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Capitolo I
Melk, settembre 2004
Ma la saggezza, dove trovarla?
(Giobbe, 28:12)
Alzo gli occhi dal grosso tomo miniato che sto leggendo, e
mi rendo conto di aver perso la nozione del tempo. Rivolgo lo
sguardo al mosaico variopinto della finestra, e socchiudo gli
occhi. La luce del tramonto si frantuma in una cascata simile a
un arcobaleno che mi lascia senza fiato. Incapace di resistere
ancora, serro le palpebre, beandomi per qualche istante del
calore che sento sul viso.
Una vocina interiore mi ricorda che non ho ancora molti
minuti a disposizione.
Sospirando riapro gli occhi e guardo l’ora indicata dal mio
vecchio ma fedele orologio da polso. Le cinque: un’altra ora
soltanto, devo sbrigarmi.
Mi guardo intorno, gli altri visitatori se ne sono andati e la
grande sala di consultazione è deserta. I restanti tavoli di
quercia sono stati sgombrati, le porte verso l’esterno serrate.
Percorro con lo sguardo la stanza: le vetrinette chiuse, i libri
protetti - o imprigionati - da un sottile strato di vetro e da
vecchie grate di metallo, le finestre irrorate dalla luce, la
polvere che danza leggiadra nell’aria, e infine il pavimento di
marmo, consumato da secoli di sedie smosse e di piedi che
tornano frettolosi ai tavoli, ansiosi come i loro padroni di
leggere e di sapere.
Il silenzio mi cresce intorno, nutrito dalla consapevolezza
dell’essere rimasto solo. I libri riposti sugli scaffali sembrano
riposare. Pochi scricchiolii, immaginari fruscii di pagine che si
assestano… Mi sento un intruso. Un disturbatore della quiete,
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