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Gli Anni verdi Luchino Visconti a Ischia - La Rassegna d'Ischia

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mausoleo, per quanto <strong>Visconti</strong> debba averpresagito, nel suo acquisto, qualche scagliadi decadenza, il presentimento dellacascata, forse della fine.Presto inizia il viavai di ospiti, collaboratori,camerieri e bagnini, cuochi e giardinieri,draghi e dragonesse, vittime e carnefici,attori già famosi e attori da fardiventare famosi. Su tutto, un’atmosferada naufraghi privilegiati, di precarietàvissuta senza inutili angosce borghesi, discenate in fondo rassicuranti, di silenzielegantissimi e minacciosi, di studi capillarisui lavori da farsi, di passioni amoroseguidate talvolta solo dall’istinto.Sotto la supervisione dell’architettoGiorgio Pes, <strong>Visconti</strong> rimette manosoprattutto all’interno della villa. Decidedi conferirle una pesante impronta liberty,in conformità alla convinzione che lasocietà europea fino agli anni Trenta èstata quella dei più grandi contrasti e deimaggiori risultati estetici. Spende capitaliastronomici per acquistare i pavimenti(che sottrarrà ad antiche ville campane indemolizione), mobilita tutti i suoi amiciantiquari tra Londra e Parigi per recuperarepregiatissimi feticci liberty, si occupapersonalmente della sistemazione delgiardino.I lavori, però, vanno per le lunghe. Ma èquasi un desiderio, nemmeno tanto nascosto,del regista. “Una casa non bisognaterminarla mai”, diceva spesso all’amicoTonino. Come se il suo completamentosignificasse la fine di qualcosa, forse dellavita stessa.Pur non avendo mansioni specifiche,Tonino Baiocco faceva spesso da trait d’uniontra il regista e i lavori allaColombaia. A quel tempo il regista eraimpegnato a Volterra nelle riprese diVaghe stelle dell’Orsa e l’amico ischitanolo raggiungeva per mostrargli bozzetti eplanimetrie varie. Fu in una di questevisite che <strong>Luchino</strong> <strong>Visconti</strong> conobbeHelmut Berger, un giovane destinato adassumere un ruolo di primo piano nellasua vita e nel suo cinema.Helmut Steinberger era un ragazzo diSalisburgo che frequentava una scuolaalberghiera a Losanna. Arrivato in vacanzaad <strong>Ischia</strong>, inizia a frequentare <strong>La</strong><strong>La</strong>mpara, dove conosce Baiocco e nediventa amico .“Helmut si trasferì presto nell’hotel che lamia famiglia aveva ad <strong>Ischia</strong> Porto, ilGarden” ricorda Baiocco, “era un ragazzosemplicissimo, senza alcuna ambizionecinematografica. Anzi, il cinema era al dilà dei suoi interessi. Quando seppe dellamia partenza per Volterra, si offrì diaccompagnarmi. Ma senza malizia, senzaalcun secondo fine. Di questo ne sonocerto”.Ospiti del regista, i due giovani lo accompagnavanospesso dentro e fuori dal set.Bastarono un paio di giorni ed HelmutSteinberger non esisteva più. Era natoHelmut Berger.<strong>La</strong> “distanza”, più fisica che emotiva, tra<strong>Luchino</strong> <strong>Visconti</strong> e gli ischitani è semprestato il nervo scoperto di ogni polemicaattorno al riconoscimento del legame cheil regista ebbe con l’isola d’<strong>Ischia</strong>. <strong>La</strong> sceltadi vivere alla Colombaia, come l’innatariservatezza, non fecero che accentuare,specie fra gli intellettuali isolani, l’opinioneche lo voleva come un principe arroccatonel suo castello e solo di passaggio nellevite degli isolani.C’è una parte di verità, è evidente; solo inpochi riuscirono davvero a penetrare ilriserbo del regista e a conquistarsi la suafiducia. Questo riserbo, però, forse nascevada un dolore molto più profondo, dauna ferita molto più segreta che non quelladel narcisismo aristocratico, e cioè daun nodo nevrotico più drammatico e cheforse non ci sarà mai completamente rivelato.In più, negli ultimi anni <strong>Visconti</strong>usciva molto di rado, e quando mettevapiede fuori dalla Colombaia, seguiva itinerarie destinazioni già collaudate datempo.Non fu sempre così. Nei primi anniCinquanta, gli anni della scoperta,<strong>Visconti</strong> usciva spesso e volentieri.Salvatore d’Ambra ne ricorda le passeggiatefrequentissime per <strong>Ischia</strong> Porto. ConMassimo Girotti, Cesare Pavani e ClaraCalamai amava intrattenersi con la gentedel posto, ascoltava i loro problemi, necondivideva le preoccupazioni.“Ad un pescatore in difficoltà regalò ungozzo tutto nuovo” afferma d’Ambra, “etutti noi ricevevamo periodicamentemedicinali della Erba, la casa farmaceuticadi proprietà del ramo materno dellafamiglia. Tutti quelli che l’hanno conosciutohanno sperimentato di persona lasua colossale generosità”.Amava gli ischitani perché non eranoinvadenti, possedevano ancora quel riserbo,quel pudore che i capresi, ad esempio,avevano già perso da tempo.“Incuteva timore, certo” ammette ToninoBaiocco, “aveva una personalità fortissima,ma non era mai superbo. Nonostantefosse già famosissimo, con la gente comunefu sempre cordiale, sereno, disponibile.Sapeva adattarsi alle situazioni: si trovavaa suo agio tanto nei locali alla modaquanto nelle taverne di ultimo ordine.Non si spazientiva quasi mai. Quandoqualche fotografo lo raggiungeva ad un

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