22.10.2013 Views

Shop in the City

"Wake me up, when september ends" (svegliami quando finisce settembre), cantavano i Green Day. Alzi la mano chi non l'ha pensato almeno una volta nella vita. Perché settembre é fatto così, o lo si ama o lo si odia. Si ricomincia a lavorare, i bambini tornano a scuola e le giornate si accorciano. Ma é anche il momento giusto per iscriversi ad un corso, iniziare a correre e regalarsi uno scrub rigenerante - con la scusa dell'abbronzatura che va via-. Soprattutto, per noi torinesi è il mese di Mito SettembreMusica, Torino Spiritualità, Cheese, Torino Danza e chi più ne ha più ne metta. C’è un risveglio culturale – che in verità non si è mai addormentato veramente, visto che anche agosto è stato bello ricco – che metterebbe allegria e voglia di fare a chiunque. Quindi: se il cambio di stagione suggerisce di prepararsi al letargo voi non gli credete e iniziate a pianificare il vostro autunno aggiungendo appuntamenti al calendario. Vi aiutiamo noi con le nostre rubriche e il programma di sala che contiene (quasi) tutti gli appuntamenti da non perdere.

"Wake me up, when september ends" (svegliami quando finisce settembre), cantavano i Green
Day. Alzi la mano chi non l'ha pensato almeno una volta nella vita.
Perché settembre é fatto così, o lo si ama o lo si odia. Si ricomincia a lavorare, i bambini tornano
a scuola e le giornate si accorciano. Ma é anche il momento giusto per iscriversi ad un corso,
iniziare a correre e regalarsi uno scrub rigenerante - con la scusa dell'abbronzatura che va via-.
Soprattutto, per noi torinesi è il mese di Mito SettembreMusica, Torino Spiritualità, Cheese,
Torino Danza e chi più ne ha più ne metta. C’è un risveglio culturale – che in verità non si è mai
addormentato veramente, visto che anche agosto è stato bello ricco – che metterebbe allegria e
voglia di fare a chiunque. Quindi: se il cambio di stagione suggerisce di prepararsi al letargo voi
non gli credete e iniziate a pianificare il vostro autunno aggiungendo appuntamenti al
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camBio vita<br />

Conoscete qualcuno che ha<br />

deciso di cambiare vita? Lo avete<br />

fatto anche voi? Scriveteci:<br />

redazione@shop<strong>in</strong><strong>the</strong>city.it<br />

Tutti hanno diritto a una nuova vita.<br />

Anche le confezioni vuote del latte:<br />

i bamb<strong>in</strong>i delle favelas le raccolgono<br />

porta a porta, le lavano e le consegnano<br />

alle tessitrici. Che le tagliano a<br />

strisciol<strong>in</strong>e e, con telai tradizionali, le<br />

<strong>in</strong>trecciano <strong>in</strong> una specie di arazzo che<br />

poi diventa una borsa di lusso, con i<br />

bordi <strong>in</strong> agnello e il design al passo con<br />

le ultime collezioni. Succede a Addis<br />

Abeba, con il progetto Mamamilk<br />

coord<strong>in</strong>ato dalla ong Betlehem. E a<br />

idearlo, a metterlo <strong>in</strong> piedi e animarlo<br />

con il suo gusto rodato da vent'anni di<br />

professione stilista, è Giovanna Villani,<br />

54 anni, milanese. Anche lei ha <strong>in</strong>iziato<br />

una nuova vita: dopo due decenni nella<br />

capitale italiana della moda, «immersa<br />

<strong>in</strong> un ambiente frivolo e calcolatore»,<br />

ha lasciato il lavoro di disegnatrice<br />

di accessori – prima da Mosch<strong>in</strong>o e poi,<br />

come free-lance, per Guess, Missoni,<br />

Malì Parmi – e si è dedicata anima e<br />

corpo al progetto di un nuovo marchio<br />

di lusso etico, Braghette Rosse<br />

(www.braghetterosse.net). Ora disegna<br />

102 | 10 . 2013 | <strong>Shop</strong> <strong>in</strong> <strong>the</strong> <strong>City</strong><br />

Giovanna Villani ha creato Braghette Rosse, un nuovo marchio<br />

che aiuta i bamb<strong>in</strong>i e le donne di Addis Abeba<br />

la nuova vita "di lusso" dei<br />

cartoni del latte delle favelas<br />

di Irene Soave<br />

borse, nella sua casa-atelier dove tutto<br />

parla di gusto, creatività e ribellione. Ed<br />

è felice, anche se sempre alla ricerca di<br />

fondi, perché il suo nuovo progetto ha<br />

«la stessa creatività di prima, ma più<br />

serietà e una buona causa».<br />

Il primo grosso successo lo ha avuto con<br />

le borse: le ha chiamate Mamamilk bags,<br />

e dal 2011 le disegna per farle produrre<br />

baraccopoli di Addis Abeba dalle donne<br />

di una ong, Bethlehem, che <strong>in</strong>segna loro<br />

a tessere e cucire e con commesse come<br />

questa dà loro un lavoro. «Tutto è<br />

<strong>in</strong>iziato nel 1994, quando è morto<br />

Franco Mosch<strong>in</strong>o. Ero nel suo team da<br />

un paio d'anni e lo adoravo: non<br />

prendeva sul serio il pomposissimo<br />

mondo della moda. Faceva arte, prima<br />

che affari. Ma dopo la sua morte mi<br />

sembrava di stare <strong>in</strong> un'azienda<br />

qualunque». Nel 2002 Giovanna si<br />

licenzia e <strong>in</strong>izia a lavorare da free-lance<br />

per altre grandi firme. «Ma era peggio,<br />

stile Il diavolo veste Prada: notti e<br />

weekend a lavorare per committenti<br />

volubili e isterici, tutti tesi a dimostrare<br />

di essere geniali. Ero sempre più stufa e<br />

mi dicevo: appena posso vado <strong>in</strong> Africa<br />

a fare volontariato. Per fare una cosa che<br />

non fosse, per una volta, f<strong>in</strong>e a se<br />

stessa».<br />

«Come per un segno del dest<strong>in</strong>o»,<br />

racconta, «nel 2009 un'amica mi chiamò:<br />

l'Unido, l'agenzia delle Nazioni Unite per<br />

lo sviluppo <strong>in</strong>dustriale, cercava stilisti<br />

per un progetto <strong>in</strong> Etiopia. Mi presentai<br />

al volo e f<strong>in</strong>ii a disegnare accessori per<br />

un'azienda di Addis Abeba. Scoprendo<br />

che però non stavo cambiando niente: le<br />

aziende erano già ricche e i più poveri, le<br />

donne, i malati di Aids, restavano fuori».<br />

Così Giovanna <strong>in</strong>iziò a cercare<br />

organizzazioni locali. «L'Africa è piena di<br />

cooperative e associazioni che<br />

<strong>in</strong>segnano lavori artigianali, come il<br />

cucito, a donne emarg<strong>in</strong>ate. Nei loro<br />

prodotti c'è molta creatività, ma quasi<br />

sempre il risultato è un po' naif e i<br />

materiali poveri: difficile venderli fuori<br />

dalle botteghe equo-solidali. Io volevo<br />

dar loro un design vero».<br />

Dopo mesi di ricerche, nel 2011 nasce la

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