BESTIE DA DISPIACERE racconto di Maurizio ... - Exclusion.net

capire si capisce soltanto grazie ai vestiti eleganti lì fuori, e alla
differenza tra i visi pallidi e i vestiti scuri.
La piccola camera dove abbiamo aspettato ore che mio zio morisse,
non che si salvasse, ma che morisse. Il silenzio che c’era. La nostalgia
che provavo ogni volta che me ne andavo per tornare a casa. Ero
aggrappato a quella piccola camera con morbosità e tutto quel che
m’importava era tornarci presto.
Quell’ospedale dove Nicolas Cage porta i malati con la sua ambulanza
nel film di Scorsese.
Quell’ospedale di Battipaglia dove sono finito per una rissa su un
campo di basket, con il medico che mi medicava e i tifosi della
squadra avversaria che mi aspettavano fuori. E io che avrei voluto
rimanere lì dentro anche per tutta la vita.
Quel momento in cui metti la testa nelle camere in cerca della persona
che cerchi, e i malati e i parenti si voltano a guardarti, senza fastidio,
perché ti capiscono, è successo anche a loro, poco prima o in passato.
Il vecchio che si gira e rigira nel letto e sbuffa per far capire al vicino
e ai suoi parenti che stanno parlando ad alta voce, e che lui non sta
bene e vuole starsene in pace. E che intanto pensa anche che beato lui
che ha tutta quella gente intorno.
Il modo di parlare a bassa voce da parte di chiunque.
Quella volta che hai visto un tuo amico nel letto, pieno di fili, che
aveva avuto l’infarto e lui ha fatto esattamente quel che tu ti aspettavi:
si è messo a scherzare sulla morte e su quanto l’avesse sfiorata. Ma tu
e lui sapevate che non era uno scherzo e tu e lui sapevate che tutto
questo non riguardava soltanto lui ma anche te, e tutti, che
all’improvviso dovevate pensare a quel che avevate evitato di pensare.
Il momento in cui qualcuno finalmente acconsentirà a spostare l’orario
della cena un po’ più tardi, un momento che sarà epocale e toglierà dal
capo di tutti i ricoverati in questo paese una grande percentuale di
malinconia indefinibile, collocata tra le sette e le dieci di sera. Un
tempo troppo lungo per la malinconia.
Un anestesista che addormenta la ragazza che bisogna operare e si
guarda intorno e ha un minuto di solitudine, un minuto di potenza
totale e se la scopa velocemente di nascosto, appena davanti alla sala
operatoria. Lei non lo saprà mai chiaramente, ma un po’ lo saprà
sempre, in qualche parte del suo corpo lo sentirà.
Un medico che non è mai stato medico ma è comunque bravo.
Tutti i ferri dimenticati dentro e di tutti gli esseri umani salvati in
tempo.
Le barelle negli ascensori.
Guido Tersilli.
La commozione che ti prende quando qualcuno che ami esce
addormentato dalla sala operatoria. Quando la donna che amo,
uscendo, ha chiesto nella confusione del risveglio io dov’ero.
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