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Finisce un anno solare, ne inizia un altro. L’aria<br />

da tempo di b<strong>il</strong>anci induce e introduce anche a una<br />

riflessione sul basket senese: non solo su cosa è successo<br />

in questi dodici mesi (certo non poco), ma soprattutto<br />

su come siamo messi a distanza di un anno.<br />

Per farlo, forse non c’è termometro migliore della<br />

Serie C D<strong>il</strong>ettanti, <strong>il</strong> punto di equ<strong>il</strong>ibrio tra sport di<br />

vertice e d<strong>il</strong>ettantistico e per questo <strong>il</strong> più cap<strong>il</strong>lare<br />

motore di passione per <strong>il</strong> basket di base, in una categoria<br />

in cui <strong>il</strong> confronto diretto con club vicini<br />

forse spinge ancor più a dare <strong>il</strong> meglio. Così, anche<br />

per semplicità, spiace tener fuori (ma solo per stavolta)<br />

le società genuinamente ruspanti delle categorie<br />

inferiori, o realtà di livello più alto come Virtus<br />

o Apf Costone, che pure ricalcano quel potenziale<br />

fantastico e quei vizi congeniti delle loro sorelle dell’ex<br />

Serie C masch<strong>il</strong>e.<br />

Da anni <strong>il</strong> sogno degli appassionati è che almeno<br />

a una tra Colle, Costone e Cus riesca <strong>il</strong> salto di<br />

categoria. Anche perché, in una città con due vivai<br />

incredib<strong>il</strong>i come quello di Mens Sana e Virtus, dare<br />

loro la possib<strong>il</strong>ità di scegliere di mandare i loro ragazzi<br />

a crescere in qualsiasi categoria vogliano, dalla<br />

A D<strong>il</strong>ettanti fino alla Serie D, sarebbe un’ulteriore<br />

ricchezza: di scelta per loro, di basket per tutti. Le tre<br />

senesi in vetta alla D regionale fanno pensare che<br />

possa essere l’anno buono perché una possa tornare<br />

in C regionale, mentre per arrivare nell’ex B2 bisogna<br />

sperare ancora nelle solite note. Il copione degli<br />

ultimi anni dice che <strong>il</strong> Costone è quello che pare<br />

sempre più vicino ad arrivarci a inizio estate, per blasone<br />

e risorse; <strong>il</strong> Cus è quello che culla <strong>il</strong> sogno durante<br />

<strong>il</strong> campionato, per costruzione di squadra e<br />

freschezza; <strong>il</strong> Colle è quello che quando conta ci è<br />

sempre arrivato più vicino, per esperienza e spessore<br />

del gruppo. Quest’anno, per la prima volta dopo<br />

tanto tempo, <strong>il</strong> canovaccio o almeno i ruoli paiono<br />

destinati a cambiare, e <strong>il</strong> fatto che questo sia legato<br />

alle identità delle tre società fa pensare che sia una<br />

questione che segnerà non solo questa stagione ma<br />

anche le prossime.<br />

Il Costone è la tradizione, e ripercorrendola pare<br />

aver imboccato una strada giusta ad esempio dando<br />

una forte impronta di senesità al proprio settore giovan<strong>il</strong>e,<br />

al quale le buone idee non mancano, vedi <strong>il</strong><br />

minibasket associato all’inglese per i bambini. Quest’anno<br />

si è sbarcati nel nuovo palazzetto, un patrimonio<br />

fantastico invidiato da tutti. Radicamento e<br />

numeri del bacino d’utenza la rendono un aspirante<br />

realistica al ruolo di seconda società cestistica cittadina.<br />

Il punto debole di tutto questo pare quello che<br />

invece in teoria dovrebbe esserne <strong>il</strong> motore e principale<br />

veicolo promozionale, la prima squadra. Da<br />

anni si riesce sempre a trovare <strong>il</strong> modo per deludere,<br />

segno che non dipende da tutti gli allenatori e i giocatori<br />

che sono passati, bensì da qualcosa che è rimasto<br />

nei modi di fare e di gestire le vicende della<br />

prima squadra… Ci sono uno splendido vivaio, un<br />

fantastico palazzetto, indubbie risorse economiche,<br />

uno zoccolo duro di persone la cui passione è palese<br />

o al massimo cova sotto la cenere: se tra cinque-otto<br />

anni voltandosi indietro si vedrà che questo humus<br />

ideale per <strong>il</strong> salto di qualità sarà stato sprecato, arrangiandosi<br />

invece di ragionare in prospettiva, sarà<br />

un imperdonab<strong>il</strong>e peccato mortale che condannerà<br />

chi oggi ha in mano <strong>il</strong> destino e <strong>il</strong> meritato r<strong>il</strong>ancio<br />

di una società storica.<br />

Se <strong>il</strong> Costone punta sulla senesità ma poi costruisce<br />

per metà la propria squadra con gente di<br />

fuori (legittimo per vincere, meno per vivacchiare),<br />

alla fine la vera squadra “senese” è <strong>il</strong> Cus. Ovvero<br />

quella da cui meno te lo aspetti, perché <strong>il</strong> progetto<br />

universitario parrebbe sinonimo anche di reclutamento<br />

di ragazzi che arrivano in città a studiare. Invece<br />

<strong>il</strong> Cus ha dieci giocatori di Siena su tredici,<br />

quasi tutti reduci da altre società cittadine. I cambiamenti<br />

societari dell’anno scorso hanno fatto dubitare<br />

sulla prosecuzione del progetto per come lo si<br />

conosceva: invece si continua, seppur tra qualche<br />

difficoltà solo bisbigliata nei passaparola cittadini.<br />

Però siamo di fronte a un progetto compiuto solo a<br />

metà se non si capisce che essere la squadra universitaria<br />

ha un senso non solo nella composizione del<br />

gruppo (e <strong>il</strong> recente ritorno a criteri di eleggib<strong>il</strong>ità<br />

più rigidi è parso opportuno) ma anche nel coinvolgimento<br />

della gente. Senza mettere di mezzo <strong>il</strong> modello<br />

utopistico dei college americani, <strong>il</strong> Cus<br />

comunque non è mai stato veramente la squadra<br />

degli studenti, al massimo la squadra dei ragazzi senesi<br />

che per lo più fanno l’università. Con tutto<br />

quello che ne consegue in termini di partecipazione:<br />

giocare in via Banchi è come farlo in campo neutro,<br />

se non a volte in trasferta; e l’età media dei presenti<br />

non è certo quella di una tipica squadra universitaria…<br />

La parte cestistica è tra le più avanzate in città,<br />

perché la capacità cussina di scegliere i giocatori,<br />

metterli insieme e farli rendere al meglio la invidiano<br />

tutti. Ma è una squadra che basta a sé stessa,<br />

senza incidere sul tessuto cittadino. Torniamo al discorso<br />

dell’identità: squadra senese? squadra universitaria?<br />

In entrambi i casi <strong>il</strong> lavoro è fuori dal<br />

campo: quando in tribuna c’è poco più del doppio<br />

della gente che scende sul parquet è evidente che<br />

qualcosa vada registrato.<br />

Un bel bacino, vivace dal punto di vista economico<br />

e sociale, è sempre stato quello della Valdelsa,<br />

quello che per numeri forse più di tutti merita <strong>il</strong> salto<br />

di categoria. E che da anni ci arriva vicino. Il problema<br />

è qui insieme tecnico ed economico. Il gruppo<br />

storico del Colle Basket che è sempre arrivato fino<br />

in fondo ha perso ogni anno un paio di pezzi molto<br />

importanti e gli innesti altrettanto importanti di Mucciarelli<br />

e Bruttini (gli unici in pianta stab<strong>il</strong>e) per<br />

quanto segnalino la strada giusta di un gruppo da rinnovare<br />

e ringiovanire, da soli non bastano. È mancato<br />

finora un vero ricambio generazionale per<br />

continuare sulla scia degli ultimi anni e per tutelare<br />

anche da un precoce logoramento e da un impiego<br />

fuori misura quei giocatori (Bonelli, Moroni…) che<br />

facevano parte del Colle Basket di ieri ma saranno<br />

43 basket<br />

Le tre squadre senesi della Serie C D<strong>il</strong>ettanti di fronte all’esigenza di ridefinire con chiarezza la propria identità<br />

Colle, Costone e Cus: quale futuro?<br />

■ Giuseppe Nigro<br />

importanti anche in quello di domani. E qui arriviamo<br />

all’aspetto economico, perché non può non<br />

avere effetti la crisi che ha colpito la Valdelsa tutta,<br />

comprese quelle aziende che negli anni anche solo<br />

con la cartellonistica hanno affiancato la società.<br />

Certo che, per un club che molto meritoriamente ha<br />

un’attività di r<strong>il</strong>ievo nelle scuole e grandi numeri nel<br />

settore giovan<strong>il</strong>e, si tratta adesso di cominciare a ragionare<br />

in prospettiva anche quando si parla di prima<br />

squadra, perché questo gruppo, nella conformazione<br />

attuale, è chiaramente all’ultimo giro della giostra.<br />

In conclusione, i soldi bancari e la straordinarietà<br />

dei vivai di Mens Sana e Virtus da cui attingere<br />

sono risorse che combinate rendono questa congiuntura<br />

più unica che rara nella storia comunque<br />

florida del basket senese: sarebbe uno spreco non<br />

approfittarne per costruire qualcosa finchè dura.<br />

Certo, troverete sempre qualcuno pronto a lamentarsi<br />

che non gliene arrivano abbastanza, di giocatori<br />

e/o di soldi, e che ai cugini, a loro sì che glieli<br />

danno. Continuiamo a pensare che sia sempre più<br />

bello quando si è in tanti con (relativamente) poche<br />

risorse da cui tirar fuori <strong>il</strong> meglio, piuttosto che<br />

averne di più da spartire tra meno società. Il derby di<br />

Livorno, per non citare casi più vicini, dice che certe<br />

soluzioni sono la tomba della passione. Dalle stracittadine<br />

senesi di 40 anni fa è nato <strong>il</strong> fuoco che<br />

rende oggi Siena la capitale del basket italiano: chi<br />

allora era in campo, non di rado oggi mette quello<br />

che può (con altri ruoli) al servizio della sua passione<br />

di sempre. Anche <strong>il</strong> contesto attuale pare<br />

quello ideale: renderlo la base di partenza per <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio<br />

di un nuovo boom cestistico dipende dalla capacità<br />

di ogni società di ridefinire oggi con chiarezza<br />

la propria identità e ragionare in prospettiva. •

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