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A Huda jama riemerge l’orrore U na fossa comune, con quel che resta degli scheletri di diverse centinaia di persone. Questo il caso che ha riaperto il dolente discorso delle uccisioni di massa compiute quasi sicuramente dai partigiani di Tito. I resti sono stati trovati nel pozzo Barbara di una miniera nei pressi della cittadina slovena di Laško, vicino a Celje. I primi sopralluoghi fanno ritenere che le uccisioni siano avvenute con il gas, in quanto gli scheletri non presentano ferite d’arma da fuoco. La scoperta, ha spiegato Marko Strovs, funzionario del governo sloveno e uno dei responsabili incaricati dell’esumazione, è frutto di ricerche iniziate l’estate scorsa. “La parte fi nale della grotta chiamata Huda jama, alla fi ne di un cunicolo lungo 800 metri, era sigillata da un muro di cemento che abbiamo dovuto abbattere’’. Dietro c’erano i cadaveri. Strovs ha ricordato che fi n dal 945 giravano voci che nella grotta ci fosse una fossa comune. Il procuratore generale della Slovenia, Barbara Brezigar, una delle prime persone a entrare nella fossa, ha detto ai giornalisti che “è stata una delle cose più terrifi canti e scioccanti” che abbia mai visto. 2 Panor <strong>Panorama</strong> oram ama
di Mario Simonovich Li vediamo già da qualche giorno, sia in fotografi a che nelle immagini in movimento. Basta aprire un giornale e miseri resti di uomini ci balzano agli occhi, per trasmetterci, immoti, con la sola presenza, l’orrore. Un orrore di cui, da vivi, sicuramente mai avrebbero potuto immaginare di potersi un giorno fare veicolo, neppure inconscio. Allo stesso modo basta prestare anche una distratta attenzione a un notiziario televisivo e, dopo qualche minuto eccoti sullo schermo uomini in camice bianco e stivali che portano capaci borsoni il cui contenuto è facilmente intuibile, anche perché ripresenta, con poche varianti, immagini venute negli anni scorsi ripetutamente e spesso senza preavviso nei nostri soggiorni, da aree relativamente vicine, interno del paese compreso, a testimoniare una barbarie che rende alfi ne gli uomini eguali, almeno nel nefando intendimento di sterminare i loro simili. Le immagini vengono stavolta dalla Slovenia, il luogo si trova non lontano da Krško e si chiama Huda jama, nome certamente non beneaugurale. Poi si entra nei meccanismi dell’informazione quotidiana, nelle modalità in cui viene intesa ad esempio dalla Tv nazionale croata e, sicuramente con poche o nessuna differenza, anche dalle altre. Una delle tante trasmissioni sul tema è andata in onda allo scadere della prima decade del mese, diretta da una delle conduttrici d’assalto, una che, per intenderci, già da quindici anni a questa parte non ha dubbi sul fatto che si debba innanzitutto tifare per il proprio paese, quale che sia la sua posizione oggettiva nelle contese con altri. Così è stato anche stavolta. Posto che lo spettatore non di necessità è sempre informato sugli ultimi sviluppi del tema dato, era lecito sperare che gli venissero forniti i dovuti ragguagli. Nulla di tutto questo. Dopo una scheletrica introduzione, la navigata redattrice ha preferito andare sul sicuro, mandando subito in onda il fi l- In primo piano Come vengono trattate le informazioni sulle vittime di Huda jama Più che l’orrore poté la speculazione mato sulla vita compiuta al sito dalla vicepremier, accompagnata dal ministro degli Interni. Dunque nessun impegno per un’opera pià approfondita. Era molto più importante dare spazio ai “propri” politici e riportare i loro discorsi che magari potrebbero sembrare di una certa profondità, se non ci fossero altri elementi a indicare trattarsi di parole al vento o poco più. Che cosa ha detto la vicepremier? Che il governo è intenzionato a fare piena luce sulle vittime e che i colpevoli vanno puniti, senza pietà. Sul primo elemento non c’è veramente niente di nuovo. Ogni governo che si rispetti ha fra i propri compiti prioritari quello di promuovere e garantire la giustizia, e di perseguire coloro che la minacciano. In quanto alla punizione, una domanda inevitabile: quanto in alto arriverà? Un rapido calcolo: se si suppone che i presunti colpevoli nel ‘45 avevano l’età minima di vent’anni, oggi ne dovrebbero avere 84. Si sa che nell’esercito partigiano le promozioni fi occavano, ma comunque c’è da chiedersi: un militare che ha solo vent’anni, quanto può trovarsi in alto nella gerarchia? Sicuramente non tanto da poter essere collocato fra i mandanti. La dichiarazione pertanto, restando nel linguaggio militare, è nient’altro che un colpo a salve. Inoltre, muovendosi con abilità, la balda conduttrice è riuscita a mettere al muro uno dei due interlocutori sloveni che parlavano dallo studio della Tv lubianese, costringendolo ad ammettere che il presidente Turk aveva sbagliato defi nendo la questione come secondaria. Era stata, questa, un’uscita di cui la giornalista rampante ha voluto rilevare subito l’inaccettabilità. Un’uscita che però, in questo senso, si discostava assai poco da quella, sopra citata, della vicepremier, che la giornalista si è ben guardata dal commentare in negativo, seppur sicuramente ben cosciente della sua assurdità. Una posizione che nel suo piccolo dimostra che oggi il senso di giustizia nel mondo è assente come lo era ieri e prima. ● Costume e scostume Fatta la biopsia ci pensa il malato Effettuata una biopsia al rene, un’anziana zaratina ha dovuto provvedere da sola affi nché il campione prelevato raggiungesse a Zagabria il laboratorio per essere sottoposto ad analisi. E bisognava anche concludere presto tutta l’opera: al massimo nell’arco delle sei ore successive, aveva detto il medico curante ai trasecolati parenti. I quali, obbedienti, si sono affrettati a consegnare la speciale bottiglia refrigerante al conducente di un autobus di linea. A Zagabria era ad attendere un altro parente che ha prelevato il contenitore e l’ha portato di volata al laboratorio ospedaliero. Nulla d’insolito anche se la famiglia della donna non sapeva che questa a Zara è prassi che va avanti ormai da sette anni. Mancando infatti un microscopio elettronico il cui prezzo è molto alto, l’ospedale locale ha escogitato questo sistema che ha comunque il vantaggio di evitare al malato di farsi un viaggio a Zagabria solo per sottoporsi alla biopsia. In compenso spetta a lui l’obbligo di occuparsi a tutti gli effetti dell’invio del materiale prelevato, ed anche di accollarsi le inevitabili spese di spedizione. Cosciente dell’importanza insita in un rapido inoltro, il giorno previsto per l’esame tutto il team sanitario impegnato si presenta al lavoro in anticipo, ha spiegato ai giornalisti il medico. E se il prezioso contenuto andasse perduto? Finora non è mai successo, ha detto con orgoglio il dottore, a illustrare un caso che illustra emblematicamente e con grande trasparenza lo stato in cui si trova la nostra sanità. <strong>Panorama</strong> 3
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