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BESTIE DA DISPIACERE racconto di Maurizio ... - Exclusion.net

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spalancare la bocca per prendere aria. L’infermiere cominciò ad<br />

avanzare verso <strong>di</strong> lui inclinando malignamente la testa, come se in<br />

quella sua improvvisa fatica a respirare stesse riconoscendo dei segni<br />

che vedeva sempre meglio via via che si avvicinava.<br />

– Che ti viene, Rafe’?<br />

Intercettando quel sospetto, Raffaele s’industriò istintivamente a<br />

camuffare l’affanno, negando, prima ancora <strong>di</strong> capire che cosa.<br />

Ma fu un momento. Il tempo <strong>di</strong> tornare al punto che gli stava a cuore.<br />

- Dove sta?<br />

– Dove sta chi? – fece l’infermiere, e in quel momento Raffaele capì<br />

che voleva nascondergli qualcosa – Aah, ‘o guaglione. L’abbiamo<br />

portato a Urologia, si è liberato il posto –. E si rimise a strofinare il<br />

pavimento, <strong>di</strong>menticandosi pure la malafede con cui aveva scrutato<br />

l’affanno <strong>di</strong> Raffaele fino a un momento prima.<br />

Raffaele continuava a respirare come un cane. Non fosse stato per<br />

l’infermiere, avrebbe tirato fuori la lingua.<br />

– Ma perché, qua non stava bene? – domandò.<br />

L’infermiere si puntellò al pavimento con la mazza, prima <strong>di</strong><br />

rispondere.<br />

– Ma che è, mò sei <strong>di</strong>ventato me<strong>di</strong>co? Ne capisci <strong>di</strong> malati e <strong>di</strong> reparti,<br />

per caso?<br />

Raffaele stringeva forte i pugni, non sapeva nemmeno lui se per la<br />

mancanza del ragazzo o dell’aria.<br />

Rimase in camera tutto il giorno e la notte ad aspettare che gli<br />

passasse l’affanno. Quando, la mattina dopo, prese la decisione <strong>di</strong><br />

alzarsi, lo sapeva benissimo che non era il caso.<br />

Aspettò l’ora delle visite, si mise la camicia, i pantaloni e le scarpe e si<br />

confuse fra i parenti per uscire dal reparto. Le scale le salì un gra<strong>di</strong>no<br />

alla volta, tenendosi bene al corrimano. Poi incrociò una coppia <strong>di</strong><br />

dottori che veniva nell’altro senso parlando <strong>di</strong> cosce e ridacchiando, e<br />

dovette togliere le mani. La pagò cara, perché la fame d’aria si scatenò<br />

un’altra volta, come una bestia appostata.<br />

Nel corridoio <strong>di</strong> Urologia, gente più vecchia <strong>di</strong> lui, tutti maschi,<br />

stavano appoggiati alle pareti e mostravano senza pudore i cateteri<br />

mezzi pieni che gli pendevano dai pigiami. Quell’odore prendeva agli<br />

occhi, tanto era forte. Erano malati pure loro, ma così estranei. Da<br />

come lo guardarono Raffaele si accorse subito che avevano capito che<br />

era un intruso. Si affacciò nella prima stanza, guardò i malati nei letti<br />

uno per volta. Gli pareva <strong>di</strong> vedere attraverso il collo <strong>di</strong> un imbuto.<br />

Poi, senza capire né come né quando, si trovò davanti agli occhi, ma<br />

proprio a due centimetri dagli occhi, la lana rossa <strong>di</strong> un paio calzini<br />

infilati dentro certe pantofole tutte consumate sulla punta. E uno <strong>di</strong><br />

quei sacchetti con la piscia che gli pendeva poco più in alto della testa.<br />

Come pungeva, quell’odore. Però, se lo sentiva, voleva <strong>di</strong>re che<br />

ancora respirava.<br />

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