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UNA CURVA PER AMICA<br />

di Mario Lisi<br />

17<br />

Dopo tanti anni conservo ancora, tra gli inut<strong>il</strong>i cimeli<br />

che riempiono i miei cassetti, la moneta da<br />

cento lire che, come arbitro, usavo nel sorteggio<br />

che precede ogni partita di calcio. Come tutti sanno, a<br />

termine di regolamento, tra i due capitani delle squadre<br />

in campo è quello ospite che deve scegliere <strong>il</strong> fatidico<br />

“testa o croce”; successivamente chi è stato favorito dai<br />

misteriosi volteggi in aria della monetina può decidere<br />

se battere <strong>il</strong> calcio d’inizio oppure in quale metà campo<br />

far schierare i propri compagni.<br />

Tali operazioni preliminari, rituali<br />

come le strette di mano o lo<br />

scambio di fiori e di gagliardetti,<br />

passano per lo più inosservate ma<br />

sono tutt’altro che una pura formalità,<br />

dal momento che dietro c’è<br />

tutta una serie di cabale e di calcoli,<br />

di considerazioni e di strategie<br />

che entrano in gioco al<br />

momento di scegliere, come abbiamo<br />

fatto tutti fin dai tempi dell’oratorio,<br />

“palla o campo”.<br />

Per esempio si preferisce <strong>il</strong><br />

primo possesso del pallone quando<br />

si è fatto caso che ciò ha portato<br />

buono nell’incontro precedente<br />

oppure perché si ha l’idea, calciandola<br />

per primi, di esorcizzarla<br />

o in qualche modo di farsela amica<br />

per <strong>il</strong> resto dell’incontro, quella<br />

benedetta sfera di cuoio da inf<strong>il</strong>are<br />

nel sacco.<br />

Molto più spesso, però, si opta<br />

per <strong>il</strong> campo. È in questo caso che<br />

subentrano le più svariate considerazioni,<br />

magari sulle condizioni<br />

del terreno di gioco o sulla situazione<br />

atmosferica, com’è e come<br />

potrà essere nella seconda parte<br />

della gara, fino a spingersi al punto di calcolare la direzione<br />

del vento e la posizione itinerante del sole.<br />

Ricordo che, quando l’Artemio Franchi Montepaschi<br />

Arena si chiamava ancora semplicemente “Rastrello”<br />

ed era frequentato da formazioni ben più<br />

modeste di quelle con i celebrati campioni di oggi, i<br />

bianconeri, quand’era possib<strong>il</strong>e, preferivano scegliere <strong>il</strong><br />

campo in modo da trovarsi al momento opportuno ad<br />

attaccare verso la porta lato Hotel Excelsior (come allora<br />

si chiamava) dove <strong>il</strong> sole era solito affliggere con<br />

particolare accanimento i portieri prima che la costruzione<br />

delle tribune sotto <strong>il</strong> Viale dei M<strong>il</strong>le ammorbidisse<br />

non poco l’inconveniente.<br />

“Vai, vai, ora basta tirare... quello non ci vede nemmeno<br />

col cappellino... forza Sienaaa!” - urlavano gli<br />

spettatori adulti seduti attorno a me - e, pur avendo dato<br />

per scontato quello che forse era solo un auspicio, talvolta<br />

<strong>il</strong> gol ci scappava eccome!<br />

Ora che siamo in serie A le cose, se possib<strong>il</strong>e, non<br />

sono cambiate più di tanto. Al posto del sole, come formidab<strong>il</strong>e<br />

alleato, è salita semmai alla ribalta la Curva<br />

Robur, così a ridosso dell’estremo difensore avversario,<br />

pronta a ringhiare come <strong>il</strong> dodicesimo o <strong>il</strong> tredicesimo<br />

uomo nell’accompagnare gli attacchi del Siena, fragorosa<br />

nell’esaltarne le prodezze, generosa come poche nel sorreggere<br />

la squadra del cuore nei momenti diffic<strong>il</strong>i.<br />

Perciò è quella muraglia umana che adesso, fin dal<br />

momento dell’iniziale sorteggio, si punta a trovarsi come<br />

vicino alleato nel secondo tempo quando, in genere, <strong>il</strong><br />

cronometro segna impietoso i minuti del forcing finale.<br />

Non è un caso infatti, come in tanti hanno notato,<br />

che proprio in quella porta entri la maggior parte dei<br />

palloni che decidono le partite a favore dei nostri beniamini<br />

e che lì si è sempre segnato in occasione di me-<br />

morab<strong>il</strong>i trionfi bianconeri nel massimo campionato, a<br />

cominciare dalla rocambolesca vittoria di qualche anno<br />

fa in rimonta sul Perugia con due reti a tempo scaduto<br />

(gol decisivo di Menegazzo), continuando con lo storico<br />

successo sul M<strong>il</strong>an firmato da Cozza e con i tre (finora)<br />

mitici 1-0 rif<strong>il</strong>ati ai maligni cugini fiorentini grazie<br />

a Flo, Maccarone e Kharja.<br />

Noi, che abbiamo qualche capello argentato, potremmo<br />

a questo punto ricordare anche l’ 1-0 di un decisivo<br />

Siena – Montevarchi nell’allora purgatorio della<br />

quarta serie che, in una cornice di pubblico per quei<br />

tempi davvero straripante, segnò in qualche modo <strong>il</strong> definitivo<br />

r<strong>il</strong>ancio della società bianconera.<br />

Dunque ci piace pensare che nell’area di rigore alla<br />

sinistra della tribuna coperta del nostro glorioso stadio<br />

cittadino ci sia, per uno di quegli strani misteri che nello<br />

sport coniugano verità e sort<strong>il</strong>egio, qualcosa di arcano<br />

che aiuta i giocatori della Robur, magari uno stuolo di<br />

invisib<strong>il</strong>i folletti in maglia bianconera pronti a far sparire<br />

<strong>il</strong> pallone agli avversari di turno ed a spingerlo in<br />

fondo alla rete meglio di Maccarone e compagni.<br />

Insomma, cari bomber del Siena, specialmente in quei<br />

paraggi you w<strong>il</strong>l never walk alone. Ma, sia detto senza<br />

malizia, metteteci un po’ di più anche del vostro. •

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