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Per - Associazione Luca Coscioni

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on line www.agendacoscioni.it - www.radioradicale.it/rubrica/885sua storia non si studia a scuola, e non mi risulta chesiano stati fatti in precedenza film su di lei – insommaIpazia è stata trucidata dai cristiani, su istigazione delvescovo Cirillo (che fu fatto santo). Ipazia era figlia deldirettore della celebre biblioteca di Alessandria; di famigliapagana; dedita all’insegnamento e alla ricerca filosoficae astronomica. <strong>Per</strong> la sua laicità, si ritrovò bersagliodella persecuzione dei cristiani; e una loro settaparticolarmente fanatica, i parabolani, la fece letteralmentea pezzi. <strong>Per</strong>chè l’autore del film, Amenabar, havoluto raccontarci la sua storia? In primo luogo, certo,per un lodevole intento divulgativo. Intento tutt’altroche stravagante, dal momento che i problemi del presenteche echeggiano in questa storia del passato sononumerosi. Il più evidente fra tutti: il conflitto tra la ricercascientifica, e i dogmi religiosi, patrocinati e impostidalle autorità ecclesiastiche. (Nel film Ipazia vieneimmaginata scoprire argomenti a sostegno della concezioneeliocentrica dell’universo. Teoria che, sappiamo,sarà oggetto della violenta censura della Chiesa in effettiparecchi secolo dopo, con Galileo Galilei.) E poi ci siritrova il tema dei diritti e dell’indipendenza delle donne.Ipazia, anche se nella città di Alessandria non avevaalcuna carica politica, perché le donne non potevanoaverne, non rinunciava a dire la sua sulle vicende pubbliche;stimata per la sua saggezza, era consultata nelleriunioni istituzionali. E per non tradire la propria vocazionefilosofica e scientifica, non si sposò, malgradoavesse ottimi pretendenti. (<strong>Per</strong>ché un marito le avrebbechiesto di rinunciare alla sua professione.) Tutte ragioniche fomentarono l’odio dei cristiani contro di lei. Dellaquestione femminile, nel film viene evidenziata l’attualitàattraverso il modo con cui viene realizzato il martiriodi Ipazia: non attraverso lo smembramento del corpo,come raccontano gli storici, ma attraverso la lapidazione:che per uno spettatore di oggi è una chiara allusionea certi paesi islamici. C’è poi nel film un altro richiamoal presente, forse più sottile. Il prefetto di Alessandria –dunque, l’autorità laica della città – nato ed istruito comepagano, si converte al Cristianesimo, probabilmente perragioni di opportunità politica. Quando nella cittàscoppiano le sommosse dei cristiani – che, fra l’altro,saccheggiano la biblioteca di Alessandria, organizzanoun linciaggio contro gli ebrei e altre aggressioni controLocandina del film Agorài pagani – Ipazia, che non vuole che si risponda all’intolleranzacon l’intolleranza, come pure accade,consiglia però il prefetto di far rispettare la legge, edunque di arrestare i responsabili delle violenze.Ma il prefetto, che cerca una conciliazione con i cristiani,non le dà ascolto. E come si conclude il suopercorso? Di cedimento in cedimento, si ritrova aprosternarsi in ginocchio davanti al vescovo di Cirene,Sinesio: formalmente come atto di sottomissionea Cristo, ma in effetti sottomettendosi alla Chiesacattolica. Così il vescovo Cirillo conquista il poteread Alessandria; e la sua vittoria viene sancita dalmartirio di Ipazia. Cosa ha voluto dirci con questoAmenabar? Che con il fondamentalismo religiosonon si devono fare compromessi. <strong>Per</strong>ché, tentandodi ammansire il mostro, si finisce per esserne sbranati.Insomma, “Agorà” vale allo stesso tempo comelezione di Storia e come monito per il presente. E sei personaggi e i fondali storici restano a volte schematici,non sempre prendono vita, è perché valgonosoprattutto come esempi, come punti di appoggio,di una perorazione seria e appassionata.17cariato e libertàRitieni che oggi questa scelta sia ancora rispettataall’esterno o hai l’impressione che sia unascelta considerata inutile o addirittura futile?Credo che sia ancora rispettata.In che cosa la lingua della politica ti sembra efficaceo fallimentare nel raccontare le vite dellepersone?Io sono portato più a parlare del fallimento, perchého l’impressione che anche quando lo sforzodella politica o di alcuni politici è encomiabile neltentare di avvicinarsi alla vita, alla fine tende ad arrivarcisempre con ritardo. E’ come se non riuscissemai ad afferrare il reale nel momento in cui accade,si consuma. A volte ho l’impressione siaun’incapacità strutturale.Non hai mai avuto l’impressione che ci fosse unpolitico nazionale o mondiale che invece avessequesta capacità di cogliere il presente?Forse in questo momento Vendola, nonostante lasua vanità che mi indispone, sembra avere questacapacità. Che io collego anche alla capacità di essereuna persona, con l’impegno all’ascolto, lo sforzodi lettura della realtà, la presenza di convinzioni esentimenti. A lui aggiungo Obama, che ovviamentericevo in forma più mediata. Obama è un politicoche non riesco a considerare come tale, e che invecenaturalmente tendo a considerare in primaistanza come una persona. E’ solo in momentosuccessivo che penso al ruolo che ricopre. E’ un uomocon cui mi piacerebbe parlare, con cui mi piacerebbeandar a cena insieme. Invece fatico con ilresto dei politici a immaginare di avere un rapportopersonale, perché mi sembrano tiranneggiatiproprio dal loro ruolo, dalla loro funzione. Conloro la persona sembra arrivare sempre dopo.Come descriveresti la libertà?Posso risponderti immaginando di essere sul lettinodello psicanalista. <strong>Per</strong> me la libertà è la facilitàdi parola. Quando scovo tre frasi belle di fila, chefunzionano, e due strofe in una canzone, io avvertouno straordinario senso di libertà. Probabilmenteperché incarna una capacità di espressioneche faccio coincidere con la libertà e che a volte miè negata.Qual è la più grande minaccia alla tua ideadi libertà?E’ appunto il non riuscire a esprimermi con lacompiutezza che ricerco. A volte mi capita nellascrittura di avere un’idea, e in quel momentoprovo un forte senso di libertà, che però vienefrustrata non appena mi accorgo che la modalitàper esprimerla non è quella più consona.Dentro di te sai come dovrebbe essere, eppurenon riesci a realizzarla. E questo lo vivoproprio come un’aggressione alla mia libertà.Pensi che la libertà, così come è tradizionalmenteconcepita, sappia difendere anche glianomali? O necessariamente non può contemplarli?Se nel rispondere a questa tua domanda possoprendere in considerazione i secoli passati,mi verrebbe da dire di sì. Nel senso che untempo gli “anomali” venivano espulsi o eliminatidalla società. La loro libertà non eraminimamente contemplata. Pur considerandotutti i limiti, posso dire di sentirmi protettodalle cosiddette democrazie-liberali distampo occidentale.Che idea ti sei fatto del rapporto della societàitaliana con la conoscenza e la scienza?Secondo me, per quanto avvilita, la conoscenzae la scienza hanno ancora un loro peso difascinazione. Come ce l’ha scrittura, la parola,anche se ho maturato dei forti dubbi sulla capacitàdi questa parola di incidere sulla realtà.A volte ho l’impressione che si potrebbero scriveredei testi con brani del “Mein Kampf” diHitler e questo susciterebbe l’indignazione unpo’ da erudita di un paio di persone. Non susciterebbeemozione tra i più.Quindi al di là della scrittura ritieni che cisia rispetto per il sapere …Sì, credo di sì. Secondo me verso i detentoridel sapere continua a esserci anche un timorereverenziale e ogni forma di disprezzo del sapereassomiglia più alla frustrazione di chinon ce l’ha e lo invidia con forme di rancorepiù o meno celate.ElenaStancanelliErrata CorrigeNello scorsonumero diAgenda Cosiconinell'articolo daltitolo: "La libertàerosa dallapaura, intervistaad ElenaStancanelli" - diAndreaBergamini la fotopubblicata noncoincide conquello dellascrittrice ElenaStancanelli. Ciscusiamo perl'errore.

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