BESTIE DA DISPIACERE racconto di Maurizio ... - Exclusion.net
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Soprattutto grazie alla loro ironia.<br />
Invece, a me, a parte il fatto che non potevo ridere, fasciato<br />
com’ero, è venuto quasi da piangere. Non per la<br />
commozione, ma per la rabbia.<br />
Perché chi è sventurato fa del tutto per non ricordarsi le<br />
cause della sua sventura o meglio vuole (cerca <strong>di</strong>) riscattarsi<br />
dalla sventura, e non avrà voglia <strong>di</strong> ridere; almeno fino a<br />
quando non riuscirà a pensare <strong>di</strong> farcela da solo, anche<br />
imponendosi un periodo <strong>di</strong> lutto riflessivo. Insomma, non è<br />
cosa ’e niente e <strong>di</strong>o pensa ecc, e ricordare ad un infermo<br />
che fuori la vita è bella, significa fargli sentire ancora più<br />
duramente la sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> infermo.<br />
Senza considerare la fatica che feci per sopportare questo <strong>di</strong><br />
fronte a me che stava benissimo, tanto da ridere sulla<br />
bellezza della vita fuori dall’ospedale: è come se ci fossero<br />
due atteggiamenti <strong>di</strong>versi, quella dei miei comici che grazie<br />
alla loro salute mi spronavano, certo a fin <strong>di</strong> bene, a ridere e<br />
a tornare ad essere produttivo, e quella <strong>di</strong> me paziente che<br />
mi dovevo sforzare per ridere.<br />
Questi due atteggiamenti non si incontrano né si<br />
seducevano, restavano <strong>di</strong>stanti e facevano male al più<br />
debole. Guarda caso a me.<br />
Insomma, ebbi il sospetto è che si stava sviluppando una<br />
sorta <strong>di</strong> terapia dell’ironia. Grazie alla quale si rideva cose<br />
superficiali e innocue per scacciare in maniera altrettanto<br />
superficiale lo stress della malattia, e infine tornare al più<br />
presto a produrre.<br />
Ma non ce l’ho con quei volontari, in alcuni momenti, io<br />
non sono tanto <strong>di</strong>verso da loro. Quelli trattavano il dolore<br />
come una cosa risolvibile con una battuta e in questo<br />
rientravano nella categoria: italiani tipici, e io, in maniera<br />
speculare, rispondevo al dolore quando solo questo<br />
<strong>di</strong>ventava eccezionale, patologico, con un soprappiù<br />
d’energia, una <strong>di</strong>sponibilità d’amore che mi sorprende e mi<br />
affatica (in questo sono o non sono tipicamente italiano?).<br />
E’ la vecchia storia, quella frase che ho sentito una volta in<br />
ospedale: “ non possiamo liberarci da dolore, perché non<br />
possiamo liberarci della nostra coscienza, della nostra storia,<br />
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