Download del file - Gruppo Archeologico Salernitano
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medio-imperiale: essi sono stati riutilizzati come<br />
materiale di riempimento e attestano l’esistenza<br />
di una fase pittorica precedente a quella <strong>del</strong> rifacimento<br />
degli inizi <strong>del</strong> II sec. d.C.<br />
Fig. 11 - Ambiente G.<br />
Fig. 12 -Zoccolo <strong>del</strong>l’ambiente C.<br />
Fig. 13 - In questo dettaglio si evidenziano i numeri di stati preparatori<br />
degli intonaci che rispondono ai canoni scritti da Vitruvio.<br />
Gli stati di intonaco sono 5; fra il primo ed il secondo si evidenzia una<br />
infiltrazione argillosa.<br />
L’ultimo strato (intonachino), di soli 0,2 - 0,5 mm è poco visibile ed è lo<br />
strato su cui si ancora la pellicola pittorica.<br />
SALTERNUM<br />
- 44 -<br />
2. Zoccolature.<br />
In tutta l’area di scavo i resti <strong>del</strong>le pareti conservano<br />
una parte, più o meno ampia, <strong>del</strong> rivestimento<br />
dipinto. Si tratta <strong>del</strong>la parte bassa <strong>del</strong>la<br />
decorazione, a contatto col pavimento. Essa si<br />
presenta in due varianti: come vasta campitura<br />
monocroma oppure come imitazione di crustae<br />
marmoree, variamente ripartite da bande di<br />
separazione.<br />
L’osservazione di queste porzioni di pittura<br />
ha permesso di trarre diverse indicazioni utili:<br />
l’ordine di stesura, il numero e la composizione<br />
degli strati preparatori ed il rapporto tra la pavimentazione<br />
e la decorazione parietale; infine ha<br />
permesso di verificare l’applicazione di una<br />
norma raccomandata da Vitruvio (VII, 4) per<br />
preservare l’intonaco dalle infiltrazioni di umidità:<br />
infatti nei vani C, E e G il primo strato aderente<br />
alla muratura è costituito da cocciopesto<br />
spesso 1,5-2 cm, che, nella sua impermeabilità,<br />
assolve alla funzione ricordata da Vitruvio (Figg.<br />
11-12-13).<br />
3. Strati di crollo.<br />
Diversi ambienti <strong>del</strong>l’edificio hanno restituito<br />
interi strati di crollo <strong>del</strong>le pitture parietali, talora<br />
ancora in posizione di caduta, talora manomessi<br />
durante le fasi di frequentazioni successive<br />
all’abbandono <strong>del</strong>la domus. Semplificando, possiamo<br />
distinguere diverse categorie, che tuttavia<br />
presentano un elemento in comune: l’assenza (o<br />
la minima presenza) dei materiali <strong>del</strong> crollo<br />
<strong>del</strong>le coperture e dei muri (laterizi, tegole,<br />
coppi, chiodi <strong>del</strong>le travature, ecc…).<br />
Questo fenomeno è dovuto, probabilmente,<br />
alla massiccia operazione di spoglio <strong>del</strong>le strutture<br />
avvenuta nelle fasi successive all’abbandono<br />
<strong>del</strong>la domus, al fine di recuperare materiali<br />
riutilizzabili (Figg. 14-15-16).<br />
Un primo tipo di crollo si può definire “pluristratificato”:<br />
si tratta di un accumulo d’intonaco<br />
dipinto disposto su diversi strati sovrapposti fino<br />
all’altezza massima di 60-70 cm. Gli esempi più<br />
consistenti sono stati rinvenuti nell’ala Q e nell’atrio<br />
B, ma presentano alcune differenze: l’ala<br />
Q ha restituito il crollo <strong>del</strong>la decorazione di tre<br />
pareti, variamente mescolato, ma sostanzialmente<br />
in posizione di caduta, se si esclude l’azione