Nel mio principio è la mia fine - Il Dialogo
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30/12/07<br />
Informatio<br />
Addio o vetusti conventi, o monasteri gloriosi ...addio, chiese<br />
venerande… addio cori benedetti… addio, celle solitarie…: da<br />
conventi diventerete carceri o caserme! da chiese… magazzini o stalle.<br />
Anno 1885: il secondo colera nell'Italia<br />
unita<br />
L'anno 1885, rimase memorando perché visitati di nuovo dal<br />
vecchio f<strong>la</strong>gello: il colera. L'anno avanti i francesi l'avevano contratto<br />
nel Tonchino e portato a Tolone. Da lì facilmente penetrò in Piemonte,<br />
e dal Piemonte lentamente propagossi in tutta l'Italia. Deso<strong>la</strong>ta ne fu<br />
partico<strong>la</strong>rmente <strong>la</strong> città di Napoli dove il contagio <strong>la</strong>sciò 6971 morti.<br />
Tutto il regno se ne commosse; e il Re stesso, Umberto I, andò a<br />
visitare <strong>la</strong> povera Napoli. Per quell'anno Palermo, a furia di minacce<br />
e precauzioni, rimase incolume; ma nel mese di agosto 1885 fu<br />
importato dal piroscafo, il Solunto, proveniente da Marsiglia; a bordo<br />
del quale erasi avuto un caso di colera non denunziato. Al solito, ai<br />
primi casi, <strong>la</strong> pubblica opinione fu incredu<strong>la</strong>: chi credeva chi non<br />
credeva; e <strong>la</strong> stampa stessa cittadina, forse ad infondere coraggio, si<br />
faceva eco di quell’incredulità.<br />
Ma le epidemie sono come le rivoluzioni: quando si possono<br />
limitare non si conoscono; quando poi si conoscono, non si posson più<br />
limitare.<br />
Silenziosamente il colera s'era già esteso gettando il popolo nel<strong>la</strong><br />
più grande costernazione. <strong>Il</strong> Municipio, le autorità cittadine, le<br />
commissioni di sanità fecero sforzi, usarono tutti i mezzi a fermare il<br />
contagio. Ma il contagio fatalmente ascendeva. <strong>Il</strong> giorno 16 settembre<br />
i morti erano stati 21; il giorno appresso salirono a 71; il giorno<br />
diciotto a 163; il diciannove a 189; e fu il culmine. Dal giorno<br />
appresso il colera cominciò a decrescere. Palermo allora era<br />
irriconoscibile.<br />
<strong>Nel</strong> settembre scriveva il Giornale di Sicilia: «È deso<strong>la</strong>nte l'aspetto<br />
del<strong>la</strong> città. Molti negozi si sono chiusi e scarsa <strong>è</strong> <strong>la</strong> gente che va per le<br />
vie. Chi ne può fare a meno non esce di casa. Sono fuggiti più che 30<br />
mi<strong>la</strong> individui molti dei quali appartengono anche alle c<strong>la</strong>ssi basse<br />
del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione. La sera non si vede alcuno per le vie; tutto <strong>è</strong><br />
silenzio e deso<strong>la</strong>zione. Solo da lungi odesi l'allerta dei popo<strong>la</strong>ni che<br />
fanno <strong>la</strong> guardia contro il colera e il passo cadenzato del<strong>la</strong> forza<br />
pubblica in perlustrazione.<br />
E veramente i popo<strong>la</strong>ni stavano all'erta perché in nessun altra<br />
epide<strong>mia</strong> il pregiudizio che il colera fosse veleno propinato a bel<strong>la</strong><br />
posta s'era tanto accreditato e difeso quanto nel 1885; fino al punto da<br />
spingere il popolo a far <strong>la</strong> guardia di notte. D'altra parte, come l'anno<br />
avanti tutto il regno s’era commosso al<strong>la</strong> sventura di Napoli, così tutto<br />
il regno si commosse al<strong>la</strong> sventura di Palermo e, a cominciare dal<br />
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