Racconti con colonna sonora - Sardegna Cultura
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Savino, lento, col corpo intorpidito, sciolse le gambe,<br />
che avevano resistito, incrociate e immobili, per<br />
ore, e la seguì.<br />
Lei arrivò alla cabina, sulla terrazza, e prima di entrare<br />
si volse verso il mare, come a salutare. Vide, allora,<br />
per la prima volta, Savino. Arrancava per le scale.<br />
Lei gli sorrise: sembrava un enorme elefante morente,<br />
quell’uomo.<br />
Nella cabina si spogliò. Buttò il costumino rosso in<br />
un angolo. Si leccò un braccio. Godendo del sapore del<br />
sale. “La doccia a casa. Ora mi tengo addosso la salsedine.”<br />
Una sensazione di spossatezza. Si sfregò <strong>con</strong> un<br />
grande asciugamano blu che aveva il bordo orlato da<br />
un nastro rosa su cui erano ricamate delle roselline<br />
bianche.<br />
Mentre si chinava sulla grande sporta di paglia in<br />
cui sperava di ritrovare gli abiti, sentì che qualcuno<br />
apriva, alle sue spalle, la porta della cabina.<br />
Davanti a lei il signor elefante morente, <strong>con</strong> due<br />
grandi occhi grigi privi di luce, la guardava.<br />
“Vattene” disse la fanciulla, in un soffio.<br />
Lui non rispose. Immobile, la guardava. I suoi occhi<br />
si bloccarono sul ventre nudo, sui peli biondi, sull’incrocio<br />
delle gambe.<br />
“Vattene, specie di porco. O grido e chiamo aiuto.”<br />
Lui la guardò <strong>con</strong> un’aria di dolorosa sorpresa, come<br />
se si fosse aspettato altre parole che non quelle.<br />
E avanzò.<br />
La biondissima urlò.<br />
Urlò ancora mentre l’elefante, ora frenetico, la stringeva<br />
<strong>con</strong>tro il muro cercando di tapparle la bocca.<br />
Urlò ancora quando sentì una grande mano calda<br />
che brancicava il suo basso ventre.<br />
Urlò sentendosi quel corpo enorme tutto addosso,<br />
schiacciata <strong>con</strong>tro il muro, senza respiro.<br />
Urlò finché due dita enormi le si infilarono fra i denti,<br />
finché una manaccia non spezzò, assieme alle urla,<br />
anche la carotide.<br />
Savino vide la testa morirgli in mano. Vide uno spruzzo<br />
di sangue sul suo petto. Vide il bianco degli occhi.<br />
Mentre usciva dalla cabina un giovanotto bruno e<br />
magro gli si fece in<strong>con</strong>tro. Un pugno di Savino troncò<br />
ogni domanda.<br />
Saltellò – goffo elefante in fuga, saltellon saltelloni<br />
– giù per le scale. Si fermò un attimo; le chiavi della<br />
128 stavano al loro posto, nella taschina del costume<br />
da bagno. Uscì dal Lido travolgendo una giovane signora<br />
<strong>con</strong> due bambini.<br />
Mentre metteva in moto, mentre filava sul lungomare,<br />
vide nello specchietto retrovisore i curiosi che si<br />
accalcavano all’ingresso del Lido. Lo guardavano.<br />
Non era passato un quarto d’ora. Neanche un quarto<br />
d’ora, e Savino, sulla lunga strada per Villasimius<br />
vide, tre o quattro curve più sotto, una pantera della<br />
polizia che correva a sirene spiegate.<br />
Accelerò. All’uscita di Torre delle Stelle travolse una<br />
bancarella di frutta, che si capovolse sulla strada, frenando<br />
la pantera.<br />
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