Di un senso profondo°. Colloquio con Suso Cecchi d’AmicoLora Del MonteRoma, 3 luglio 2001. Ho appuntamentoalle quindici e trenta con Suso Cecchid’Amico. Quando salgo al terzo piano delpalazzo in via Paisiello è davvero difficiletenere a freno l’emozione, mi rendo contoche fra poco avrò davanti una delle personea cui il cinema deve davvero molto.Sceneggiatrice di oltre cento film dei piùimportanti registi italiani, inizia la suaattività nel 1946 con Mio figlio professoredi Renato Castellani, partecipa alla grandestagione del neorealismo, prima conVivere in pace e L’onorevole Angelina diLuigi Zampa, poi con Roma città libera diMarcello Pagliero e <strong>La</strong>dri di biciclette diVittorio De Sica. <strong>La</strong>vora in diverse occasionicon Blasetti, Antonioni, Rosi,Monicelli, Comencini, Zeffirelli. Ma è con<strong>Luchino</strong> <strong>Visconti</strong> che il suo lavoro trovamaggiore fertilità, diventando una pietramiliare nella cinematografia moderna.<strong>Luchino</strong> <strong>Visconti</strong>, infatti, scriverà insiemea Suso Cecchi d’Amico la sceneggiatura didodici dei suoi diciassette film. Ci sarà trai due una solida intesa, un’amicizia imperitura,una corrispondenza di gusti e diinteressi che permetterà loro di creare storiee personaggi indimenticabili e indimenticati.Dinanzi a tale personaggio, la mia linguapoteva essere sciolta solo da un po’ d’ironia,e, intuendolo prontamente è propriolei ad esordire: “a domanda rispondo.”Quando ha conosciuto <strong>Luchino</strong> <strong>Visconti</strong> ecome ha iniziato a lavorare con lui?Ho conosciuto <strong>Visconti</strong> durante la guerra.Ho lavorato per la prima volta con lui nonper il cinema ma per il teatro: facemmoinsieme la traduzione e l’adattamento diun testo teatrale, Quinta colonna diHemingway. Smisi di lavorare con lui peril teatro quando cominciammo a lavorareper il cinema: scrivemmo insieme la sceneggiaturadi un film tratto da <strong>La</strong> carrozzadel Santissimo Sacramento diMérimée, che non fu realizzato, anzi chefu realizzato, ma non con la nostra sceneggiatura,da Renoir. Da allora peròtutti i film che abbiamo preparato sonostati realizzati, eccetto uno perché, finitala guerra, cominciò la guerra con la censura.Il regime democristiano adottò unacensura addirittura ridicola che venivaapplicata anche preventivamente; cosìnon potemmo realizzare Marcia nuziale(di cui non avevamo scritto la sceneggiaturama il trattamento) perché ai censorisembrava che fosse un film a favore deldivorzio.I rapporti tra <strong>Visconti</strong> e il potere democristiano,come lei ha accennato, erano difficili,ma, credo che non fossero facili neanchequelli con il partito comunista, che, senon ricordo male gli negò addirittura latessera.Forse ebbero anche ragione, da un puntodi vista molto severo. Perché <strong>Visconti</strong> sioccupava poco di politica, non era assolutamenteun uomo politico; era però unuomo intelligente e profondamente morale.Appoggiava le richieste del comunismoed, essendo un perfezionista, voleva che ilsuo rapporto con il partito si perfezionasseanche con la tessera. Ma francamentecredo che si sarebbe trovato molto a disagioin qualsiasi ruolo politico. Nel dopoguerrae nei primi anni ’50 era convintoche fosse necessario andare nella direzioneindicata dal partito comunista, dalquale in seguito si distaccò. All’epoca deifatti di Ungheria egli fu tra quegli intellettualivicini al PCI che condannarono49
apertamente l’invasione sovietica.<strong>La</strong> politica condizionava molto il fare cinemanegli anni ’50-’60?Meno di quanto si dica. A partire da uncerto periodo è diventata così costosa larealizzazione di un film (questo per colpadegli americani i quali scientementehanno distrutto la produzione in Europa,a difesa del loro prodotto) che si sono persiper strada i privati disposti a finanziare iprogetti dei registi. Quindi c’è stato bisognodell’intervento dello Stato e lo Stato èdiventato padrone. Nei primi anni dopo laguerra era ancora abbastanza facile fareun film, infatti se ne facevano duecentocinquantal’anno contro i quaranta diadesso! Poi i costi di produzione cominciaronoa salire, tutto diventò più difficile, esi avvertì più presente il ricatto del potere.Già dal suo secondo film <strong>Visconti</strong> rivolgela sua attenzione alla realtà del meridioned’Italia. Come è riuscito a penetrare così inprofondità la cultura del Sud tantodistante dal mondo dal quale egli proveniva?Quando una persona intelligente siappassiona ad una cosa e la vuole capire,la guarda con un’attenzione e uno studioparticolare, rifacendosi anche ai testi dichi ne ha scritto in modo illuminante. Epoi lui si trovava molto bene al Sud.Anche Rocco e i suoi fratelli, pur essendoambientato a Milano, rivela una notevolecapacità di cogliere certi aspetti della culturameridionale.Quello è un film a cui tengo moltissimo, edè stato per entrambi uno dei film piùamati. Non nasce da un libro, la storia èproprio mia e di <strong>Luchino</strong>, al quale eravenuta la voglia di illustrare l’emigrazionedal Sud al Nord, un fenomeno assolutamentenuovo, una cosa inimmaginata,inimmaginabile e mai vissuta in quelleproporzioni. <strong>Visconti</strong> aveva pensato difare, in un certo senso, il seguito ideale di<strong>La</strong> terra trema, e andammo dapprima aTorino perché nel capoluogo piemontese,dove non c’era mai stata nessun tipo diimmigrazione, il fenomeno era stato, percosì dire, più scioccante. Decidemmo poi discegliere come ambientazione Milano.<strong>Visconti</strong> doveva impossessarsi della mentalitàdegli emigranti, per rappresentareTorino avrebbe dovuto impossessarsianche della mentalità torinese; mentreMilano, era la sua città, già la conoscevabene e poteva illustrare come questenuove presenze la cambiassero.Rocco e i suoi fratelli ci porta al discorsosui riferimenti letterari nel cinema di<strong>Visconti</strong>. Questo film, infatti, ne è pienopur non essendo un adattamento vero eproprio di un testo letterario come altrifilm, ad esempio Il Gattopardo, Lo straniero,Senso…Nel caso di Rocco per la prima volta decidemmodi scrivere un romanzo per il cinema;scegliemmo il tema che era caro a<strong>Visconti</strong>, dopodiché vivemmo a lungo acontatto con gli immigrati. I riferimentiletterari li abbiamo sempre segnalati noiper primi, e ci siamo sempre fatti forzadella teoria di Benedetto Croce secondo laquale il plagio non esiste. <strong>Luchino</strong> era unuomo, come me, di molte letture, di grandiletture e, insieme, cercammo nella letteraturai personaggi principali del film; liprendemmo quindi di peso da L’idiota diDostoevskij: il principe Myskin per Rocco,Natas’ja Filìppovna per Nadia e Rogozinper Simone.Le fonti d’ispirazione letteraria sono semprestate molto vivaci nel lavoro di<strong>Visconti</strong>. Non dimentichiamo che <strong>Luchino</strong>era un grande regista, cinematografico eteatrale, ed amava moltissimo dare la suainterpretazione di un testo, che eseguivasenza rivisitarlo come fanno oggi. Luifaceva l’esecuzione di un testo.Come lavoraste, invece, su Il Gattopardodi Giuseppe Tomasi di <strong>La</strong>mpedusa?Il cinema e la letteratura sono due cosediversissime. Per tradurre in immaginiun testo devi allontanartene molto, deviavere il coraggio di tradirlo per suggerirecon la trama anche il tono, il sapore.Proprio questo facemmo con Il Gattopardoe credo sia stato un ottimo lavoro. Pensoche la scelta di togliere tutta la parte finaledel romanzo e di dare nel ballo il sensodel film, cioè il cambiamento della societàe la morte del principe, è stato un modo diessere fedeli al romanzo essendogli infedelissimi.Bisognava fare delle scelte sullabase di quello che ci eravamo proposti direalizzare. In quel momento il libro era unenorme successo, anche all’estero, e noivolevamo farlo ritrovare sullo schermo.Questo credo sia stato raggiunto: infattitutti pensano che il film sia fedelissimo alromanzo mentre non lo è per niente.<strong>La</strong> dimostrazione che abbiamo ragione ladà Lo straniero, perché, in quel caso, seavessimo potuto agire come volevamo,come avevamo pianificato, ci saremmoallontanati molto dal testo proprio perdarne lo stesso sapore, per rappresentarlo.Dopo la morte di Albert Camus, cheaveva emozionato la Francia creandoattorno allo scrittore quasi un clima di
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