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Il Guado dell'Antico Mulino - Aprile 2010 - Sanpietroingu .net

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Trebbiatura a Pozzoleone.<br />

Foto gentilmente concessa da Franco Cecconello<br />

grano di sopra, nel granaio, salendo magari una<br />

cinquantina di gradini.<br />

Alla fi ne dei lavori quelli che ci rimettevano le<br />

penne erano i polli, allevati con cura dalle donne<br />

per l’occasione. Era una bella opportunità, trovarsi<br />

insieme attorno ad una tavola per festeggiare<br />

quello che si era atteso per un lungo anno.<br />

E alla sera prima di andare a letto vedevo il<br />

papà e la mamma che si guardavano negli occhi<br />

e capivo la loro gioia, consapevoli di avere un<br />

futuro più tranquillo per loro e i propri fi gli, e per<br />

chi bussava alla nostra mensa non avendo avuto<br />

la nostra fortuna.<br />

Dopo alcuni anni con l’avvento della grande<br />

meccanizzazione e della tecnologia anche<br />

l’agricoltura subì un cambiamento radicale.<br />

E’ nata una nuova epoca, una società<br />

industrializzata che ha portato per il paese e<br />

per l’agricoltura ricchezza e benessere, ma con<br />

questo un ritmo da lavoro sempre più fre<strong>net</strong>ico<br />

e competitivo e l’uomo a volte si interroga dove<br />

siano la vera libertà e i valori fondamentali della<br />

vita.<br />

pag. 15<br />

Storie<br />

inverosimili.<br />

di Livio Sovilla<br />

Mi è capitato alcuni anni fa di dover fare visita in<br />

una casa alla periferia del nostro paese.<br />

Arrivando in auto in prossimità del posto, cerco<br />

di schivare un pollo schiacciato sulla strada da<br />

una macchina e di fermarmi il più possibile in<br />

disparte.<br />

C’era un recinto malmesso che si poteva facilmente<br />

scavalcare e un portone scorrevole aperto per un<br />

passaggio d’uomo.<br />

Entro e mi trovo in un cortile popolato da<br />

galline che, impaurite, cominciano a svolazzare<br />

dappertutto lasciando cadere una “nevicata” di<br />

piume.<br />

Guardo da che parte entrare e scorgo un vecchio<br />

fabbricato agricolo con fi enile, stalla, deposito<br />

attrezzi, rottami di attrezzi agricoli, e un po’ più<br />

avanti e spostata a sinistra una casa stile anni ’70<br />

posta su un’altura di circa un metro rispetto alla<br />

precedente.<br />

Salgo gli scalini, mi avvicino alla porta, premo il<br />

pulsante del campanello una, due, tre volte, ma<br />

nessuno risponde.<br />

Scendo, cerco di portarmi verso la stalla e mi<br />

vedo sbucare da sotto una pedana di legno un<br />

cagnolino legato alla catena che comincia ad<br />

affrontarmi abbaiando.<br />

Cerco di girare al largo del suo campo d’azione<br />

per trovare da dove entrare.<br />

Finalmente dentro al portico, superate le balle di<br />

fi eno, scorgo un uscio: chiedo permesso, busso,<br />

giro la maniglia spingendo con forza la porta che<br />

strisciava per terra, e mi trovo avvolto da una nube<br />

di fumo; intravedo un fuoco acceso su un focolare<br />

e non capisco dove sono capitato.<br />

Dal fumo scuro vedo spuntare un volto scavato<br />

dalle rughe incorniciato da tanti capelli bianchi<br />

di una donna vestita di nero; penso che se fosse<br />

stato di notte avrei fatto un infarto: e mi chiede<br />

cosa volessi. Mi presento e rispondo che cerco suo<br />

fi glio.<br />

“El ga da essare fora, el speta che vao a ciamarlo”<br />

e si incammina fuori dalla porta, curva su se stessa,<br />

denotando una vita pesantemente vissuta.<br />

Intanto comincio ad abituarmi alla presenza del<br />

fumo e mi guardo attorno: le pareti appaiono

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