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Racconti con colonna sonora - Sardegna Cultura

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L’Ufficio è al se<strong>con</strong>do piano. È il cuore della villa:<br />

lì, si paga il <strong>con</strong>to, e i clienti depositano i valori. C’è<br />

un certo via vai, nell’ufficio, sul principio della sera,<br />

e alle prime ore del mattino. Nell’ufficio staziona il<br />

Cassiere, costretto al turno <strong>con</strong>tinuato e al lavoro notturno:<br />

il suo sogno è trovare posto in un’impresa edile,<br />

come <strong>con</strong>tabile. Solitamente, nell’Ufficio c’è un<br />

poliziotto privato, di guardia. Al momento, però, il<br />

privato è a piano terra, accovacciato, e spera che quel<br />

pazzo che spara dal giardino decida di venire avanti.<br />

Caino si muove come a un gioco di bambini, le Belle<br />

Statuine, mentre apre la porta dell’Ufficio, per il<br />

mitra del Gobbo. Il Cassiere sviene, quando vede il<br />

mitra che spunta dalla porta, e entra, seguito da un<br />

mostro giallo coi denti rossi – un Satana colorato male,<br />

sulla faccia del Gobbo. Il denaro, nella cassa a muro,<br />

aperta. Arraffano, e filano. La finestra del bagno, a<br />

piano terra. Il muro di cinta. Mentre salta, Caino spara<br />

un colpo. Subito, i passi di Mosè, che scappa verso<br />

il cancello. Il privato corre fuori, fra i giocatori immobili,<br />

proprio mentre una granata scoppia sulla destra,<br />

e fa volare due auto ben parcheggiate. Fuoco. Una<br />

bomba cecoslovacca piomba fra i tavoli: un gran botto,<br />

molto fuoco, gente che scappa colla giacca in fiamme.<br />

Il privato si tuffa a terra, colle mani sulla testa. È<br />

arrivata la guerra.<br />

Cespuglio ha fatto un buon lavoro, dal muro di cinta,<br />

colle bombe.<br />

È andata. Il Gobbo strattona la simca per quattro<br />

chilometri folli, di stradine di campagna. Fino a un<br />

casolare, sul bordo di una vigna. Odore di muffa, e di<br />

marcio. Divisione rapida. Trenta a Mosè. Quindici a<br />

Caino, Gobbo e Cespuglio. Altri cinque a Caino, per<br />

le armi che ha pagato, e che ora si riporta via, colla<br />

simca rubata. La getta nello stagno, quasi subito.<br />

Esce dall’acqua coi piedi bagnati. Raccoglie una bicicletta.<br />

Sembra un operaio nottambulo, <strong>con</strong> quella<br />

borsa appesa sul manubrio. O un <strong>con</strong>tadino che si è<br />

svegliato molto presto. La casa dei Cavoli, nella Ciudad.<br />

Ora, c’è puzza di piscio di gatto. “Ti ho riportato<br />

le armi. Me le paghi la metà di quello che le ho pagate.<br />

Detraggo dalla tua quota.” Da bambino non sapeva<br />

sparare, né <strong>con</strong>tare.<br />

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