuno a se stesso, esattamente come sta facendo lui per sé; e non vuole<br />

umiliare nessuno stando a guardare (magari soddisfatto) il loro farsi indietro, cioè la loro<br />

sconfitta morale.<br />

Ora lo spirito di giudizio è stato smontato, sia pure al prezzo di un azzardo enorme: Gesù<br />

in fondo si è fidato (troppo, aggiungerei) della buona coscienza di coloro che con cattiva<br />

coscienza gli stavano attorno. E’ riuscito a fare breccia nella loro cattiva solidarietà<br />

rimandando ciascuno a se stesso («chi di voi / chi tra voi»), cioè inducendolo a uscire dalla<br />

«folla» e dalle sue suggestioni. La nuova dispersione che si produce è perciò salutare:<br />

perché è l’opposto dell’unità violenta di prima; ma soprattutto perché ognuno se ne va<br />

meditando su se stesso e sulla sua condizione di peccatore.<br />

Gesù resta solo con la donna «nel mezzo» (ancora sotto giudizio?) e finalmente «si alza»<br />

(come un giudice? Oltretutto lui è senza peccato…). Perché chiede dove sono andati tutti<br />

quanti? Forse non si è accorto della loro lenta dipartita? O vuole invece dare parola alla<br />

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