Leggi gratis un estratto - Cronache dei Campi Elisi
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a giorno dal pesante lampadario che scende dal soffitto, tanto<br />
bianco da far male agli occhi.<br />
Un solo battito di palpebre e torno al vero androne:<br />
dignitoso, con qualche traccia di umidità, illuminato da <strong>un</strong><br />
neon freddo e asettico. Tanto per cambiare l’ascensore non<br />
f<strong>un</strong>ziona, si potrebbe direttamente inchiodare sopra le sue ante<br />
metalliche il cartello «Fuori servizio.»<br />
Con <strong>un</strong> sospiro rassegnato salgo le scale, maledicendo<br />
ancora <strong>un</strong>a volta gli scalini troppi bassi. Mentre le rampe si<br />
susseguono <strong>un</strong>a dopo l’altra, intervallate da pianerottoli piccoli<br />
e angusti, faccio <strong>un</strong> inventario mentale di quello che c’era<br />
stamattina nel frigorifero: domani è il giorno dedicato alla<br />
spesa, spero che sia rimasto qualcosa di commestibile.<br />
Ridivento cosciente dell’ambiente che mi circonda quando<br />
le gambe mi depositano davanti all’ultima porta del<br />
pianerottolo più alto: il piano degli studenti. Il proprietario vive<br />
al primo piano, in <strong>un</strong> piccolo appartamento tanto ingombro di<br />
mobili tarlati e tappeti polverosi da rendere pressoché<br />
impossibili gli spostamenti al suo interno. Ricordo ancora<br />
quando, due anni fa, mi ha spiegato la sua teoria sugli studenti<br />
<strong>un</strong>iversitari: «Voi siete giovani e pieni d’energia», diceva<br />
gesticolando con ardore, «trascorrete il giorno all’<strong>un</strong>iversità o<br />
in biblioteca, cenate in fretta e quando capita passate le serate<br />
o a studiare o a bere e divertirvi nei locali dello Stillberg. Alla<br />
fine, quindi, non vi serve molto: appartamenti dignitosi,<br />
illuminati bene, con pochi mobili. Come quello che offro a lei e<br />
ai suoi tre amici, giovanotto. All’ultimo piano, naturalmente...<br />
Così male che vada darete fastidio soltanto a chi abita sotto di<br />
voi con il vostro baccano, mi capisce?», concludeva<br />
ammiccando con quella testa rugosa che tanto mi ricordava <strong>un</strong>a<br />
testuggine.<br />
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