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nuove vie di comunicazione da loro costruite. Ciò<br />

spiega in buona parte come dall’antichissimo etnico<br />

Liguri, precedente non solo l’invasione romana,<br />

ma anche le migrazioni celtiche, possa esser<br />

poi nato il nome di Liguria, che nel III secolo<br />

venne addirittura attribuito a tutta la Padania<br />

occidentale, Emilia compresa, andando a sostituire<br />

quelli precedenti di Transpadana e Gallia<br />

Cisalpina e rimanendo ancora perfettamante vitale<br />

nel VII secolo.<br />

L’arrivo dei Longobardi segna un momento di<br />

forte rottura col passato, con l’inizio di una diffusa<br />

presenza armata, anche nei territori montani<br />

della Liguria marittima e la nascita di ducati,<br />

che di fatto daranno inizio al feudalesimo e allo<br />

stravolgimento delle originarie comunità locali.<br />

Nell’opera di controllo di queste aree, i Longobardi<br />

si avvalsero con successo della collaborazione<br />

dei monaci benedettini: il monastero di<br />

Bobbio fondata nel 614 su terreno donato dal re<br />

longobardo Agilulfo, fu arricchito di territori nell’entroterra<br />

e lungo la costa, sui quali esercitava<br />

in pratica un diritto feudale e questo nel corso<br />

dell’VIII secolo, mentre sempre più cresceva l’influenza<br />

di nuove fondazioni monastiche come<br />

Brugnato e Borgo S. Dalmazzo, di modo che, in<br />

un modo o nell’altro, tutta la regione compresa<br />

tra le Alpi marittime e l’Appennino tosco-emiliano,<br />

risultasse sotto controllo. <strong>La</strong> perdita dell’antica<br />

identità passava poi, attraverso la cristianizzazione<br />

forzata e la repressione degli antichi culti<br />

pre-romani: esplicativo di ciò e importante testimonianza<br />

è la lapide esistente nella chiesa di<br />

San Giorgio di Filattiera in Lunigiana; tra le varie<br />

benemerenze di un personaggio longobardo,<br />

ivi sepolto nell’VIII secolo, si dice anche che: “Idola<br />

fregit”, cioè che spezzò gli idoli. Non è quindi<br />

un caso, se nella vicina Pieve di Sorano, siano state<br />

rinvenute nel corso di lavori di ristrutturazione,<br />

tre statue-stele dell’Eneolitico-Bronzo, intenzionalmente<br />

spezzate, secondo l’attuazione pratica<br />

di certi concilii episcopali che, ancora nel Medioevo,<br />

prescrivevano di spezzare gli idoli pagani e<br />

costruirvi sopra le chiese cristiane (come fece S.<br />

Benedetto a Cassino). Come se non bastasse, già<br />

negli editti longobardi di Rotari e di Liutprando<br />

compaiono leggi che puniscono spietatamente la<br />

sedizione della gente di campagna e di ogni tentativo<br />

di organizzazione popolare inteso a resistere<br />

al potere signorile. Le popolazioni indigene<br />

(definite “Rustiche”) sono paragonate al bestiame<br />

e accusate di mantenere in vita culti chiaramente<br />

pagani o barbarici, che nulla hanno a che<br />

fare col cristianesimo. Da ciò la tendenza dei si-<br />

gnori a considerare il “Rustico” come un essere<br />

inferiore, immorale, dedito a culti e a pratiche<br />

immonde, al punto che le leggi longobarde del<br />

secolo VIII minacciano pene severissime contro<br />

coloro che nelle campagne e nelle foreste, pratichino<br />

culti sacrileghi e paganeggianti.<br />

Da quanto esposto traspare chiaramente come,<br />

perlomeno fino ad allora, al di fuori delle città e<br />

di alcuni centri posti sulle principali vie di comunicazione,<br />

la diffusione del cristianesimo fosse<br />

in Padania alquanto limitata e addirittura esistessero<br />

ancora gli antichi culti preromani, probabili<br />

indici del mantenimento di un’identità che<br />

traeva le sue origini nella remota cultura Neolitico-Megalitica,<br />

vecchia già allora, di quasi cinquemila<br />

anni. Ne sono ulteriore conferma, le continue<br />

e sistematiche Missioni, organizzate dalla<br />

Chiesa di Roma, che si avvalevano degli elementi<br />

più colti e preparati, in parte provanienti ancora<br />

dall’Oriente, in parte forniti, in misura sempre<br />

crescente dai monasteri.<br />

Non ci è dato di sapere se mai vi fu resistenza<br />

armata in quel periodo, allo strapotere dei signori<br />

longobardi e del clero monacale, di certo si può<br />

dire che l’affermarsi del “Partito cattolico” tra i<br />

Longobardi, portatori di una cultura “Principesca”,<br />

tipicamente orientale e indoeuropea, favorì<br />

il connubbio sopraddetto, stringendo in una morsa<br />

asfissiante gli ultimi bagliori dell’originaria<br />

cultura ligure, tribale e comunitaria. In realtà la<br />

rivoluzione in atto risultò più culturale che strutturale:<br />

i Longobardi erano troppo pochi e troppo<br />

poco restarono per incidere realmente sulle etnie<br />

esistenti, in particolare sugli abitanti della Liguria<br />

attuale, che meno degli altri subirono la<br />

loro dominazione e che alla loro venuta trovarono,<br />

come da sempre, rifugio sui monti.<br />

Altrove la situazione era assai diversa e, soprattutto<br />

nell’arco alpino occidentale, pur essendo<br />

zona di confine coi Franchi, non fu, almeno nel<br />

corso del VII secolo, interessato da operazioni di<br />

guerra, il che permise il mantenimento dell’antica<br />

identità. Le cose cominciarono a cambiare nel<br />

corso dell’VIII secolo, allorché la pressione dei<br />

nobili franchi, appoggiati come già sull’opposto<br />

versante da monaci e vescovi, si fece sentire soprattutto<br />

in Savoia, dove la tradizione ci narra di<br />

scontri con Saraceni e pagani. Tralasciando per<br />

un attimo, tutte le considerazioni del caso, sul<br />

fatto che troviamo Saraceni sulle Alpi nordoccidentali,<br />

cent’anni prima del loro possibile sbarco<br />

a Frassineto, vicino all’attuale Saint-Tropez (cosa<br />

che peraltro Henriet fa egregiamente nel già citato<br />

testo) voglio soffermarmi invece sul termine<br />

32<br />

34 - Quaderni Padani Anno III, N. 9 - Gennaio-Febbraio 1997

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