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letture - Dipartimento di Architettura - Università degli Studi di Firenze

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Aldo Rossi e Venezia<br />

42<br />

Maria Grazia Eccheli<br />

È del 1978 l’invenzione <strong>di</strong> Aldo Rossi<br />

del “teatrino scientifico”: strumento,<br />

non sai se più intellettuale che reale,<br />

per evocare, se non provocare, il vero<br />

attore invisibile dell’analogia.<br />

Ma il vero “teatro scientifico” per eccellenza<br />

sembra essere stato, per Rossi, la<br />

città <strong>di</strong> Venezia. Attraverso i suoi numerosi<br />

progetti ed i suoi stu<strong>di</strong> a questi inestricabilmente<br />

collegati (chi non ricorda<br />

i “Caratteri urbani delle città venete” o il<br />

memorabile “L’architettura della ragione<br />

come architettura <strong>di</strong> tendenza”?),<br />

Rossi compose uno dei ritratti <strong>di</strong> città<br />

tra i più completi ed inaspettati nel panorama<br />

della cultura italiana.<br />

Un ritratto in continuo <strong>di</strong>venire: che<br />

senso dare, altrimenti, all’insistito ri<strong>di</strong>segno-riproduzione<br />

del frammento filaretiano<br />

sul Canal Grande in cui Rossi<br />

riconosceva “il riassunto del significato<br />

stesso dell’<strong>Architettura</strong>”?<br />

Un ritratto, tuttavia, <strong>di</strong> una Venezia più<br />

antica della stessa forma Palla<strong>di</strong>ana, <strong>di</strong><br />

cui i <strong>di</strong>segni e gli scritti indagano - con<br />

insuperata precisione analitica - il meccanismo<br />

storico - concettuale della sua<br />

genesi.<br />

È proprio tale genesi che Rossi indaga<br />

e prosegue nei suoi <strong>di</strong>segni in cui - con<br />

la tecnica surrealistica del collage - tende<br />

a ripetere nella propria opera l’immensa<br />

operazione logico/formale palla<strong>di</strong>ana.<br />

Disegni in cui vige come una<br />

sospensione trepida, come in attesa<br />

del significato imprevisto che, con rabdomantica<br />

ricerca, acquisisca ed annetta<br />

il nuovo all’antico. Venezia, la più<br />

inverosimile delle città, <strong>di</strong>viene per Rossi<br />

il locus solus della tecnica progettuale<br />

ed il parametro su cui misurare la legittimità<br />

stessa dell’architettura, oggi, a<br />

fronte della sua stessa storia.<br />

Tale è il “Teatro del Mondo”: più che<br />

alla città reale, esso sembra chiedere<br />

conferma della propria esistenza alle<br />

idee <strong>di</strong> città che conformano Venezia e<br />

che vi convivono sovrapposte. Il “tropos<br />

lakonicos” che lo sorregge rende<br />

perfino cre<strong>di</strong>bile e legittima la Venezia<br />

gotica <strong>di</strong> un Ruskin.<br />

Perché il Teatro del Mondo <strong>di</strong> Aldo Rossi<br />

è, più che un’immagine, un ritratto <strong>di</strong><br />

Venezia e della sua storia. Esiste ambizione<br />

maggiore per un architetto? Ad<br />

averlo subito compreso fu M. Tafuri: la<br />

sua lettura del Teatro del Mondo come<br />

“smascheratore” <strong>di</strong> Venezia aveva altro<br />

significato?<br />

L’architettura in legno della città mercantile<br />

viene posta a premessa necessaria<br />

e quasi alternativa delle “pietre”<br />

palla<strong>di</strong>ane: essa trasforma in elemento<br />

necessario il fondale <strong>di</strong> San Giorgio e<br />

del Redentore, la volumetria delle Zitelle<br />

(a cui Rossi nel <strong>di</strong>segno “Interno<br />

veneziano”, del 1981, chiede insistentemente<br />

legittimazione).<br />

Dell’Odeo dello Scamozzi (l’idea della<br />

riproposizione per la Biennale <strong>Architettura</strong>/Teatro<br />

è <strong>di</strong> Paolo Portoghesi), l’architettura<br />

costruita riprende l’idea del<br />

teatro galleggiante e riassume nella sua<br />

pianta centrale quelle costruzioni circolari<br />

delle famose feste della Serenissima,<br />

ma <strong>di</strong>viene subito “trama <strong>di</strong> immagini”<br />

delle tante architetture che stanno<br />

in luoghi liminari tra acqua e terra e alle<br />

quali, ri<strong>di</strong>segnate come in un carnet <strong>di</strong><br />

viaggio, Aldo Rossi richiede <strong>di</strong> ripetere<br />

e approfon<strong>di</strong>re la tipicità del luogo.<br />

Il teatro del mondo sembra assumersi<br />

il compito <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>re qualcosa d’altro:<br />

l’essere spettacolo e spettatore <strong>di</strong><br />

quell’anfiteatro incompiuto <strong>di</strong> scene<br />

palla<strong>di</strong>ane. (continua a pag. 56)<br />

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