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il sommelier in bottiglia ed essere denominato Barbaresco Riserva; il Barolo può essere affi nato tre anni in legno e due anni in bottiglia per diventare Barolo Riserva. Entrambi devono essere al 100 per cento realizzati con uve Nebbiolo. Entrambi sono Nebbiolo in purezza. Dal punto di vista geografi co, la zona di produzione del Barolo è a Ovest di Alba; quella di produzione del Barbaresco è a Est di Alba. Dal punto di vista del carattere, il Barolo è più corposo rispetto al Barbaresco, più strutturato. Il Barbaresco è un vino più gentile. Il Barolo è l’ideale accompagnamento per esempio per formaggi invecchiati come il parmigiano, dal gusto forte come gli erborinati o i taleggi invecchiati. È l’ideale per accompagnare piatti forti come la cacciagione. È famoso il brasato al Barolo. È un vino da invecchiamento, più si aspetta a berlo, più si addolciscono i tannini rendendolo migliore. Ovviamente, Barolo e Barbaresco dipendono molto anche dal terreno su cui è coltivato il Nebbiolo, dall’esposizione al sole dei vigneti, dall’annata di produzione, dal modo di vinifi care in cantina. Personalmente, per il Barolo le annate migliori sono il 1990, il 1996, L’Hotel Villa San Carlo di Cortemilia. Carlo Zarri è titolare, nonché mastro cantiniere e chef della struttura 26 ■ MS NUMERO UNO - MARZO DUEMILAUNDICI ■ Cortemilia si trova nel cuore delle Langhe. Oltre che per la bellezza del territorio, la zona è rinomata per la sua produzione vinicola
1997, 1998, 1999, 2000, 2001, 2004, non lo servo prima di 8/10 anni di invecchiamento. Mi comporto nello stesso modo con il Barbaresco. Naturalmente, vini del genere vanno aperti parecchie ore prima rispetto al consumo, vanno decantati e messi in caraff a.” C’è voluto coraggio imprenditoriale per investire sulla cantina. “È vero. Ricordo le sberle di fatture che arrivavano assieme ai cartoni di vino. È stato un rischio però oggi ho un tesoro in cantina; un tesoro che si è rivalutato e di parecchio. Una volta chiamai Pio Boff a per ordinargli 120 bottiglie di una delle migliori annate, il 1990, del Barolo Pio Cesare. Quando andai a ritirare le prime 60 bottiglie, impallidii davanti alla fattura. Mi… dimenticai di andare a prelevare le altre 60 bottiglie. Due mesi dopo mi telefona Pio Boff a per chiedermi che ne volevo fare. Scopro che se non le acquistavo io, al prezzo delle prime 60 bottiglie, le avrebbe vendute a un prezzo maggiorato. Mi precipitai a ritirarle. Oggi valgono un piccolo patrimonio. Il vino di qualità rappresenta anche un investimento economico che si rivaluta signifi cativamente nel tempo.” Chi ti ha ispirato nelle tue scelte? “Nel 1998 ho visitato la Tour d’Argent a Parigi, all’epoca 3 stelle Michelin, che possedeva una delle più belle cantine del mondo. Hanno 11.000 vini in carta e 360.000 bottiglie in cantina. Ai tempi, il valore delle bottiglie ammontava a 30 miliardi di lire. È lì che mi è venuta l’idea di completare la mia cantina con i migliori vini di Francia. Gli chiesi se avevano del Barolo. Mi chiesero che cosa fosse. Avevano solo vino francese. È il loro limite ma è anche la loro forza. Mentre vendo il vino italiano, i vini francesi mi limito a metterli in carta. Non ne vendo le bottiglie, neanche se me lo chiedono. Vendo molte bottiglie dei nostri vini con un ricarico minimo. Sulla carta ho scritto che a chi le vuole comprare garantisco uno sconto del 20 per cento rispetto al prezzo dichiarato. Un cliente svizzero voleva comprare molte bottiglie di vino francese perché da me, in carta, costa molto meno che in Francia. Gli ho risposto di no. Il vino francese lo off ro solo a tavola.” Oltre alle verticali di alcune delle etichette più prestigiose delle Langhe e del Roero, la cantina include i grandi cru francesi e i supertoscani come il Brunello di Montalcino Quali sono i vini di punta di Langhe, Monferrato e Roero? “Tra i vini rossi, è cresciuta e di molto la Barbera. Ci sono produttori che hanno abbassato le rese per innalzare la qualità. È diventato un vino di grande piacevolezza da bere. Con gli affi namenti in barrique – che non accetto su Barolo e Barbaresco – la Barbera è cresciuta di molto. È un vino ricco di acidi e non ha tannini, da qui l’importanza di affi narlo in botte, che gli cede i tannini dolci. All’opposto, la barrique minaccia di far perdere la personalità di Barolo e Barbaresco, legata al territorio, che è unico. Soprattutto nell’Astigiano, dove non coltivano il Nebbiolo, stanno producendo delle ottime Barbere longeve anche di 8/10 anni. Giacomo Bologna di Rocchetta Tanaro ha aperto questa nuova via, seguito da Michele Chiarlo, dalla Cooperativa dei produttori di Vinchio e Vaglio, da Bersano. Il Dolcetto è il classico vino da pasto dei piemontesi, sta crescendo a sua volta. Cambia molto da zona a zona. Nei borghi di Dogliani e Diano lo stanno rivalorizzando. Sono vini potenti, strutturati, di ottima qualità che rischiano però di pagare una sorta di tassa alla nomea del Dolcetto. Il Piemonte sta crescendo nei vini bianchi. Ha iniziato il paese di Gavi nel Monferrato alessandrino nel rivalutare il vitigno del Cortese tra fi ne anni Settanta e il decennio successivo. Gli si è accodato il Roero con la Favorita e l’Arneis a metà anni Ottanta. Sono vini che sono cresciuti sempre di più nel tempo. Sono vini onesti, di ottima beva, da aperitivo. La grossa novità è l’Alta Langa Brut, vino doc, che è nato nel 2006. È stato ideato e prodotto dal Consorzio Alta Langa, di cui ■ MS NUMERO UNO - MARZO DUEMILAUNDICI ■ il sommelier facevano parte nove aziende tra cui Martini, Gancia, Cocchi, Serafi no, Fontanafredda, che grazie a un progetto sovvenzionato dall’Unione Europea hanno rivalutato vigneti che già esistevano in Alta Langa. Il terreno dell’Alta Langa – le colline di Cortemilia, Canelli e Bossolasco – è adatto alla coltivazione dei vitigni del Pinot e dello Chardonnais. Dopo 15 anni di prove hanno incominciato a produrre l’Alta Langa Brut secondo il metodo classico come il Franciacorta, il Trentino, lo Champagne. Sono vini a doppia fermentazione. Hanno rivalutato una produzione vinicola che non è in contrasto con quella del Barolo e del Barbaresco perché la quota altimetrica dove avviene la produzione è diversa. Le grosse case di produzione piemontesi stanno trasformando il bosco e l’incolto in vigneti per produrre l’Alta Langa Brut attraverso la coltivazione del pinot e dello chardonnais. È il microclima l’elemento determinante in questa scelta: le nostre colline sono a 600 metri di altezza, patiscono meno il caldo dell’estate che alternano con notti fresche; ciò facilita la produzione di uve che concentrano bene gli zuccheri mantenendo nello stesso tempo la necessaria acidità che consentirà al vino di diventare longevo. Sono uve a bacca bianca che non possiedono tannini, mentre sono dotate di ottima acidità. Per il Piemonte è importante disporre di un territorio a vocazione spumantistica di elevata qualità e buona gradazione alcolica che affi anchi e rivaluti la produzione del moscato d’Asti e dell’Asti spumante, vino da dessert a bassa gradazione. L’Alta Langa Brut è un vino da tutto pasto. Il vero problema sono la comunicazione e i volumi di produzione, dove l’Italia è e resta assai indietro rispetto alla Francia. La Francia produceva 220 milioni di bottiglie di Champagne l’anno; noi 22 milioni di bottiglie di Metodo Classico. Lo stesso vale per i grandi vini rossi. Non solo. In Francia, per sopperire alle maggiori richieste in arrivo da Cina, India e Russia, dalla sera al mattino hanno aumentato la produzione di Champagne di 50 milioni di bottiglie, il doppio della nostra produzione complessiva di Franciacorta, Trento, Oltrepo Pavese, Alta Langa secondo il Metodo Classico.” © RIPRODUZIONE RISERVATA 27
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