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Racconti con colonna sonora - Sardegna Cultura

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pagavo da bere. – Ha mai lavorato, lei? – Sempre, gli<br />

pagavo da bere.”<br />

A domanda ha risposto: “La sera che l’hanno ucciso<br />

io ero <strong>con</strong> signor Ciccio, la vittima. Di andare a coricare<br />

da lui, mi aveva detto. Io ero senza casa. Poi stavamo<br />

andando, eravamo nella strada e Raffaele ci ha<br />

raggiunto. Da lontano, l’avevamo visto. E signor Ciccio,<br />

la vittima, come che l’ha visto – quello, se ha pistola,<br />

mi ammazza – così, ha detto.”<br />

A domanda ha risposto: “Nell’osteria del cieco di<br />

Seui ci eravamo trovati, e avevo comprato una bottiglia<br />

di vino. Per signor Ciccio, la vittima.”<br />

A domanda ha risposto: “A casa di signor Ciccio, la<br />

vittima, stavamo andando. Ci ha raggiunto Raffaele.<br />

Appena mi ha visto ha chiesto chi ero. Era già furioso.<br />

Forse si era capito. – Amico mio, è – gli ha risposto<br />

signor Ciccio, la vittima. Lui, mi ha difeso. Allora<br />

Raffaele forse si è creduto che ero io che volevo andare<br />

a coricare a casa di signor Ciccio, la vittima. – Se<br />

mi togli di casa, ti uccido – Così, ha detto.”<br />

A domanda ha risposto: “Scappato.”<br />

A domanda ha risposto: “Come che li ho visti non<br />

si stavano proprio picchiando. A parole, stavano bisticciando.<br />

Nel mentre che ero fuggendo, – toglimi le<br />

mani di dosso – gli era dicendo signor Ciccio, la vittima.”<br />

A domanda risponde: “Sissignore. Già lo <strong>con</strong>oscevo.<br />

Già da tempo. Sempre alla bettola del cieco, lo vedevo.<br />

Sempre ubriaco. Ne tenevo paura.”<br />

A questo punto della deposizione di Derosas, le acque<br />

si agitano, nella placida aula di tribunale. Raffaele<br />

si solleva dalla panca e urla: “Io non ti ho mai visto.”<br />

Derosas diventa più piccolo e risponde <strong>con</strong> una vocina<br />

malata: “Sei tu, il mentitore” e Raffaele, inutilmente<br />

agguantato dai carabinieri che cercano di calmarlo: “Io<br />

non ti <strong>con</strong>osco. Non ti ho mai visto. Solo quella volta<br />

maledetta in questura.” Derosas solleva tono di voce, si<br />

alza sulla panca, e sbotta: “Sei falso come Giuda.” Raffaele,<br />

alle salive: “L’hai ucciso tu e vuoi buttarmelo sulle<br />

spalle.” Derosas si gonfia tutto, sorride, guarda il<br />

giudice, poi l’imputato, e scandisce: “Ci avevi una camicia<br />

bianca e una giacca scura, quel giorno.” I carabinieri<br />

riaccompagnano l’imputato al suo posto.<br />

Il giudice ha chiamato l’imputato a deporre. Raffaele:<br />

“Non ricordo com’ero vestito.” A domanda ha<br />

risposto: “Non ricordo.” Poi: “Sì.”<br />

Il giornale dell’indomani: “L’imputato ha affermato<br />

di non ricordare come fosse vestito, la sera del 22<br />

aprile del sessantasei. Ma ha <strong>con</strong>fermato di aver posseduto<br />

una giacca scura e una camicia bianca. In <strong>con</strong>clusione,<br />

i difensori dell’imputato hanno richiesto un<br />

sopraluogo in cui il supertestimone possa ricostruire<br />

<strong>con</strong> precisione gli spostamenti della notte di sangue.”<br />

Un giudice, un pubblico ministero, un difensore,<br />

un cancelliere, un teste e l’imputato, sono partiti<br />

dalla bettola del cieco di Seui. Marzo dell’anno sessantotto:<br />

l’umido freddo degli stagni e del mare si<br />

infilava sotto i cappotti.<br />

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