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strature cittadine e soppresse le gabelle e le collette imposte dai Chiaramonte.<br />
Nel 1398 il par<strong>la</strong>mento, convocato a Siracusa <strong>per</strong> avviare il pacifico<br />
riassetto del Regno, confermò l’inalienabilità, da parte del<strong>la</strong> corona,<br />
delle città demaniali - fra le quali era Agrigento - e stabilì il ritorno ad<br />
una normale fiscalità. In questo <strong>per</strong>iodo, le vicende politiche di Girgenti<br />
sono connesse con le vicende del suo vescovato: dal 1401 <strong>la</strong> cattedra<br />
vescovile agrigentina venne riservata, come fonte di lucroso vantaggio,<br />
ad esponenti del clero cata<strong>la</strong>no.<br />
Le o<strong>per</strong>azioni militari e le carestie avevano, frattanto, determinato<br />
l’abbandono del<strong>la</strong> città da parte di molti cittadini quando, tra il 1410 e il<br />
1450, subentrò <strong>la</strong> crisi dell’attività portuale dovuta al proliferare di nuovi<br />
caricatori (Siciliana e Montechiaro) che fecero <strong>per</strong>dere al<strong>la</strong> città il monopolio<br />
dell’esportazione del frumento proveniente dall’entroterra.<br />
Il XVI sec. si apre, ad Agrigento, con due rivolte: <strong>la</strong> prima si ebbe nel<strong>la</strong><br />
primavera del 1516, subito dopo i moti palermitani che avevano portato<br />
al<strong>la</strong> fuga dei Moncada. Furono soppresse le gabelle, scacciati gli “ottimati”<br />
e istituito un governo popo<strong>la</strong>re che <strong>per</strong>mise violenze e saccheggi<br />
gratuiti. La seconda rivolta si ebbe nell’estate del 1517: <strong>la</strong> fazione popo<strong>la</strong>re<br />
agrigentina, istigata dal<strong>la</strong> nobile famiglia dei Naselli, costrinse al<strong>la</strong><br />
fuga molti nobili, alleati dei Moncada, dando alle fiamme diversi dei loro<br />
pa<strong>la</strong>zzi. Quando i disordini cessarono, <strong>la</strong> città rimase stremata, con <strong>la</strong><br />
popo<strong>la</strong>zione in calo e un’architettura signorile degradata.<br />
La crisi economica, demografica ed urbanistica del<strong>la</strong> città durò fino al<strong>la</strong><br />
fine del ‘600; le gravi difficoltà in cui si dibattevano, in tutta <strong>la</strong> Sicilia, i<br />
ceti più disagiati, determinarono, nel maggio 1647, in coincidenza con<br />
una disastrosa carestia, una vera esplosione di moti popo<strong>la</strong>ri che, non<br />
avendo fra loro alcun coordinamento, non ottennero nessun risultato; a<br />
Girgenti il popolo si diede a veri e propri atti vandalici: furono incendiati<br />
gli archivi e a<strong>per</strong>te le carceri; fu imposta ai proprietari l’a<strong>per</strong>tura dei magazzini<br />
di frumento; <strong>la</strong> fol<strong>la</strong> assalì <strong>la</strong> sede vescovile, ne saccheggiò i<br />
magazzini e sequestrò un’ingente somma di denaro al vescovo Traina,<br />
colpevole di aver mercanteggiato a lungo il prezzo del grano. Mentre gli<br />
altri centri siciliani erano ormai tornati all’ordine, a Girgenti <strong>la</strong> gestione<br />
popo<strong>la</strong>re del potere durò fino all’agosto del 1648 quando il marchese<br />
Monta<strong>per</strong>to, incaricato di mettere fine all’anarchia, riuscì a catturare e<br />
giustiziare diciassette dei ventiquattro magistrati popo<strong>la</strong>ri. A giudizio delle<br />
massime autorità, Girgenti non costituiva più un gioiello inalienabile<br />
del<strong>la</strong> Corona e dunque <strong>la</strong> città fu messa all’asta <strong>per</strong> essere infeudata:<br />
l’ac<strong>qui</strong>stò, nel 1648, il vescovo Traina il quale dispose che essa sarebbe<br />
tornata libera e demaniale al<strong>la</strong> sua morte (1651).<br />
Nei primi decenni del XVIII sec., <strong>la</strong> Sicilia divenne teatro di o<strong>per</strong>azioni<br />
militari fra i Sabaudi di Vittorio Amedeo, tito<strong>la</strong>re del regno, e l’esercito<br />
spagnolo che mirava a ricon<strong>qui</strong>star<strong>la</strong>. Ad Agrigento, l’incapacità delle<br />
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