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Dipinto ottocentesco riferito a un episodio verificatosi in senato nel<br />

279 a.C., che vide l’anziano Appio Claudio, ormai cieco, esortare i<br />

senatori a respingere le offerte di pace <strong>del</strong> re epirota Pirro.<br />

le soldato. Tutti i cittadini erano divisi in tribù<br />

che dalle tre originarie (Ramnes, Titii, Luceri)<br />

erano salite nel corso degli anni a trentacinque<br />

di cui quattro urbanae e trentuno rusticae. In<br />

questa veste partecipavano ai Comitia Tributa<br />

per eleggere i magistrati minori (edili, questori,<br />

tribuni militari) ma anche per votare le leggi<br />

proposte dai tribuni (una magistratura che deriva<br />

il proprio nome da tribus). Accanto e al di<br />

sopra di questi esistevano i Comitia centuriata,<br />

di chiara derivazione militare che erano l’assemblea<br />

più importante <strong>del</strong>lo stato romano e che<br />

Cicerone definisce comitiatus maximus.<br />

Quando dovevano riunirsi, la convocazione era<br />

bandita nel Foro, ma le operazioni di voto avvenivano<br />

al di fuori <strong>del</strong> Pomerium. Appare qui<br />

evidente l’origine militare <strong>del</strong>l’istituzione, perché<br />

l’accesso all’interno <strong>del</strong> pomerio (il sacro perimetro<br />

cittadino) era interdetto ai militari in attività<br />

di servizio. Inoltre, in quella circostanza<br />

doveva esporsi sulla rocca <strong>del</strong> Campidoglio il<br />

signum,cioè la bandiera di colore rosso indicante<br />

che le legioni erano in armi. Le centurie furono<br />

stabilite in numero di centonovantatre, di cui<br />

le prime diciotto erano di equites: queste comprendevano<br />

coloro che appartenevano al vecchio<br />

patriziato che nell’esercito militavano col<br />

cavallo fornito dallo stato, equites equo publico,<br />

integrati da plebei che disponessero di un censo<br />

almeno quattro volte superiore a quello occorrente<br />

per essere iscritti nella categoria dei combattenti<br />

a piedi, pedites. Le altre centurie comprendevano<br />

i rimanenti cittadini, suddivisi in<br />

cinque classi patrimoniali che arrivavano fino ai<br />

capite censi, cioè ai liberi privi di patrimonio<br />

censiti solo come individui. Naturalmente le<br />

varie fasi <strong>del</strong>la cerimonia erano accompagnate<br />

SALTERNUM<br />

- 34 -<br />

da riti religiosi che i Romani osservavano scrupolosamente.<br />

Il cerimoniale era anche certamente<br />

differente in base ai motivi di convocazione<br />

dei comitia, se di carattere legislativo,<br />

elettorale o giudiziario. La mentalità spiccatamente<br />

razionale dei Romani li portava a cogliere<br />

quelle differenze, anche sottili, che ad altri<br />

sarebbero sembrate irrilevanti.<br />

La tradizione vuole che i Comitia centuriata<br />

siano stati introdotti nella struttura statale di<br />

Roma da Servio Tullio intorno alla metà <strong>del</strong> VI<br />

secolo a.C. Ciò è possibile, ma naturalmente<br />

non certo. Cicerone, Livio e Dionigi di<br />

Alicarnasso narrano che quel re, quando creò le<br />

centurie, stabilì anche l’ordine in cui dovevano<br />

esprimere il loro voto allorché erano consultate.<br />

Le assemblee di cittadini, e per i Comitia centuriata<br />

e per i Comitia tributa, non potevano<br />

mai convocarsi autonomamente né si riunivano<br />

a date fisse, ma solo quando erano chiamate a<br />

<strong>del</strong>iberare, con un sì o con un no, su un preciso<br />

quesito che doveva essere posto da un magistrato<br />

giuridicamente abilitato a proporlo. Il tutto<br />

era regolato da norme di legge aventi un’origine<br />

sacra che erano intese ad evitare qualsiasi forma<br />

di abuso. Al cittadino non era consentito di decidere<br />

l’argomento su cui <strong>del</strong>iberare; egli poteva<br />

solo accettare o respingere la proposta <strong>del</strong> magistrato<br />

al quale la legge attribuiva la competenza<br />

sulla materia da esaminare.<br />

In ogni caso si votava per tribù o per centurie,<br />

iniziando da quelle che comprendevano le<br />

classi più abbienti per scendere via via a quelle<br />

più povere. Le operazioni di voto s’interrompevano<br />

allorché si era raggiunta la maggioranza<br />

<strong>del</strong>le tribù o <strong>del</strong>le centurie in un senso o in<br />

quello opposto. Cicerone, nella Pro Flacco,<br />

difende il sistema romano di votazione, rilevando<br />

la decadenza <strong>del</strong>la Grecia, che aveva pure<br />

avuto un passato glorioso, causata a suo giudizio,<br />

da «… un solo vizio: la libertà illimitata e la<br />

licenza <strong>del</strong>le sue assemblee. Uomini incompetenti<br />

in tutto, rozzi ed ignoranti, si adunavano nel<br />

teatro, decidevano inutili guerre, assegnavano il<br />

governo a uomini faziosi ed esiliavano i cittadini<br />

che avevano servito al meglio la patria».<br />

È chiaro che in questo sistema il censo aveva<br />

un’importanza fondamentale, perciò ogni cin

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