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28 - Hiram n.2/2016<br />
grandeoriente.it<br />
riportato da Toschi: «per noi… non sempre riesce agevole<br />
l’intendere come la valentia dei comici dell’Arte potesse<br />
sopperire da sola all’evidente vacuità, assurdità e sconcezza di<br />
cui le loro commedie erano così spesso tramate».<br />
Il Toschi addirittura sostanzialmente si scusa del dover trattare,<br />
pur a fini documentali e scientifici, tali argomenti: «E avremmo<br />
fatto volentieri a meno anche di questi pochi esempi, che si<br />
riferiscono a diversi tempi e luoghi: ma non potevamo esimerci<br />
dall’offrire una solida base di fatti e documenti alla tesi che<br />
sosteniamo: e cioè che la nostra commedia, specialmente<br />
quella dell’Arte deriva in maniera diretta la licenziosità, la<br />
sguaiataggine, l’oscenità che troppe volte la caratterizzano, dal<br />
Carnevale». Si abbandona poi ad una sorta di giustificazione<br />
non richiesta che, con tutta probabilità, i chiamati in causa non<br />
avrebbero nemmeno capito: «La colpa non è degli autori o<br />
degli attori-improvvisatori: è del clima in cui sorge la<br />
commedia». Tuttavia la corporalità trivia, viscerale, e/o<br />
comunque totalizzante è uno dei pochi punti di contatto<br />
metalinguistico del pianeta. Proprio con lo studio della<br />
paleolinguistica si è potuto dimostrare che non solo aspetti<br />
prossemici e gestuali rendono comprensibile la<br />
comunicazione fra Inuit della Groenlandia e consiglieri<br />
d’amministrazione olandesi, Boscimani centroafricani e<br />
Circassi (Totò amava le “Circasse”!) ma anche fragmenta<br />
protoverbali ancora in uso come il termine alt, ad esempio. E,<br />
pur coscienti del pericolo di slittare nell’aneddottica della facile<br />
battuta, in molti film il gesto atavico (Zanni e Pulcinella<br />
soprattutto) del rimescolio di stomaco per comparsa (mai<br />
scomparsa) di fame altrettanto atavica è proprio del parco<br />
espressivo di Totò (Miseria e Nobiltà da E. Scarpetta, regia di<br />
Mario Mattoli, 1954, Totò, Eva e il pennello proibito, regia di<br />
Steno, 1959, citando in modo esemplare solo due fra tanti).<br />
Proprio l’operazione “macchinica” del burattino che si muove,<br />
oltre la naturale, ed autoeducata ad un tempo, grazia gestuale<br />
di stampo marcatamente aristocratico – sulla quale peraltro<br />
esercitava una finissima e catartica autoironia – permette a Totò<br />
di metabolizzare e rigenerare la corporalità stemperandone la<br />
trivialità in eccesso, senza rendere, però e per questo,<br />
inautentico il sollecitamento dei cosiddetti “bassi istinti” con<br />
relativa caduta nell’ipocrisia perbenista. Giochi sottili che<br />
riuscivano a pochi giocolieri come lui.<br />
La condizione di mimesi espressiva e palese veniva realizzata<br />
in modi diversi. Uno dei più significativi appare nella sequenza<br />
iniziale di Totò sceicco (regia di Mattoli, 1950) nella quale Totò<br />
appare comodamente seduto, in elegante vestaglia da camera,<br />
con monocolo, mentre legge pigramente il giornale del<br />
mattino. Si intravedono collo diplomatico, rigido e ascott<br />
bianco, fermato da spilla. Entra un cameriere con un vassoio<br />
carico di una ricca prima colazione. Totò ripiega il giornale e<br />
Il necrologio apparso sui giornali del 18 aprile 1967 col<br />
quale la massoneria italiana partecipava la scomparsa di<br />
"Fr. Antonio de Curtis 30"