letture - Dipartimento di Architettura - Università degli Studi di Firenze
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10<br />
Pagine precedenti:<br />
1<br />
Ciclista ferrarese (schizzo <strong>di</strong> Adolfo Natalini)<br />
2<br />
Schizzo dell’angolo con “portator d’architetture”<br />
scultura <strong>di</strong> Roberto Barni (non realizzata)<br />
3<br />
Veduta assonometrica<br />
4<br />
Planivolumetrico: l’impianto planimetrico è<br />
articolato in tre parti, oltre la piazza: il palazzo,<br />
la casa e la torre<br />
5<br />
Veduta della piazza con la torre in angolo<br />
6<br />
Prospettiva sull’angolo con la piazzetta<br />
in primo piano<br />
7<br />
Veduta da Corso Porta Reno<br />
8<br />
Passaggio interno<br />
6<br />
7 8<br />
vrapposte per favorire la <strong>di</strong>namica della<br />
fruizione spaziale urbana.<br />
Analogamente, pure dopo avergli conferito<br />
il ruolo <strong>di</strong> protagonista nel progetto,<br />
alla base dell’e<strong>di</strong>ficio centrale Adolfo<br />
Natalini arricchisce continuamente la<br />
semplicità <strong>di</strong> schemi con eccezioni, e<br />
non esita a <strong>di</strong>segnare arconi irregolari al<br />
posto <strong>di</strong> ritmati portici. In questa e in altre<br />
volute “bizzarrie” presenti non solo<br />
in questa sua architettura, ma in altre<br />
sue (ad es. nelle sculture del Teatro della<br />
Compagnia a <strong>Firenze</strong>), egli sembra<br />
voler sottolineare come la città d’arte<br />
non si debba leggere quale città ideale,<br />
<strong>di</strong>segnata in un unico stile, ma come<br />
sovrapposizione e compresenza <strong>di</strong><br />
molteplici e <strong>di</strong>versi contributi, accomunati<br />
non da un linguaggio, ma da un<br />
comune tendere, anche se in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi,<br />
alla bellezza.<br />
Ecco, allora, il lieve seguire la mancata<br />
ortogonalità dei tracciati esistenti, che<br />
non viene certo notato dalla gente che<br />
davanti transita a pie<strong>di</strong> o in bicicletta<br />
(come già si legge nelle prospettive <strong>di</strong>segnate,<br />
sempre “abitate”, a testimoniare<br />
la scelta <strong>di</strong> un’architettura, che si<br />
completa con l’uomo), a <strong>di</strong>mostrare<br />
che quello che davvero importa non è la<br />
cosa, ma l’uomo, l’uso che questi ne fa.<br />
Molto interessante è, dunque, l’impianto<br />
planimetrico, articolato in tre fabbricati;<br />
Natalini progetta, infatti, un brano<br />
<strong>di</strong> città: la piazza, il palazzo, la casa e la<br />
torre; abilmente stacca il nuovo dall’esistente<br />
grazie a due piccole corti interne<br />
(una <strong>di</strong> esse è una rampa per i<br />
garages interrati), pur progettando in<br />
una continuità storica <strong>di</strong> materiali e<br />
spazi, ed in piena sintonia con la città <strong>di</strong><br />
Ferrara, fatta anch’essa <strong>di</strong> rigorosi e<strong>di</strong>fici<br />
<strong>di</strong> mattoni e pietra (si notino, fra l’al-<br />
tro, seconda bizzarria, le finestre “accecate”<br />
dalla pietra bianca del palazzotto<br />
su via Corso Porta Reno, memoria delle<br />
stratificazioni della città storica).<br />
L’attuazione del progetto si è trascinata<br />
per <strong>di</strong>eci anni, attraverso faticose vicissitu<strong>di</strong>ni;<br />
infine, esso è stato costruito<br />
già invecchiato, dopo due passaggi <strong>di</strong><br />
proprietà, ed internamente mo<strong>di</strong>ficato<br />
dall’ultimo proprietario – costruttore,<br />
che ha invertito la destinazione <strong>degli</strong><br />
spazi a uffici e residenze (nel palazzotto<br />
vi sono ora uffici, nei duplex <strong>di</strong> via Ragno<br />
appartamenti normali, nella torre<br />
centrale un appartamento con attico).<br />
Nel racconto dello stesso Natalini, mi<br />
ha colpita il suo <strong>di</strong>re “… è nuovo, ma<br />
sembra già molto usato”.<br />
Non ho mai creduto nei progetti “intoccabili”,<br />
ma nell’architettura che resista<br />
al tempo e alle trasformazioni. Forse<br />
l’architettura non appartiene affatto al<br />
primo progetto dal quale nasce, in questo<br />
ed in moltissimi altri casi già “invecchiato”<br />
nel momento della costruzione,<br />
ma è <strong>di</strong> chi la usa, o <strong>di</strong> chi, comunque,<br />
anche percettivamente, ne fruisce.<br />
E negli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> Natalini, proprio anche<br />
nei rami che sporgono contro il cielo<br />
dalla torre già trasformata in altana, la<br />
vita sembra esservisi bene attaccata.<br />
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