Il Guado dell'Antico Mulino - Aprile 2010 - Sanpietroingu .net
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imanere con lo stato di prigionieri o diventare<br />
cooperatori. Anche su consiglio dell’uffi ciale,<br />
quasi tutti fi rmammo.<br />
Fummo così equiparati agli angloamericani anche<br />
nelle uniforme. Sul braccio portavamo però una<br />
fascia con la scritta “cooperatore “.<br />
Continuammo il nostro lavoro nella logistica come<br />
autisti, magazzinieri, meccanici, ecc... Eravamo<br />
però molto più liberi. Uscivamo dal campo e<br />
facevamo provvista di olio e uova dalle famiglie<br />
arabe. Eravamo anche liberi di organizzarci<br />
tanto che con il cappellano militare, don Stefano<br />
Romani, e alcuni amici avevamo organizzato un<br />
circolo dell’Azione Cattolica.<br />
Fronte e retro della tessera dell’Azione Cattolica fatta a<br />
mano in campo di prigionia<br />
In questo periodo fui vittima di un incidente che<br />
poteva costarmi la vita. Un fusto di benzina, che<br />
stavamo scaricando dal treno, mi rotolò addosso<br />
colpendomi al capo e alla schiena. Rimediai una<br />
grossa ferita alla testa e svenni. <strong>Il</strong> mio amico<br />
Scotton mi portò in ospedale e me la cavai con<br />
pag. 9<br />
poche conseguenze.<br />
Tutti coltivavamo però la speranza di poter ritornare<br />
presto sul suolo italiano, magari in Sicilia.<br />
Questa illusione ci accompagnò fi no ad agosto<br />
del 1944.<br />
Ci dissero che saremmo stati imbarcati. Tutti<br />
speravamo che la destinazione fosse l’Italia. Invece,<br />
saliti sulla Santa Maria di Liverpool, sapemmo che<br />
la destinazione era Regno Unito.<br />
Fu un viaggio lungo e faticoso: durò ben 11 giorni.<br />
Eravamo minacciati sotto dai sottomarini e sopra<br />
dagli aerei tedeschi. Eravamo scortati da navi che<br />
continuavano a gettare bombe in profondità per<br />
prevenire gli attacchi dei sottomarini. Nella stiva<br />
della nave, dove eravamo alloggiati, quando il<br />
mare era mosso, l’aria diventava insopportabile.<br />
Durante il viaggio scoprii che sulla nave c’era un<br />
altro mio paesano, Luigi Dalla Pozza.<br />
Finalmente furono gettate le ancore e scoprimmo<br />
di essere nel grande porto di Liverpool.<br />
Una volta sbarcati fummo divisi per gruppi. Io con<br />
alcuni compagni fui portato su camion in una<br />
località nei pressi della città di Cardiff. Fummo<br />
sistemati in capannoni dotati di tutti i servizi.<br />
La nostra vita assunse una certa ordinarietà<br />
quasi da civili. La mia squadra era utilizzata a<br />
sistemare la viabilità di un campo di esercitazione<br />
dell’esercito in piena campagna. Si partiva al<br />
mattino e si rientrava al tardo pomeriggio. C’era<br />
poi da svolgere a turno i servizi di campo. La sera<br />
si poteva uscire.<br />
Campo di prigionia, in Gran Bretagna<br />
Spesso però eravamo presi da una grande<br />
nostalgia di casa. Dall’aprile del ‘43 non riuscivo<br />
ad avere più notizie. E le poche che ci giungevano<br />
dalle fonti uffi ciali non erano certo confortevoli:<br />
parlavano di occupazione tedesca, di guerra civile,<br />
di bombardamenti sulle nostre città.