letture - Dipartimento di Architettura - Università degli Studi di Firenze
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Aldo Rossi e Venezia<br />
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Maria Grazia Eccheli<br />
È del 1978 l’invenzione <strong>di</strong> Aldo Rossi<br />
del “teatrino scientifico”: strumento,<br />
non sai se più intellettuale che reale,<br />
per evocare, se non provocare, il vero<br />
attore invisibile dell’analogia.<br />
Ma il vero “teatro scientifico” per eccellenza<br />
sembra essere stato, per Rossi, la<br />
città <strong>di</strong> Venezia. Attraverso i suoi numerosi<br />
progetti ed i suoi stu<strong>di</strong> a questi inestricabilmente<br />
collegati (chi non ricorda<br />
i “Caratteri urbani delle città venete” o il<br />
memorabile “L’architettura della ragione<br />
come architettura <strong>di</strong> tendenza”?),<br />
Rossi compose uno dei ritratti <strong>di</strong> città<br />
tra i più completi ed inaspettati nel panorama<br />
della cultura italiana.<br />
Un ritratto in continuo <strong>di</strong>venire: che<br />
senso dare, altrimenti, all’insistito ri<strong>di</strong>segno-riproduzione<br />
del frammento filaretiano<br />
sul Canal Grande in cui Rossi<br />
riconosceva “il riassunto del significato<br />
stesso dell’<strong>Architettura</strong>”?<br />
Un ritratto, tuttavia, <strong>di</strong> una Venezia più<br />
antica della stessa forma Palla<strong>di</strong>ana, <strong>di</strong><br />
cui i <strong>di</strong>segni e gli scritti indagano - con<br />
insuperata precisione analitica - il meccanismo<br />
storico - concettuale della sua<br />
genesi.<br />
È proprio tale genesi che Rossi indaga<br />
e prosegue nei suoi <strong>di</strong>segni in cui - con<br />
la tecnica surrealistica del collage - tende<br />
a ripetere nella propria opera l’immensa<br />
operazione logico/formale palla<strong>di</strong>ana.<br />
Disegni in cui vige come una<br />
sospensione trepida, come in attesa<br />
del significato imprevisto che, con rabdomantica<br />
ricerca, acquisisca ed annetta<br />
il nuovo all’antico. Venezia, la più<br />
inverosimile delle città, <strong>di</strong>viene per Rossi<br />
il locus solus della tecnica progettuale<br />
ed il parametro su cui misurare la legittimità<br />
stessa dell’architettura, oggi, a<br />
fronte della sua stessa storia.<br />
Tale è il “Teatro del Mondo”: più che<br />
alla città reale, esso sembra chiedere<br />
conferma della propria esistenza alle<br />
idee <strong>di</strong> città che conformano Venezia e<br />
che vi convivono sovrapposte. Il “tropos<br />
lakonicos” che lo sorregge rende<br />
perfino cre<strong>di</strong>bile e legittima la Venezia<br />
gotica <strong>di</strong> un Ruskin.<br />
Perché il Teatro del Mondo <strong>di</strong> Aldo Rossi<br />
è, più che un’immagine, un ritratto <strong>di</strong><br />
Venezia e della sua storia. Esiste ambizione<br />
maggiore per un architetto? Ad<br />
averlo subito compreso fu M. Tafuri: la<br />
sua lettura del Teatro del Mondo come<br />
“smascheratore” <strong>di</strong> Venezia aveva altro<br />
significato?<br />
L’architettura in legno della città mercantile<br />
viene posta a premessa necessaria<br />
e quasi alternativa delle “pietre”<br />
palla<strong>di</strong>ane: essa trasforma in elemento<br />
necessario il fondale <strong>di</strong> San Giorgio e<br />
del Redentore, la volumetria delle Zitelle<br />
(a cui Rossi nel <strong>di</strong>segno “Interno<br />
veneziano”, del 1981, chiede insistentemente<br />
legittimazione).<br />
Dell’Odeo dello Scamozzi (l’idea della<br />
riproposizione per la Biennale <strong>Architettura</strong>/Teatro<br />
è <strong>di</strong> Paolo Portoghesi), l’architettura<br />
costruita riprende l’idea del<br />
teatro galleggiante e riassume nella sua<br />
pianta centrale quelle costruzioni circolari<br />
delle famose feste della Serenissima,<br />
ma <strong>di</strong>viene subito “trama <strong>di</strong> immagini”<br />
delle tante architetture che stanno<br />
in luoghi liminari tra acqua e terra e alle<br />
quali, ri<strong>di</strong>segnate come in un carnet <strong>di</strong><br />
viaggio, Aldo Rossi richiede <strong>di</strong> ripetere<br />
e approfon<strong>di</strong>re la tipicità del luogo.<br />
Il teatro del mondo sembra assumersi<br />
il compito <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>re qualcosa d’altro:<br />
l’essere spettacolo e spettatore <strong>di</strong><br />
quell’anfiteatro incompiuto <strong>di</strong> scene<br />
palla<strong>di</strong>ane. (continua a pag. 56)<br />
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