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VENEZIA REPUBBLICA - APRILE 1797”.<br />

Vorrei aggiungere, in chiusura, anche come<br />

spunto per ulteriori riflessioni, qualche altra considerazione<br />

sulle “Pasque” e sul loro epilogo a<br />

livello locale. Ancora il 25 aprile, quando si costituisce<br />

la “Municipalità democratica”, la città<br />

di Verona era piena di soldati regolari, di milizie<br />

territoriali venete, di villici accorsi dalle campagne<br />

e di popolani veronesi armati. Si trattava di<br />

gente ancora disposta a combattere e che, scelta<br />

un’altra soluzione, bisognava rastrellare per tutta<br />

la città e disarmare senza dare luogo ad altri<br />

disordini.<br />

Le nuove autorità veronesi, in maggioranza di<br />

estrazione borghese e, quindi, molto propense a<br />

considerare i beni materiali più dei principì e degli<br />

ideali, si trovarono alle prese con il difficile<br />

compito di disarmare un popolo di cui non avevano<br />

il controllo, e lo fecero, a quanto pare, pressati<br />

più dal timore di torbidi a sfondo sociale, che<br />

avrebbero certamente colpito beni e interessi delle<br />

classi abbienti, che per necessità di consegnare<br />

ai Francesi una città inerme, come richiedevano<br />

i termini della capitolazione.<br />

Anche i Francesi, infatti, avevano avvertito la<br />

gravità della situazione e il pericolo costituito dai<br />

“villici” armati, tanto che inserirono nella bozza<br />

della capitolazione proposta dal generale Kilmaine<br />

e firmata dal genera le Balland e dai Provveditori<br />

veneti fino dal 24 aprile una clausola in base<br />

alla quale “... tutti i pezzi di cannone ... della città<br />

saranno inchiodati subito dai veneziani, affinché<br />

i villici non possano servirsene dal momento<br />

presente infino a quello in cui ne prenderanno<br />

possesso i Francesi ...”. A quanto pare esisteva,<br />

effettivamente, il pericolo che i montanari<br />

della Lessinia o i popolani di San Zeno, per citare<br />

due gruppi particolarmente distintisi per ardore<br />

combattivo e per attaccamento a Venezia,<br />

non accettassero la capitolazione, interpretandola<br />

come un tradimento a danno di Venezia. Il popolino<br />

era insorto, come sappiamo, al grido di “Viva<br />

San Marco” e “morte ai Francesi” e i villici venuti<br />

da fuori si erano mossi a sostegno della Repubblica<br />

e della Religione e non certo per particolare<br />

simpatia verso la città o verso il ceto dominante<br />

cittadino. (Ricordo che pochi giorni<br />

dopo, a Venezia, quando si spargerà tra il popolo<br />

la notizia che il Maggior Consiglio ha votato la<br />

propria decadenza e la fine della Repubblica, la<br />

folla inferocita, al grido di “Viva San Marco, viva<br />

la Repubblica”, devasterà case e botteghe di patrizi<br />

e di borghesi noti per le loro simpatie verso<br />

la rivoluzione.).<br />

Anticipando la scelta fatta dai Borboni di Napoli<br />

qualche tempo dopo, si sarebbe potuto ancora<br />

lasciare scatenare i “lazzari” contro i Francesi<br />

in un estremo tentativo di resistenza, ma la<br />

cosa poteva essere molto pericolosa: sia nel caso<br />

di vittoria che nel caso di sconfitta, e la Municipalità<br />

preferì accettare anche i Francesi e i loro<br />

principì piuttosto che mettere a repentaglio le<br />

loro vite e i loro averi ... Così mandarono il generale<br />

Maffei dai capi delle varie bande, per tentare<br />

di convincerli a cedere le armi e a ritornarsene a<br />

casa propria, cosa che non fu facile né, penso,<br />

gradevole, per il valoroso generale veronese. In<br />

questo modo i Francesi ebbero ai loro piedi la<br />

città inerme, la Municipalità borghese conservò<br />

una parvenza di potere e il popolo se ne tornò a<br />

casa ...<br />

<strong>La</strong> Treccani che parla, molto succintamente,<br />

di “lotta sostenuta solo dalle classi popolari, a<br />

volte anche in contrasto con le autorità ...” dimostra<br />

su questo punto di aver capito l’essenza<br />

popolare e, sotto sotto, antiborghese delle “Pasque”.<br />

È mia profonda convinzione che i fatti e le conseguenze<br />

delle “Pasque”, uniti a quasi vent’anni<br />

di dominazione francese, abbiano influito in<br />

modo determinante sugli avvenimenti successivi<br />

e sul comportamento dei Veronesi nella prima<br />

metà dell’ottocento, che fu, sostanzialmente, un<br />

rifiuto popolare del movimento risorgimentale.<br />

Quando, poi, nel 1814 ritornerà e si consoliderà<br />

il dominio austriaco, i Veronesi accoglieranno,<br />

infatti, con entusiasmo un nuovo assetto politico<br />

e gli resteranno fedeli, nella grande maggioranza,<br />

fino alla cessione del Veneto al Regno<br />

d’Italia: fu, anche questa, una “liberazione” decisa<br />

da altri.<br />

Bibliografia<br />

A.A.V.V: “Le insorgenze antifrancesi in Italia nel<br />

triennio giacobino 1796-1799”; Roma,1992.<br />

Bertolini G.B.: “Narrazione storica del<br />

1797”; Ms. Biblioteca Civica di Verona<br />

Cipolla C.: “Compendio della storia politica di<br />

Verona”; Mantova, 1976<br />

“Dizionario del Risorgimento Italiano”; Vallardi,<br />

Milano,1931<br />

Lumbroso G.: “Rivoluzioni popolari contro i<br />

Francesi”; Firenze,1932<br />

Pindemonte I.: “Lettera politica sulle vicende del<br />

1796”; Verona,1880<br />

Sanfermo R.: “Lettera scritta nel Castello di S.<br />

Felice di Verona ...”; Padova,1797<br />

Zorzi A.: “<strong>La</strong> Repubblica del Leone”; Milano,1979<br />

Anno III, N. 9 - Gennaio-Febbraio 1997 Quaderni Padani - 41

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