Scarica PDF - La Libera Compagnia Padana
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e affiancarsi di regole e di soggetti istituzionali<br />
delegati a scoprire o creare il diritto. Anche con<br />
l’Impero la giurisprudenza non perde il proprio<br />
peso di fronte ai tentativi di codificazione ripetutamente<br />
attuati. Le stesse leggi provenienti dal<br />
gradino più alto della struttura statuale romana<br />
sono il frutto di un intreccio fra sentenze, leggi<br />
vere e proprie, editti particolari, consulti del Senato.<br />
Probabilmente questa struttura giuridica<br />
favorì il disgregarsi dell’Impero ma permise anche<br />
che il passaggio non fosse troppo brusco,<br />
come dimostra la stessa vicenda della divisione<br />
fra Occidente ed Oriente. Oggi, al contrario, predomina<br />
ancora una visione formalistica, totalizzante<br />
e monistica del diritto all’interno degli Stati<br />
nazionali (anche di quelli che praticano la forma<br />
della democrazia parlamentare). In particolare<br />
nella Repubblica italiana tutto sembra poter<br />
rendere più difficoltosa la strada autonomista.<br />
In nome dell’art.5 della Costituzione (“<strong>La</strong><br />
Repubblica, una e indivisibile...”) lo Stato Italiano<br />
viene concepito come un’entità metafisica<br />
indissolubile. Tutta la vita del cittadino viene<br />
comunque disciplinata dal Parlamento, dal Governo,<br />
dalla burocrazia centrale, dalla Ragioneria<br />
dello Stato, dalla Tesoreria unica, dall’economia<br />
diretta dallo Stato, dalle banche di Stato,<br />
dagli spettacoli e dall’informazione di Stato...<br />
ALBERTONI - Lei dice bene. C’è senz’altro un conservatorismo<br />
dei giuristi che è il vero elemento<br />
di blocco e di paralisi. Le rivoluzioni non sono<br />
state mai cominciate dai giuristi. C’è stata in loro,<br />
anzi, sempre una forma di reazione a qualsiasi<br />
mutamento, simboleggiata, ad esempio, dalla ricorrente<br />
e mitologica concezione della renovatio<br />
imperii, cioè dalla affermazione di una norma<br />
eterna. Secondo me a questo atteggiamento ha<br />
giovato molto anche la Chiesa cattolica, che, avendo<br />
posto il problema del diritto canonico, assunto<br />
come propria, separata e distinta, legge, ha eliminato<br />
la tipica commistione fra potere politico<br />
e religioso caratterizzante l’epoca romana. Da<br />
Teodosio I, il Grande, (347-395 d.C.) con il riconoscimento<br />
del cristianesimo come unica e sola<br />
religione di Stato ed il divieto di praticare gli antichi<br />
culti (392 d.C. - Editto di Costantinopoli)<br />
inizia la progressiva e crescente separazione fra<br />
le due giurisdizioni (quella civile e quella canonica)<br />
grazie al riconoscimento dell’autonomia<br />
(ma anche della supremazia) della Chiesa, e ciò<br />
inevitabilmente comporta la perdita di flessibilità<br />
e plasmabilità da parte del diritto civile e pubblico<br />
che era stata la caratteristica propria del<br />
diritto romano. Il fattore consuetudinario era<br />
infatti lo strumento necessario per adattare la<br />
giurisdizione alle esigenze della società. <strong>La</strong> norma<br />
codificata si afferma, invece, come struttura<br />
solenne, tecnica, formale spesso capziosa ed occultamente<br />
marchiata dalla ideologia non dalla<br />
prassi. <strong>La</strong> totalizzante e dogmatica normativa<br />
canonica si affianca a quella statualistico-imperiale<br />
e ovunque si riduce lo spazio della società<br />
vivente.<br />
Oggi il problema è ancora quello di sciogliere i<br />
pesanti lacci giuridici che impediscono l’adattamento<br />
delle leggi alle spinte sociali e territoriali.<br />
Senza arrivare a forme di radicalismo consuetudinario<br />
e societario mi pare giusto sottolineare<br />
l’importanza delle autonomie sociali e culturali,<br />
di quelle funzionali e della sperimentazione empirica<br />
nel processo di formazione delle regole.<br />
Questa è un’operazione difficile da attuare, perché<br />
comporta un cambio di mentalità al quale<br />
non siamo stati preparati negli ultimi due secoli<br />
e, tanto meno, negli ultimi decenni. Bisogna, allora,<br />
incominciare a far capire a tutti che ci siamo<br />
incamminati su un percorso di lungo periodo,<br />
indispensabile per dare senso e soluzione ai<br />
profondi mutamenti sociali e politici che inevitabilmente<br />
dobbiamo affrontare. <strong>Libera</strong>lizzare la<br />
società è sotto questo aspetto un processo essenziale,<br />
un processo che esige uomini liberi e volontà<br />
determinate e votate alla liberazione. Qui<br />
però ci scontriamo con il conservatorismo giuridico,<br />
politico, burocratico ed economico. Si tratta<br />
di una posizione assai diffusa e con risultati<br />
paralizzanti, almeno nel breve periodo. Possiamo<br />
cercare di individuare talune precise categorie<br />
di oppositori del cambiamento.<br />
Abbiamo gli unitaristi ad oltranza, come, ad<br />
esempio, l’ex ministro on. Filippo Mancuso, di<br />
stampo hegeliano e germanico-normativista. Costoro,<br />
però, non ci devono spaventare perché affrontano<br />
il problema sotto un profilo irrealistico<br />
e che non tiene affatto in conto i processi storici<br />
e socio-politici attuali; essi insomma sono già stati<br />
sconfitti direttamente dalla storia e dallo sviluppo<br />
socio-culturale ed economico. Poi ci sono, più<br />
nascosti, i ricentralizzatori (uno dei principali<br />
esponenti è l’attuale ministro Franco Bassanini),<br />
i quali teorizzano la delega sempre più ampia al<br />
governo per operare cartacee riforme federaliste<br />
dietro cui celano in realtà processi di conferimento<br />
di forti poteri al centro. Il risultato è, quindi,<br />
molto insidioso. Si tratta di una vera e propria<br />
“controriforma” idelogica e centralista rivolta a<br />
consolidare il fatiscente Stato che ci comanda<br />
Anno III, N. 9 - Gennaio-Febbraio 1997 Quaderni Padani -<br />
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