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ne ebbe dal<strong>la</strong> sua l’alleanza – suggel<strong>la</strong>ta da una serie di matrimoni – di<br />
Gelone di Siracusa: presso Himera, nel 480 a. C., gli eserciti riuniti di<br />
Terone e Gelone, riportarono contro i Punici una memorabile vittoria <strong>la</strong><br />
cui eco risonò <strong>per</strong> molto tempo nel<strong>la</strong> storiografia greca che non esitò a<br />
considerar<strong>la</strong> pari a quel<strong>la</strong> riportata nello stesso anno e – come si disse –<br />
nello stesso giorno, contro i Persiani a Sa<strong>la</strong>mina.<br />
Caduta <strong>la</strong> tirannide Emmenide, nel 472 a. C. ca., ad Akragas si instaurò<br />
un regime democratico e <strong>la</strong> città entrò definitivamente nell’orbita<br />
degli interessi politici ed economici di Siracusa. Solo nell’ultimo decennio<br />
del V sec. a. C., l’ennesimo contrasto fra Selinunte e Segesta portò ancora,<br />
sul suolo siciliano, un forte esercito cartaginese guidato da Annibale.<br />
Come è noto, le principali poleis siceliote vennero prese e distrutte<br />
dai Cartaginesi: Selinunte ed Himera nel 409 a. C., Akragas, Ge<strong>la</strong> e<br />
Kamarina tra il 406 e il 405 a. C. L’avanzata dell’esercito cartaginese si<br />
arrestò alle porte di Siracusa e il trattato stipu<strong>la</strong>to al<strong>la</strong> fine del 405 a. C.,<br />
tra i Cartaginesi e Dionisio I - divenuto nel frattempo strategòs autokràtor<br />
di Siracusa – previde, fra le altre condizioni, che Akragas entrasse a far<br />
parte dei possedimenti cartaginesi. Dal<strong>la</strong> rovina del 406 a. C. Akragas,<br />
almeno come potenza di ordine politico e militare, non risorse mai più<br />
compiutamente.<br />
Nel<strong>la</strong> seconda metà del IV sec. a. C., grazie all’o<strong>per</strong>a militare e politica<br />
di Timoleonte, <strong>la</strong> città fu massicciamente ripopo<strong>la</strong>ta con nuovi coloni<br />
venuti dal<strong>la</strong> lucana Elea; a questo momento, con tutta probabilità, è da<br />
attribuire il rinnovamento edilizio dell’abitato, quale si è potuto riconoscerlo<br />
negli scavi del cosiddetto “Quartiere ellenistico-romano” presso S.<br />
Nico<strong>la</strong> e nel settore ovest del<strong>la</strong> Collina dei Templi. Stretta geograficamente<br />
tra le due “potenze” che si erano intanto divisa <strong>la</strong> Sicilia, Siracusa<br />
e Cartagine, al<strong>la</strong> nuova Agrigento non restò altra scelta che tenersi,<br />
tranne qualche breve <strong>per</strong>iodo, dal<strong>la</strong> parte di quest’ultima nel difficile gioco<br />
militare e politico che si giocherà nell’Iso<strong>la</strong> fino al<strong>la</strong> fine del III sec. a.<br />
C., quando, con <strong>la</strong> seconda guerra punica, i Romani allontaneranno definitivamente<br />
i Cartaginesi dal<strong>la</strong> Sicilia.<br />
Dopo <strong>la</strong> con<strong>qui</strong>sta da parte di Roma, <strong>la</strong> Sicilia greca decadde dalle attività<br />
spirituali e artistiche e scomparve come entità politica a sé stante;<br />
<strong>la</strong> ritrovata pace, tuttavia, consentì una grande ripresa economica i cui<br />
vantaggi andarono, più che altro, a favore dei vincitori. Anche Agrigento,<br />
c<strong>la</strong>ssificata come “civitas decumana”, finì <strong>per</strong> godere di un certo benessere,<br />
grazie ad un’intensa produzione agrico<strong>la</strong> (frumento, orzo, olio, vino,<br />
frutta), ai rinnovati commerci (l’Emporio akragantino ricordato da<br />
Strabone e Tolomeo), ai prodotti tessili e allo zolfo.<br />
In età im<strong>per</strong>iale <strong>la</strong> città, unica sopravvissuta – insieme con Lilibeo –<br />
su una costa meridionale pressoché deserta, godette ancora, soprattutto<br />
nel II e nel III sec., di una certa opulenza; <strong>la</strong> decadenza, progressiva ed<br />
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