28.05.2013 Views

letture - Dipartimento di Architettura - Università degli Studi di Firenze

letture - Dipartimento di Architettura - Università degli Studi di Firenze

letture - Dipartimento di Architettura - Università degli Studi di Firenze

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Maria Grazia Eccheli e Riccardo Campagnola<br />

36<br />

Progetto:<br />

Maria Grazia Eccheli<br />

Riccardo Campagnola<br />

con<br />

Antonella Gallo<br />

Michelangelo Pivetta<br />

Concorso internazionale 1996<br />

Nuovo Museo Lapidario a Verona<br />

Francesco Collotti 1<br />

Esistono nell’esperienza della città<br />

luoghi e figure imprescin<strong>di</strong>bili ai quali<br />

la memoria del progetto ritorna ogniqualvolta<br />

gli architetti sono chiamati a<br />

ridare senso e definizione a siti che,<br />

nel tempo, hanno perso il rapporto con<br />

la città precedente.<br />

Persa per sempre quell’immagine<br />

complessiva che corrispondeva a un<br />

or<strong>di</strong>ne razionale per la città, sciolti i<br />

vincoli e le forme che rimandavano ad<br />

una compattezza e ad una continuità<br />

non più transitabile, la nostra capacità<br />

<strong>di</strong> descrivere i fenomeni urbani e <strong>di</strong> or<strong>di</strong>narli<br />

attraverso il progetto è costretta<br />

a sopravvivere per frammenti.<br />

Per frammenti <strong>di</strong> piani, <strong>di</strong> architetture,<br />

<strong>di</strong> idee, vive la città contemporanea.<br />

Per frammenti possiamo ancora evocare<br />

compiti spesso <strong>di</strong>menticati per<br />

questo mestiere, il cui destino non può<br />

che essere quello <strong>di</strong> continuare a costruire<br />

la città e il paesaggio, ritrovandone<br />

col progetto la memoria, per<br />

quanto trasfigurata essa possa essere.<br />

E proprio nel caso delle città venete,<br />

ma non solo, è nota quella straor<strong>di</strong>naria<br />

capacità dell’antico <strong>di</strong> generare<br />

progetto nel tempo.<br />

Contaminati, trasformati, ampliati, misurati<br />

e ricostruiti ovvero ri-utilizzati in<br />

una seconda vita, i resti classici (meglio<br />

con Riegl e Bettini <strong>di</strong>remmo tardoclassici<br />

e deuterobizantini) delle città<br />

altoadriatiche <strong>di</strong> origine romana sono il<br />

materiale su cui la città si costruisce<br />

nei secoli successivi. Giovanbattista<br />

da Sangallo, Giovanni Caroto, Andrea<br />

Palla<strong>di</strong>o, Giulio Romano, Michele Sanmicheli,<br />

Sebastiano Serlio misurano,<br />

quotano, rilevano, trasfigurano le antichità<br />

romane venete e <strong>di</strong> Verona in particolare,<br />

le riversano nei loro progetti,<br />

conferiscono loro una seconda vita a<br />

fianco o altrove.<br />

A Verona questa tendenza a proseguire<br />

l’antico senza tra<strong>di</strong>rlo nell’ambito<br />

della costruzione dell’architettura e<br />

della città si accosta ad una singolarissima<br />

capacità delle città stessa <strong>di</strong> lavorare<br />

anche sul programma culturale<br />

della città romana, dando luogo ad un<br />

raffinato e colto collezionismo legato<br />

alle lapi<strong>di</strong> ed ai marmi classici, quasi<br />

che l’ambizione fosse non solo <strong>di</strong><br />

competere per grandezza e bellezza<br />

con la città antica, quanto anche <strong>di</strong><br />

stabilire una concorrenza con la lontana<br />

Roma rinascimentale e una sfida civile<br />

con la serenissima Venezia.<br />

Successivamente <strong>di</strong>sperse, le prime<br />

collezioni trovano posto nei palazzi <strong>di</strong><br />

Sanmicheli.<br />

Presso il luogo simbolo della presenza<br />

romana, l’Arena e la braida intorno, all’ingresso<br />

nella città dalla porta Nuova,<br />

l’impegno illuminato <strong>di</strong> Scipione Maffei<br />

fece e<strong>di</strong>ficare a Alessandro Pompei<br />

quel lapidario che a cavaliere della<br />

metà del secolo <strong>di</strong>venne nel Settecento<br />

il primo museo pubblico d’Europa.<br />

La macchina messa in opera dal Maffei<br />

faceva sì che il lapidario, un portico<br />

che Goethe ebbe a ricordare come<br />

troppo basso e sproporzionato, fosse<br />

al contempo il foyer del teatro filarmonico,<br />

dai pilastrini intenzionalmente<br />

ra<strong>di</strong> per lasciar leggere le lapi<strong>di</strong>, dal<br />

profilo basso sì, ma per consentire <strong>di</strong><br />

traguardare sopra il recinto l’arena, la<br />

porta, la Gran Guar<strong>di</strong>a, gli allineamenti<br />

del corso in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Castelvecchio.<br />

A suo modo macchina della memoria<br />

posta all’ingresso della città.<br />

Il progetto elaborato da Maria Grazia<br />

Eccheli e Riccardo Campagnola nel-<br />

l’ambito del concorso internazionale<br />

per la riqualificazione del chiostro <strong>di</strong> S.<br />

Francesco e della tomba <strong>di</strong> Giulietta ripercorre<br />

questa memoria feconda della<br />

città <strong>di</strong> Verona.<br />

Situato tra la cerchia muraria antica e<br />

quella più recente, il convento era originariamente<br />

parte <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> altre<br />

strutture analoghe, con<strong>di</strong>zione sospesa<br />

tra la città e la campagna, circondato<br />

da orti e altre corti.<br />

Oggi, perduta questa <strong>di</strong>mensione, ciò<br />

che resta <strong>di</strong> S. Francesco è un torso, un<br />

lacerto <strong>di</strong> chiostro circondato da e<strong>di</strong>fici<br />

senza qualità, immerso in una situazione<br />

destrutturata figlia <strong>di</strong> una sciatta e<br />

burocratica ragioneria <strong>di</strong> piano.<br />

Assume un preciso significato in questo<br />

luogo <strong>di</strong>venuto periferico e casuale,<br />

riportare la figura della storia alta della<br />

città, riconoscendo al lapidario maffeiano<br />

autorevolezza quale principio generatore<br />

<strong>di</strong> forma urbana ancora oggi.<br />

Ancora una volta un costruire non lontano<br />

dal ricostruire.<br />

Il programma e<strong>di</strong>lizio del concorso (ampliamento<br />

del museo, realizzazione <strong>di</strong><br />

uno spazio verde in<strong>di</strong>pendente, valorizzazione<br />

<strong>di</strong> alcuni ritrovamenti archeologici)<br />

viene qui fatto proprio e rilanciato<br />

proponendo un’architettura per la città<br />

che evochi le <strong>di</strong>mensioni e il compito<br />

dell’originario recinto del Maffei.<br />

In questo procedere c’è sicuramente<br />

un necessario forzare la mano del concorso.<br />

Il progetto assolve alle richieste<br />

dell’ente ban<strong>di</strong>tore, ma sembra riproporle<br />

in modo sicuramente inaspettato<br />

rispetto a quanto ipotizzato dalla committenza,<br />

spostando su un livello più<br />

alto e consapevole questioni che, nelle<br />

intenzioni <strong>degli</strong> estensori del bando, si<br />

volevano forse contenere entro un am-<br />

2<br />

37

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!