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Luglio <strong>2007</strong> Alpes 17 Parlare, oggi, non è facile: intendo dire conversare cercando di essere capiti. Il colloquio è divenuto una corsa contro il tempo e l’impazienza dell’interlocutore. Che ti interrompe, ti precede, ti interpreta, frustrando il tuo sforzo della ricerca espressiva coerente col significato del tuo pensiero: così spesso ti rassegni a non essere compreso, lasciando al tuo interlocutore la soddisfazione di aver capito solo il suo pregresso, ciò che già conosceva e lo convinceva. Con ciò mortificando il dialogo, il colloquio, la comunicazione. Così aumenta l’egoismo e purtroppo spesso l’intelligenza ottusa. Del resto, che il tempo dovuto e la pazienza necessaria non siano più una virtù accettata è palesemente dimostrato dai telegiornali nei quali ogni considerazione di “significato” viene interrotta normalmente sul momento più pregnante della spiegazione, perché, si dice, il tempo è tiranno, bisogna lasciare spazio alla velina di turno in coda al programma: così si alza l’audience senza percepire che cresce, senza remissione, la vacuità. Alla fine credo, fra gli altri, ad un perché evidente: la volgarizzazione del sapere ha reso l’individuo cieco e impermeabile alla condivisione, al dialogo che è sempre fertile di conoscenza, gli ha dato il con- Della parola vincimento folle di essere onniscente su tutto ciò che di suo interesse immediato. Il resto, gli altri ... solo ubbie. Ci sono parole magiche. Tra queste: Punto, Retta, Cerchio, Piano, Limite, Universo, Infinito ... E poi Tempo, Forza, Eternità ... Provate a darne una definizione compiuta esclusivamente razionale, che prescinda dal “postulato” o dall’intuizione: non è possibile. Ognuna “fa rima” con Dio. Ognuna fa pensare e da lì guardare con maggiore fiducia. Se infatti i concetti espressi dai termini sopra elencati (naturalmente ve ne sono molti altri) li accettiamo per fatto di intuizione, non per processo razionale, e se da essi deduciamo teoremi che si dimostrano verità e se questo è il metodo di approccio a gran parte della ricerca scientifica (sulla quale abbiamo costruito la nostra “sapienza di civiltà”, quella che ci ha portato sulla luna), non si capisce perché lo stesso metodo della “intuizione fiduciosa” non dovremmo accettare nei confronti di ciò che tutti questi misteri di verità comprende, cioè Dio. Erra comunque il pensiero “positivo” razional illuminato che solo alla grande forza della deduzione logica affida la capacità (la presunzione) di tutto comprendere: infatti esso, in continua evoluzione (quando non in contraddizione), non può ritenersi perfetto; senza contare che spesso è fuorviato da motivi meno nobili che il ragionar filosofico. Ciò che teorizza non è necessariamente contraddittorio con la religiosità (che non è l’equivalente di religione), né con l’arte o con l’intuizione, che superano i confini del positivismo ... E così dubitando. Per capire l’altrui argomentare ci vuole “benevolenza”. Chi dubita è comunque meno rigido, per usare un eufemismo, di chiunque si senta depositario di certezze. Mi piace sperare che abbia valore il contributo di ciascuno, non nascondendomi, peraltro, la necessità di arrivare ad una sintesi che, almeno, dia pace. So di valutazioni analoghe, anche se motivate ovviamente con argomenti di carattere dottrinario di peso e significato ben più determinanti, negli scritti di Papa Ratzinger e nel mondo di un certo pensiero filosofico, che sempre più spesso affronta il tema della possibile coesistenza (convergenza?) tra Ragione e Fede. Ciò che viene autorevolmente proposto è chiamato “oltre la ragione”: è un approccio che sono tentato di accettare, ma mi ci vuole ancora tempo e saggezza. Chissà se me ne sarà dato a sufficienza. L’Andrinal