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La clessidra, come ho detto, ha mantenuto l’impostazione di base pur cambiando format e <strong>in</strong> parte<br />

gruppo redazionale; i punti pr<strong>in</strong>cipali sono rimasti l’attenzione al fatto testuale, al<strong>la</strong> poesia<br />

contemporanea vista al<strong>la</strong> luce del<strong>la</strong> tradizione letteraria, al<strong>la</strong> riflessione sul fare poesia oggi e <strong>in</strong> questa<br />

concreta situazione.<br />

Ci piacerebbe leggere il vostro primo editoriale, e l’ultimo.<br />

La clessidra ha fatto un uso parco dell’Editoriale, ma credo che quello del n. 2/2005 che uscirà a<br />

novembre, il quale reca <strong>la</strong> mia firma, dia una idea del dibattito che si sta sviluppando fra le riviste e <strong>la</strong><br />

posizione tenuta dal<strong>la</strong> Redazione con grande compattezza, seppure con le dovute e fertili differenze di<br />

impostazione.<br />

Ecco l’Editoriale del n. 2/2005:<br />

Da ieri a domani. Qualche riflessione sul rapporto tra poesia e critica<br />

Vorrei aprire con una premessa che mi sembra fondamentale:<br />

Guardandoci attorno e procedendo per estrapo<strong>la</strong>zione delle tendenze, dobbiamo riconoscere che, nel<br />

crollo delle strutture simboliche del comprendere, <strong>la</strong> poesia non ha più posizione all’<strong>in</strong>terno dell’episteme<br />

e può <strong>qui</strong>ndi avere i decenni contati, come è già successo per altre forme artistiche. La creatività umana,<br />

anche quel<strong>la</strong> che si esplica attraverso il l<strong>in</strong>guaggio, se non sarà soffocata del tutto, potrà esprimersi <strong>in</strong><br />

altri modi.<br />

Già i grandi del Novecento sono <strong>in</strong> realtà degli appartati, dei chierici dello scrivere o degli emarg<strong>in</strong>ati.<br />

Certo, si possono avanzare delle obiezioni: «ma le numerose prese di posizione...», «ma gli olivettani….»<br />

Il fatto è che non è richiesto al poeta di dire <strong>la</strong> propria: gli si concede di par<strong>la</strong>re o al massimo assistiamo<br />

a prese di posizione giuste quanto purtroppo sterili, come contro <strong>la</strong> guerra… Le grandi figure più recenti<br />

non hanno <strong>in</strong>ciso se non combattendo e perdendo, o come figure di riferimento all’<strong>in</strong>terno del proprio<br />

ghetto letterario dai muri sempre più alti. A volte come giul<strong>la</strong>ri.<br />

*<br />

Guardiamo a cosa davvero succede, con crudezza. Oggi le <strong>in</strong>dividualità di spicco sono tali solo all’<strong>in</strong>terno<br />

di un meccanismo, e queste aggregazioni da trent’anni non hanno più nul<strong>la</strong> a che vedere con le l<strong>in</strong>ee di<br />

poetica, se si escludono alcune operazioni epigoniche; ogni grande editore, ogni <strong>rivista</strong> o circolo non fa<br />

che ribadire un iso<strong>la</strong>mento monadico. Le supposte l<strong>in</strong>ee poetiche che vengono proposte da questi<br />

raggruppamenti spesso non fanno che misce<strong>la</strong>re elementi del ready-made, fermarsi a dichiarazioni di<br />

<strong>in</strong>tenti velleitaristiche fondate addirittura su assunti moralistici, o esprimere manifesti aprioristici che non<br />

producono, <strong>in</strong> seguito, poesia: cioè s<strong>in</strong>goli testi e libri. Non che rimpianga <strong>la</strong> prescrittività di un qualche<br />

canone: sto par<strong>la</strong>ndo di confusione non fertile…<br />

Molte vere <strong>in</strong>dividualità sono degli appartati che al massimo si sono scavati una nicchia funzionale – sto<br />

pensando a Elio Pecora, a Francesco Scarabicchi, ma anche a poeti che hanno avuto accesso al<strong>la</strong> grande<br />

editoria come Bacch<strong>in</strong>i. Soprattutto, sto pensando a tanti miei coetanei. Il gran proliferare di antologie<br />

(ieri era stato di riviste, prima ancora di gruppi legati a l<strong>in</strong>ee poetiche: che crollo, no?), <strong>in</strong>dicano solo <strong>la</strong><br />

crisi del<strong>la</strong> poesia; e anche <strong>qui</strong>, <strong>in</strong> fondo, stiamo dibattendo di quello. Si dice che <strong>la</strong> poesia è <strong>in</strong> buona<br />

salute perché ci sono degli ottimi poeti (il che è vero), che vive di crisi, che è meglio avere tante<br />

<strong>in</strong>dividualità e proposte non congruenti che una corrente egemone o uno scontro. Ebbene, io non ci credo<br />

più: ogni soluzione, <strong>in</strong>tendo, andrebbe bene se non ci fosse a priori uno stato di ca<strong>la</strong>mità. In questo<br />

stato, questi diventano segni del<strong>la</strong> crisi e non del<strong>la</strong> salute. Che ci siano degli ottimi poeti, per quanto<br />

nascosti, non mi pare cioè garantire che ci sia anche una poesia, specie nel futuro.<br />

Si par<strong>la</strong> tanto, perf<strong>in</strong>o troppo, di Canone, e ultimamente è nata <strong>la</strong> def<strong>in</strong>izione fortemente critica di Piccolo<br />

canone, il quale è <strong>in</strong> sostanza una f<strong>in</strong>zione editoriale; si par<strong>la</strong> di un tradimento dei critici e, dal <strong>la</strong>to<br />

costruttivo, anche di una Generazione sommersa che non ha avuto modo di accedere al<strong>la</strong> grande editoria<br />

(eccetto pochi casi, <strong>in</strong> genere di auto-clonazione editoriale) né ha proposto poetiche a priori, preferendo<br />

approfondire percorsi creativi non di rado ben <strong>in</strong>dividuabili anche se a volte perf<strong>in</strong>o idios<strong>in</strong>cratici; percorsi<br />

che <strong>in</strong> tali condizioni faticano a svilupparsi <strong>in</strong> modo armonico. Se ne deduce che certe scelte strategiche<br />

sono state perdenti, almeno col senno di poi. Come generazione (e vorrei che si capisse <strong>in</strong> che senso uso<br />

il term<strong>in</strong>e e a che scopo) abbiamo costruito quello che un tempo si sarebbe chiamato un Contropotere<br />

fatto di riviste, siti, gruppi, <strong>la</strong>voro <strong>in</strong>dividuale, e l’abbiamo fatto – credevamo – sempre più <strong>in</strong> alternativa<br />

rispetto a un Canone che veniva costruito nelle stanze chiuse delle Università, da critici che non leggono i<br />

contemporanei e coetanei (come del resto ammettono) e fanno antologie avval<strong>la</strong>ndo <strong>in</strong> Appello le<br />

distorsioni delle scelte editoriali. Oggi il critico sancisce, ma sancisce il nul<strong>la</strong>, nel nul<strong>la</strong>. L’Università ha<br />

distrutto <strong>la</strong> poesia italiana, imponendo un canone drogato <strong>in</strong> combutta con <strong>la</strong> supposta grande editoria,<br />

con il benep<strong>la</strong>cito di tanti critici anche giovani e sfruttando l’<strong>in</strong>capacità dei poeti (i quali dovrebbero<br />

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