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Hiram_Web_n2_2016

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58 - Hiram n.2/2016<br />

grandeoriente.it<br />

proibito e Libro emendabile suscitava continue controversie;<br />

ma nel XVII secolo tali disquisizioni si diluirono grazie anche<br />

all’utilizzo dell’imprimatur, stabilito sia dall’autorità ecclesiastica<br />

che dalle magistrature statali, cautelativamente e preventivamente<br />

alla stampa.<br />

Clemente VIII nel 1596 fece pubblicare la nuova versione dell’Index<br />

Librorum Proibitorum, ad integrazione di quello tridentino,<br />

al quale furono aggiunti circa mille testi, la maggior<br />

parte emendabili ed in attesa di espurgazione. Le regole imposte<br />

dal Pontefice disciplinarono la materia fino al XX secolo,<br />

soprattutto per quanto concerne la storia delle biblioteche ecclesiastiche;<br />

si statuiva il potere dei vescovi di esercitare il ministero<br />

della censura, di autorizzare la lettura di testi “indicizzati”,<br />

e di regolare la complessa e delicata espurgazione dei libri. La<br />

Congregazione dell’Indice continuò ad esercitare la propria<br />

missione fino al XIX secolo quando Benedetto XV (1854-1922)<br />

ritenne maturi i tempi per la soppressione dell’Istituzione; tuttavia,<br />

fino ad allora furono inseriti nell’Indice delle opere proibite<br />

o sconsigliate anche i lavori di Pascal, Descartes, Spinoza,<br />

Hobbes, Bacon, Kant, Locke, Hume, Diderot, D’Alambert,<br />

Voltaire, Rousseau, Stendhal, Hugo, Balzac, i Dumas, solo per<br />

citare i più noti, le quali opere erano ormai presenti anche nelle<br />

biblioteche ecclesiastiche e che costituirono la struttura portante<br />

del pensiero illuminista. Va tuttavia ricordato che il periodo<br />

in cui visse Domenico Scandella, se vi fu una estrema<br />

attenzione da parte dell’Inquisizione a “normare” la diffusione<br />

di scritti ed idee eretiche, è altresì vero che la circolazione di<br />

testi ed idee era in parte fuori controllo; in particolar modo per<br />

quanto concerne le biblioteche ecclesiastiche maschili delle<br />

quali era difficile avere un elenco di testi eretici o emendabili,<br />

e quindi la fruizione dei contenuti era possibile. È appunto<br />

sotto Clemente VIII che la Congregazione dell’Indice promuove<br />

una grande indagine, tra il 1596 ed il 1603, che permette la<br />

raccolta, a Roma, di circa 9500 inventari di biblioteche di conventi<br />

e monasteri ubicati sul territorio italiano. Le analisi sugli<br />

inventari presentati vennero confrontati con l’Indice pubblicato,<br />

come già detto, da Clemente VIII nel 1596. Dopo qualche<br />

anno, tuttavia, tutto il sistema di richiesta inventari e di controllo<br />

sui testi elencati si infranse contro la reticenza e la gelosia<br />

possessiva, spesso viziosa, dei bibliotecari dei monasteri e conventi<br />

che, sia a causa della non esistenza di cataloghi nelle biblioteche<br />

sui quali condurre la ricerca, sia perché non si voleva<br />

far sapere dei libri proibiti e sospetti presenti nelle biblioteche,<br />

condussero il progetto di verifica ad un primo fallimento. La<br />

Congregazione tornò a richiedere ai Superiori nuovamente i<br />

cataloghi completi esistenti nelle biblioteche di tutti i conventi<br />

e monasteri, la cui compilazione, inviata poi nuovamente a<br />

Roma, andò a costituire quel fondo che oggi è identificato e<br />

costituito dai codici Vaticani latini 11266-11326.<br />

Il riscontro all’ordine dato dalla Congregazione portò all’inventariazione<br />

di più di un milione di titoli registrati, ma anche in<br />

questo caso vi furono omissioni e volute inadempienze da<br />

parte dei bibliotecari; molti testi furono comunicati a Roma<br />

dopo che la verifica sui libri proibiti era già stata conclusa, altri<br />

vennero dichiarati proibiti perché non se ne era letto il contenuto,<br />

infine i testi giudicati vietati vennero elencati in una<br />

lista a parte. Tutto ciò non influì molto nell’impedire la circolazione<br />

dei libri proibiti sul territorio italiano; infatti la letteratura<br />

indicizzata trovò altri percorsi per essere consultata. Il<br />

risultato sicuramente più utile fu quello di delineare un<br />

panorama ed un’immagine della cultura libraria presente.<br />

Questo era l’ambito socio-culturale in cui Domenico Scandella<br />

visse. Brevemente: dopo la prima condanna, nel maggio 1585,<br />

che sentenziava con un termine giuridico di indubbia<br />

chiarezza, immureris, il destino dell’Eretico ad una reclusione<br />

eterna, Menocchio passò circa un anno e mezzo in carcere, passando<br />

poi a quelli che oggi definiremmo arresti domiciliari;<br />

ma il sopravvento incontrollabile dell’indole di “libero pensatore”,<br />

lo portò alla condanna definitiva nel 1599, poco prima<br />

di Giordano Bruno. Nonostante il Tribunale del Sant’Uffizio di<br />

Concordia, dove fu processato Scandella, non ritenesse l’inquisito<br />

condannabile alla “pena degli eretici”, il Cardinale<br />

Giulio Antonio Santori definì gravissima l’accusa attribuita al<br />

Nostro e con l’avallo di Clemente VIII, fu applicata la pena capitale<br />

stabilita, il rogo. Non è definita la data esatta della morte,<br />

sicuramente poco dopo l’8 agosto 1599; risulta solo un atto<br />

notarile del 26 gennaio del 1600 2 , ed un carteggio che riporta<br />

un interrogatorio 3 , celebrato il 6 luglio 1601, dal Tribunale<br />

dell’Inquisizione friulana, nel quale l’imputato, Donato<br />

Serotino, testimonia la Sua presenza a Pordenone poco dopo<br />

l’esecuzione di Scandella.<br />

2<br />

ASP, Notarile, b 488, n. 3786, c 27v: «quondam ser Dominici Scandalle».<br />

3<br />

C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del ‘500,<br />

Einaudi, Torino 1976i, p. 148.

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