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Gli Anni verdi Luchino Visconti a Ischia - La Rassegna d'Ischia

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In bellissima compagnia. <strong>La</strong> Casarella*Raul Maria De Angelis* Pubblicato su <strong>La</strong> Tribunacon il titolo “I corsari della casarella”.<strong>Gli</strong> ultimi corsari e gli ultimi dannunzianisi sono rifugiati a <strong>Ischia</strong>, in un esilio più omeno volontario; ma Edoardo Colucci a<strong>Ischia</strong> ci è nato e ci vive: alla «casarella» diPunta Molino, dalla cui terrazza un telescopioe un cannone di bronzo dei tempiborbonici denunziano il gusto del pittoreindigeno-fiumano, rivoluzionario e vagabondo.Alla «casarella» ci si arriva costacosta, tra sabbie e scogli, punte di agavi eombrelle di pini, ma è bene arrivarci dalmare direttamente in barca e approdarenel porticciolo, meglio nella rada che,attorniata di scogli, sembra proprio unadipendenza della casarella, una spiaggiapadronale.A questo punto bisogna intendersi subito:Edoardo abita nella «casarella» e fittaquella grande che ha una finestra spalancatasul mare, sul muro di cinta dell’ortogiardino,in cui le viti e gli ippogrifi inceramica, i girasoli e i fichi dividono insapienti spazi le architetture avventurosedell’interno. Quest’estate, in attesa diEduardo De Filippo o del maestroMenotti, la casa grande è ancora sfitta;poiché la casa è importante e vasta, anchese tutti bussano al cancello della casarella.Edoardo lo trovi sul terrazzo, un asciugamanointorno alle reni, con due ragazzinianch’essi seminudi che trafficano all’intornocon caffettiere e fiaschi di vino, scope erastrelli, o nell’orto, sotto un graticcio dacui penzola un fuscella da ricotta che fa daparalume a una lampadina spesso fulminata.Edoardo assomiglia a Toscanini giovane,anche i baffi e la calvizie, il mento eil sorriso: occhi a parte, che sono occhi dasaraceno accampato, dopo un arrembaggio,sulle rive dell’isola felice.Oggi, verso il tramonto, Edoardo è solo e ciaccoglie col solito sorriso sgangherato dimaschera teatrale e una scintilla negliocchi sciupati dalle veglie. Dietro il castellod’<strong>Ischia</strong>, che sembra una maceria diforme grige e sfilacciate dal vento, nasceuna luna enorme, sfiatata, quasi un’ombradi luna, mentre dall’altro lato, versol’albergo San Pietro, il villaggio saraceno ela pagoda, il sole fa sangue per misteriosaemorragia interna.Forse per questa nascita, la solitudinediventa arcana; tanto che la caffettieraportata da uno dei due ragazzini apparesproporzionata, un oggetto di altro mondo.Ci mettiamo in terrazza, sulle stuoie, conun fiasco di vino bianco a portata di mano.L’isola manca d’acqua e il vino nelle casene fa le veci; per poco gli indigeni non ci silavano: costa, infatti, al minuto, cinquanta-sessantalire al litro.L’artrite di Toscanini«Sì» ci confessa Edoardo, «doveva venireMenotti; ma De Filippo mi diede persinola caparra e ora mi ha scritto che nemmenolui potrà venire. Quest’estate sarò davverosolo. Sarà la prima volta, una esperienzanuova».Toscanini venne ad <strong>Ischia</strong> nel ’51 a curarsil’artrite al ginocchio, e naturalmentecapitò da Edoardo, senza sapere che il pittoregli rassomigliasse in tale maniera; nerestò incantato, e volle salire sul terrazzinodella «casarella», a speculare col telescopio,sempre all’impiedi, per il male alginocchio, e parlò dei prossimi concerti, diMenotti, agitando le braccia nervose, dirigendol’invisibile orchestra degli alberi edelle onde.Ritornò alla «casarella» la notte del santoPatrono, a vedere i fuochi d’artificio, a sorprenderele stelle cadere dall’alto delcastello e scintillare come fuochi fatui diun cimitero favoloso.29

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