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20 <strong>Panorama</strong><br />

Cinema e dintorni<br />

Con Il grande sogno, Michele Placido rivive in parte in chiave autobiog<br />

L’ex poliziotto dietro la macchin<br />

di Gianfranco Sodomaco<br />

Ed eccoci arrivati, come promesso,<br />

presentato alla Mostra<br />

di Venezia, a Il grande sogno,<br />

di Michele Placido, cioè, sostanzialmente,<br />

al ‘68, al modo con cui l’attore/regista<br />

ha vissuto, dal di dentro,<br />

autobiografi camente, quella stagione<br />

storico/politica/sentimentale, ecc. Sì<br />

perché, allora, Placido era per davvero,<br />

dal ‘67, un ventunenne poliziotto<br />

presso la caserma Castro Pretorio di<br />

Roma che “sognava” di essere ammesso<br />

all’Accademia d’Arte Drammatica.<br />

Sentiamolo subito: “Senza i<br />

fermenti di quegli anni io, che non<br />

avevo una vera formazione politica,<br />

non avrei avuto il coraggio di affrontare<br />

l’esame all’Accademia, il coraggio<br />

di credere che il fi glio di un geometra<br />

di paese potesse confrontarsi<br />

con i giovani borghesi che allora<br />

erano i soli a frequentarla. Nel fi lm<br />

racconto la mia ‘conversione’ da poliziotto<br />

che manganella gli universitari<br />

a persona che capisce la protesta<br />

e passa dall’altra parte della barricata.<br />

Senza quei fatti oggi io sarei un<br />

maresciallo in pensione... Questo è il<br />

mio fi lm più personale, ci pensavo da<br />

almeno sette anni. Stavamo scrivendo<br />

la sceneggiatura con Angelo Pasquini<br />

quando uscì la notizia di Bertolucci<br />

e di The dreamers (‘I sognatori’,<br />

il fi lm del grande regista italiano<br />

sul ‘maggio francese’ - n.d.r.) e ci<br />

siamo fermati... Io, ragazzo del sud, a<br />

Roma conobbi una ragazza borghese<br />

e mi innamorai (nel fi lm è interpretata<br />

da Jasmine Trinca). E appartiene<br />

alla mia storia il personaggio dell’insegnante<br />

di recitazione alla quale<br />

devo moltissimo (nel fi lm è Laura<br />

Morante)...”.<br />

L’attore Michele Placido è diventato,<br />

negli anni, una presenza costante<br />

e signifi cativa della scena teatrale<br />

e cinematografi ca italiana. Personalità<br />

complessa, piena di interessi e di<br />

esperienze, ad un certo punto (accade<br />

sempre più spesso) ha voluto mettersi<br />

dietro la macchina da presa e allora<br />

dal punto di vista della regia fi lmica<br />

ricorderemo: “Pummarò” (1990),<br />

Pugno alzato e polemiche per Michele Placido, regista de “Il grande sogno”<br />

“Le amiche del cuore” (1992), “Un<br />

eroe borghese” (1995), “Del perduto<br />

amore” (1998), “Un viaggio<br />

chiamato amore” (2002), “Ovunque<br />

sei” (2004), “Romanzo criminale”<br />

(2005).<br />

Un cinema, il suo, sempre discutibile<br />

per l’inevitabile utilizzo che fa<br />

degli elementi “spettacolari”, di un<br />

mestiere fi n troppo assimilato, con<br />

inevitabili “cadute” (“Ovunque sei”,<br />

fi schiato clamorosamente a Venezia<br />

2004) ma contrassegnato anche da<br />

opere più che dignitose, soprattutto<br />

quelle di impegno e denuncia sociale<br />

come “Un eroe borghese”, sulla<br />

fi gura di Giorgio Ambrosoli, curatore<br />

del fallimento Sindona e fatto<br />

uccidere dal banchiere mafi oso nel<br />

1979, e “Romanzo criminale”, tratto<br />

dal romanzo omonimo di Giancarlo<br />

De Cataldo, sulla famosa banda<br />

della Magliana che imperversò nella<br />

Roma tra i Sessanta e gli Ottanta, con<br />

infi ltrazioni anche politiche mai del<br />

tutto chiarite.<br />

Un cinema discutibile, dicevo,<br />

ma sempre attento ai cambiamenti<br />

della società italiana: si potrebbe<br />

dire senza timori di smentita, sempre<br />

in peggio. Ecco perché già il 31<br />

agosto abbiamo parlato di un altro<br />

fi lm presentato a Venezia fuori concorso,<br />

un documentario prodotto<br />

(non a caso) con capitale straniero<br />

e fi rmato da Erik Gandini, giovane<br />

neoregista emigrato in Svezia (non<br />

a caso?) e che si intitola Videocracy,<br />

insoma il potere del video, della televisione,<br />

peggio, di quella italiana,<br />

peggio, di quella ormai controllata<br />

al 90% dal signor Berlusconi. Miodio,<br />

se penso a come si è ridotta questa<br />

nazione, questo Stato, nel giro di<br />

quarant’anni, a come “il grande sogno”<br />

sia svanito, ma anche “tradito”,<br />

male interpretato, ecc. ecc..., viene<br />

da piangere! (E, non a caso, Natalia<br />

Aspesi su “la Repubblica” del 5<br />

settembre, si è domandata: “perché,<br />

a Venezia, ai bei fi lm si preferiscono<br />

quelli, magari sgangherati, che mostrano<br />

la nostra banalità, la banalità<br />

di un paese che sta perdendo la coscienza<br />

di quanto di pericoloso gli<br />

stia accadendo?”)<br />

Ma torniamo al fi lm di Placido.<br />

Sicuramente un’operazione complessa,<br />

sofferta, tale il desiderio del regista<br />

di non cadere nell’autobiografi -<br />

smo intimista e un po’ decadente e di<br />

costruire una cornice storica soprattutto<br />

non banale, non semplicemente<br />

agiografi ca, delle rivolte studentesche<br />

di quegli anni. Sentiamo ancora<br />

lo stesso Placido, e prima ancora<br />

il suo produttore Marco Valsecchi:<br />

”Nel primo montaggio Michele entrava<br />

troppo in una parte ideologica,<br />

soprattutto relativa all’America, che<br />

strideva, si addentrava in un percorso<br />

che non è il suo. Il fi lm è la storia di<br />

tre personaggi che grazie alla contestazione<br />

hanno cambiato il loro desti-

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