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vol1 - Pagine Ribelli

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4.7 Il testamento<br />

di Giulia Turra<br />

Cara figlia,<br />

vorrei dirti tante cose, ma il tempo è poco e io, lo sai,<br />

non sono molto bravo a parlare. Poi è così difficile<br />

parlare con voi giovani... lo e te però anche se non<br />

parlavamo tanto ci capivamo, andavamo d’accordo. È<br />

ancora più difficile per me parlarti ora, perché so che<br />

tutte queste mie ultime parole che sono solo nella mia<br />

testa non voleranno fino a te. Tu sei al lavoro, in<br />

mezzo ai tuoi bimbi dell'asilo, e io sono qui, sdraiato<br />

sull'asfalto dove si è raggrumato il mio sangue, ai<br />

piedi dell’irnpalcatura sulla quale stavo lavorando.<br />

Sento le voci di Andrj e Riki, i miei colleghi di lavoro,<br />

che si rincorrono nell'aria… Qualcuno grida e mi<br />

abbraccia, vedo confusamente i rasta di Riki, chino<br />

sopra di me, e lo sento singhiozzare. Andrj gli grida<br />

“Non tocare, non tocare, chiamo spedale”. Povero<br />

Riki, è così giovane, forse questo è il primo incidente<br />

sul lavoro che vede. Lavora da poco, sai, è gentile e<br />

simpatico, ha buona volontà. Andrj invece è un uomo<br />

di mezzetà, anche se dimostra molti anni in più di<br />

quelli che ha, perché è sempre triste. Una volta gli ho<br />

chiesto perché, e mi ha raccontato che a Podgoriça ha<br />

lasciato la moglie e i tre figli, che gli mancano un<br />

sacco e che non ce la fa più, e che non può fare il<br />

ricongiungimento familiare perché la sua casa è<br />

troppo piccola, e i soldi sono pochi, di una più grande<br />

neanche a parlarne.<br />

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