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Download del file - Gruppo Archeologico Salernitano

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Statua di patrizio<br />

(il cosiddetto “Patrizio Barberini”)<br />

che tiene in mano i busti dei suoi<br />

antenati (I secolo a.C.).<br />

Nella Roma repubblicana ogni cittadino, tra<br />

quelli che per la loro posizione nella comunità<br />

potevano aspirarvi, era geloso <strong>del</strong> suo diritto di<br />

seguire il cursus honorum, la carriera <strong>del</strong>le cariche<br />

pubbliche che poteva portarlo fino a quella<br />

più elevata e di maggior prestigio, il consolato.<br />

Lungi dal comportare vantaggi di carattere economico,<br />

l’accesso alle magistrature, almeno in<br />

teoria, rappresentava un onore, ma anche un<br />

onere notevole. La consuetudine, soprattutto<br />

nella tarda Repubblica, imponeva a colui che<br />

era stato eletto di offrire ai concittadini spettacoli<br />

circensi, o d’altro genere, quando non addirittura<br />

la costruzione a proprie spese di edifici<br />

pubblici a vantaggio <strong>del</strong>la città. Molti si impegnavano<br />

in attività simili ancora prima di essere<br />

eletti o di presentare la propria candidatura, allo<br />

scopo di guadagnarsi la benevolenza degli elettori,<br />

tanto forte era il desiderio di raggiungere il<br />

prestigio connesso con le magistrature. A questo<br />

proposito si deve ricordare che Cicerone fece<br />

approvare una legge che introdusse, per coloro<br />

che intendevano presentare la propria candidatura<br />

a qualche funzione statale, il divieto di allestire<br />

giochi circensi nei due anni precedenti la<br />

tornata elettorale. Era un tentativo, <strong>del</strong> resto<br />

facilmente aggirabile, di ridurre l’effetto <strong>del</strong>la<br />

disparità economica fra i concorrenti nella competizione<br />

politica.<br />

SALTERNUM<br />

- 30 -<br />

È importante notare che, sia pure con il<br />

secondo fine di acquisire presso i concittadini<br />

dei meriti da sfruttare in un momento successivo<br />

a scopi politici, la sollecitudine e l’impegno<br />

dei Romani nell’abbellire la città con la costruzione<br />

di edifici, portici, basiliche ed altro erano<br />

molto vivi e ciò accadeva non solo a Roma, ma<br />

anche nelle altre località <strong>del</strong>l’Impero di una<br />

certa importanza. Abbiamo molteplici esempi di<br />

restauri di edifici, o di costruzioni ex novo,<br />

finanziate, nel corso degli anni, da personaggi<br />

<strong>del</strong>le varie città soggette a Roma anche se appartenenti<br />

a ceti di non grande rilievo. Se così non<br />

fosse stato non si vedrebbero tante imponenti<br />

rovine ancora presenti ovunque siano arrivate le<br />

aquile romane.<br />

Come si vede, l’esborso di denaro per candidarsi<br />

alle più alte cariche <strong>del</strong>lo stato era particolarmente<br />

oneroso. Infatti, se osserviamo i nomi<br />

dei consoli che si sono succeduti nel periodo<br />

repubblicano, fino alla fine <strong>del</strong> II sec. a.C, vediamo<br />

che appartengono quasi tutti ad un numero<br />

ristretto di gentes, una quindicina. Il seguito di<br />

popolarità e di clientele era conseguenza <strong>del</strong><br />

potere economico <strong>del</strong>la famiglia cui apparteneva<br />

l’aspirante magistrato.<br />

L’impegno richiesto dalle funzioni pubbliche<br />

era gravoso. Marco Terenzio Varrone, reatino,<br />

(116-27 a.C.), personaggio eminente per erudizione,<br />

nella sua opera De Lingua Latina (6.46)<br />

scrive testualmente: curare a cura dictum. Cura<br />

quod cor urat. (Curare si dice da cura. Cura perché<br />

brucia il cuore). Da questo stesso etimo fa<br />

derivare anche Curia. È noto che le etimologie<br />

varroniane sono piuttosto bizzarre e fantasiose e<br />

perciò il più <strong>del</strong>le volte non possono essere<br />

prese per buone, nondimeno la spiegazione fornita<br />

dallo studioso latino, pure se errata, è idonea<br />

a darci un’idea <strong>del</strong>l’impegno, anche emotivo,<br />

che i cives mettevano nello svolgimento dei<br />

compiti connessi con l’attività di magistrato e<br />

con le responsabilità che ne derivavano e quali<br />

preoccupazioni avessero di ben figurare di fronte<br />

ai concittadini. Lo stesso concetto, con le stesse<br />

parole, è ripetuto, più di due secoli dopo, da<br />

Sesto Pompeo Festo, che evidentemente segue<br />

Varrone e ne ritiene valida la spiegazione, nel<br />

suo lavoro De Verborum Significatu. Non posso-

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