Il cercatore di funghi nel mondo - Gustolocale
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Le pietanze <strong>di</strong>menticate a cura <strong>di</strong> Luciano Rizzi<br />
DOLCI TRADIZIONALI CADUTI IN DISUSO<br />
Chi si ricorda dei Bigarani? Chi ha mai assaggiato Pandoli, Forti, Rufioi, Monchi e Sugoli?<br />
Sono sicuro che se si domanda ad un vicentino cosa sono i Bigarani,<br />
nessuno, o molto pochi, sanno rispondere. Eppure un tempo era un<br />
biscotto assai noto ed usato, perché era considerato scaramantico.<br />
Infatti, veniva benedetto e <strong>di</strong>stribuito con l’augurio che tenesse sano<br />
l’apparato della deglutizione, accompagnato dalla seguente<br />
giaculatoria: “Magna pian, con devossion, che san Biasio te tegna san<br />
e ch’el te salva el canal de la minestra”.<br />
Si ringrazia la<br />
Pasticceria<br />
Dolci Pensieri <strong>di</strong> Schio<br />
per la foto<br />
dei Rufioi e dei Pandoli<br />
Come detto, sono dei biscotti e si preparano impastando acqua,<br />
farina bianca e lievito, si lavora questo impasto aggiungendovi uova,<br />
zucchero, burro fuso e sale.<br />
Quando è <strong>di</strong>ventato bello morbido, si fanno dei bastoncini, delle<br />
ciambelline, delle esse o altre forme a piacere. Si infornano per 15-<br />
20 minuti, si lasciano raffreddare, si spen<strong>nel</strong>lano con bianco d’uovo<br />
sbattuto affinché <strong>di</strong>vengano luci<strong>di</strong> e si rimettono in forno perchè si<br />
biscottino. Più noti sono invece quei biscotti simili che, penso,<br />
qualche pasticceria <strong>di</strong> Schio confezioni ancora e che sono noti col<br />
nome <strong>di</strong> Pandoli.<br />
Se a Vicenza c’erano i Bigarani e a Schio i Pandoli, a Bassano c’erano<br />
invece i Forti, una specie <strong>di</strong> panpepato che, ritengo, si trovi ancora in<br />
commercio <strong>nel</strong>la città del Grappa, così come ritengo si possano<br />
ancora trovare i cosìdetti Rufioi. Sono dei biscotti a forma <strong>di</strong><br />
fagottino, in pasta sfoglia con all’interno mostarda o marmellata per<br />
accontentare sia chi preferisce il piccante oppure il dolce.<br />
Completamente abbandonata e sconosciuta ai più, è invece una<br />
ricetta probabilmente <strong>di</strong> origine cimbra e quin<strong>di</strong>, un tempo, molto<br />
usata <strong>nel</strong>l’alto delle nostre valli per fare una specie <strong>di</strong> gnocchetti,<br />
chiamati Monchi.<br />
Si procedeva facendo bollire del latte intero <strong>nel</strong> quale si versava della<br />
farina gialla macinata grossa, si cucinava come una comune polenta<br />
per circa 40 minuti, incorporandovi del burro, dello zucchero, uvetta,<br />
pinoli e sale quanto basta. Della polentina così preparata si<br />
formavano degli gnocchi, servendosi <strong>di</strong> due cucchiai, si <strong>di</strong>sponevano<br />
in un piatto unto <strong>di</strong> burro e si spolveravano con zucchero e can<strong>nel</strong>la.<br />
Abbandonata, forse per ragioni estetiche, in quanto si presentava con<br />
un colore paonazzo non invitante, è la confezione <strong>di</strong> un altro dolce<br />
tra<strong>di</strong>zionale: i Sugoli.<br />
Era un dolce che veniva fatto quando si folava (pigiava) l’uva perché<br />
il componente fondamentale era proprio il mosto, notoriamente molto<br />
dolce. <strong>Il</strong> mosto doveva essere <strong>di</strong> vino rosso (non so se si sia mai<br />
provato a farlo con mosto <strong>di</strong> vino bianco, forse sarebbe il caso <strong>di</strong><br />
tentare per superare l’impatto cromatico). Si faceva bollire il mosto,<br />
vi si lasciava cadere a pioggia farina bianca e zucchero e si lasciava<br />
bollire per 7-8 minuti dopo <strong>di</strong> che si versava in piatti fon<strong>di</strong> e si<br />
mangiava accompagnato da biscotti secchi.