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Qualità e professione Toscana Medica 6/10<br />

La depressione<br />

come malattia cronica<br />

e il medico di famiglia<br />

Corlito defi nisce la depressione come un<br />

continuum di situazioni psicopatologiche<br />

che pone da un lato le depressioni reattive<br />

e dall’altro<br />

le depressioni<br />

endogene, descrive perfettamente<br />

lo scenario<br />

che si prospetta di fronte<br />

al medico di medicina generale.<br />

Lo spettro di situazioni<br />

che si incontra<br />

nel setting della medicina generale è infatti estremamente<br />

vasto e sfumato: sono moltissimi i casi di<br />

grande disagio esistenziale diffi cilmente inquadrabile<br />

in una vera diagnosi di depressione. D’altra parte<br />

sono anche molti i pazienti in cui il disturbo psichico<br />

è strettamente associato ad una malattia “organica”.<br />

Dati recenti dimostrano che la causa che<br />

più frequentemente determina la prescrizione di un<br />

antidepressivo è proprio la presenza di patologie internistiche<br />

come patologie cardiovascolari croniche<br />

o neoplasie. Pertanto è comprensibile quanto possa<br />

essere diffi coltosa la diagnosi e la gestione dei disturbi<br />

psichici nella medicina generale.<br />

Il problema della sottodiagnosi della depressione<br />

in questo tipo di setting è infatti un problema complesso.<br />

Le classifi cazioni nosografi che più conosciute,<br />

se valide per il setting specialistico, trovano diffi cile<br />

applicazione nel contesto della medicina generale.<br />

Il medico di medicina generale è quindi in qualche<br />

modo privo di criteri diagnostici di riferimento oltre<br />

che, spesso, di una formazione specifi ca. È probabile<br />

che questi motivi, accanto al marketing aggressivo<br />

degli ultimi anni ed al cambiamento profondo degli<br />

orientamenti psichiatrici, siano la causa principale<br />

dell’uso massiccio che è stato fatto degli antidepressivi<br />

nella medicina generale: in <strong>It</strong>alia il consumo di<br />

antidepressivi dal 1998 al 2001 è aumentato del 60%<br />

e la Toscana è risultata nel Rapporto Osmed del 2008<br />

la regione con il più alto consumo di antidepressivi<br />

nel territorio. Riguardo l’appropriatezza di questo<br />

tipo di prescrizioni, nello studio sopracitato è emerso<br />

che ben il 54.4% dei pazienti trattati con antidepressivi<br />

nella medicina generale riceve il trattamento<br />

per indicazioni non francamente psichiatriche. È ben<br />

noto inoltre che, come per molte altre terapie farmacologiche<br />

croniche, anche gli antidepressivi vengono<br />

con una certa frequenza assunti per tempi insuffi -<br />

cienti e, spesso, in dosi insuffi cienti.<br />

Quindi se da un lato è vero che a molti pazienti<br />

non vengono diagnosticati e adeguatamente trattati<br />

i disturbi psichici di cui sono affetti, dall’altro molte<br />

prescrizioni per trattamenti con antidepressivi non<br />

40<br />

rispettano i criteri di appropriatezza richiesti. Ancora<br />

una volta va però rimarcato che tutti i termini di riferimento<br />

per l’appropriatezza (diagnosi, durata della<br />

terapia, dose del farmaco)<br />

sono derivati da una va-<br />

ALESSANDRO BUSSOTTI*,<br />

sta letteratura prodotta<br />

VALENTINA ZANOBINI**<br />

in ambiente specialistico<br />

su pazienti con le caratteristiche<br />

molto particolari<br />

tipiche dei trial clinici.<br />

Sappiamo bene che la casistica<br />

di un medico di medicina generale è ben diversa<br />

da queste casistiche ed è quindi molto dubbia<br />

la trasferibilità nella pratica non specialistica dei risultati<br />

di questi studi. Zimmerman M. e coll (2002)<br />

scrivono che su 346 pazienti seguiti in un ambulatorio<br />

psichiatrico per depressione non più del 15% rientrava<br />

nei criteri di inclusione previsti nella maggior<br />

parte dei RCT pubblicati sull’argomento: oltre l’85%<br />

dei pazienti del servizio sarebbe stato escluso. Uno<br />

dei principali motivi di esclusione era la scarsa gravità<br />

del quadro: questo rende i risultati di questi studi<br />

ancora più lontani dalla realtà della medicina generale.<br />

Appare dunque evidente che nell’ambito della<br />

medicina generale ci sia una sorta di svuotamento di<br />

signifi cato della parola depressione, che viene spesso<br />

utilizzata come riferimento diagnostico anche per le<br />

situazioni di vita che, seppur dolorose, sono parafi -<br />

siologiche e che non richiedendo l’intervento specialistico<br />

tanto meno dovrebbero richiedere un trattamento<br />

farmacologico. Il medico di medicina generale<br />

potrebbe proprio in queste situazioni avere un ruolo<br />

chiave nella diagnosi precoce nonché differenziale e,<br />

seguendo le linee guida prodotte dal NICE, occuparsi<br />

di quei casi defi niti lievi o di recente insorgenza<br />

per i quali non si prevede l’intervento dello psicoterapeuta.<br />

Del resto già Balint in “Six minutes for the<br />

doctors” aveva elaborato forme di psicoterapia breve<br />

applicabili al setting della medicina generale.<br />

Attualmente però, se si eccettuano casi di medici<br />

con particolare interesse e con formazione specifi -<br />

ca sull’argomento (e questo non è raro, a conferma<br />

dell’importanza del disturbo psichico nella pratica<br />

della medicina generale), è improbabile che il medico<br />

di medicina generale possa fornire un servizio<br />

psicoterapico ai propri assistiti. Il Chronic Care Model,<br />

considerando quindi il disturbo depressivo alla<br />

stregua di ogni altra malattia cronica (ne ha infatti<br />

tutte le caratteristiche), offre molti elementi di risoluzione:<br />

si può infatti pensare ad una sorta di rielaborazione<br />

dell’idea di Balint per approfondire l’analisi<br />

dei casi sospetti e stabilire l’iter terapeutico con<br />

* Medico di medicina generale Asl 10 <strong>Firenze</strong>, Agenzia<br />

Continuità Assistenziale, AOU Careggi<br />

** Medico generale, <strong>Firenze</strong>

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