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6 - Hiram n.2/2016<br />
grandeoriente.it<br />
strumenti, cure e macchinari, si è in grado di mantenere in essere,<br />
anche per lungo tempo, le funzioni vitali, in modo artificiale,<br />
ma ciò non incide sulla qualità della vita (spesso<br />
inesistente) e mina grandemente la possibilità di scelta sia del<br />
malato terminale che dei suoi cari. Il medico, per parte sua, davanti<br />
alle nuove strumentazioni, non ha più quel ruolo di una<br />
volta e, cioè, quello di scegliere, in scienza e coscienza, con<br />
quel paternalismo specifico e competente che lo contraddistingueva,<br />
la terapia da intraprendere per il bene del paziente.<br />
Al tempo di Ippocrate, i medici si trovavano di fronte pazienti<br />
che chiedevano loro di essere aiutati ad anticipare la propria<br />
morte ed è per questo che, nel giuramento dei medici, c.d.<br />
“giuramento d’Ippocrate”, si dichiara: «Non somministrerò ad<br />
alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò<br />
un tale consiglio» 7 .<br />
Platone ne La Repubblica afferma che la medicina deve lasciar<br />
morire i malati inguaribili senza tenerli artificiosamente in vita.<br />
Nell’Antico Testamento viene citato un caso di suicidio assistito,<br />
quello del Re Saul ad opera di un suo soldato, ma questi viene<br />
poi condannato a morte dal Re David.<br />
Per Seneca l’uomo saggio vive finché deve e non finché può 8 .<br />
Il problema dell’eutanasia, agli inizi dell’era moderna, viene<br />
affrontato anche dal medico e filosofo inglese Francesco Bacone<br />
(Sir Francis Bacon), che invita i colleghi ad imparare «l’arte<br />
di aiutare gli agonizzanti a uscire da questo mondo con più<br />
dolcezza e serenità» 9 .<br />
Come si può pervenire all’uomo saggio di Seneca ?<br />
Con il testamento biologico, cioè con l’espressa richiesta e/o<br />
autorizzazione del paziente, che ha come conseguenza l’Eutanasia<br />
10 . Il testamento biologico o living will del mondo anglosassone<br />
(impropriamente tradotto come “volontà del vivente”)<br />
è «l'espressione della volontà di una persona che, in condizione<br />
di normale lucidità mentale, intende non acconsentire<br />
a terapie nell'eventualità in cui non potesse essere in condizioni<br />
di acconsentire o no alle cure del caso (consenso informato)<br />
per malattie traumatiche cerebrali irreversibili,<br />
invalidanti e malattie che costringano a trattamenti permanenti<br />
con macchine o sistemi artificiali che impediscano la normale<br />
vita di relazione» 11 .<br />
La c.d. eutanasia attiva, ancora vietata in Italia, racchiude una<br />
volontà più ampia, che è quella di una persona che, ancora in<br />
buona salute, manifesta il desiderio (nel caso di malattia senza<br />
ritorno o di grave inabilitazione ) non solo di non allungare<br />
l’agonia o la sua mera sopravvivenza, ma anche (seguendo il<br />
diritto all’autodeterminazione sostenuto da Umberto Veronesi<br />
con la “dolce morte”) di giungere ad una morte diretta, previa<br />
somministrazione di un farmaco ad azione letale.<br />
La c.d. eutanasia passiva, possibile in Italia, consente invece<br />
solo di sospendere quella terapia abituale che serve a prolungare<br />
la vita sofferente del paziente.<br />
La c.d. eutanasia indiretta prevede l'intervento di terzi, normalmente<br />
per affrontare il dolore con forti dosi di stupefacenti (soprattutto<br />
oppiacei, quali la morfina) che leniscono la sofferenza<br />
ed accorciano la vita.<br />
La terapia del dolore è comunemente accettata sia da un punto<br />
di vista legale che da un punto di vista etico, perché la morte<br />
del paziente in questo caso non è certo voluta, ma è un rischio<br />
che si accetta, con il precipuo scopo di ridurre la sofferenza,<br />
ormai insopportabile, causata dalla malattia.<br />
In Italia siamo ancora agli albori di questa complessa problematica,<br />
come succede per altri temi che involgono diritti personalissimi<br />
(vedasi le unioni civili, legiferate solo in questi<br />
giorni), in relazione ai quali spesso siamo vittime di retaggi<br />
culturali.<br />
A mio sommesso avviso, è ora di considerare seriamente l’eutanasia<br />
volontaria per esplicita richiesta del paziente 12 .<br />
Bisogna ricordarsi innanzitutto di valutare la personalità del<br />
paziente e la sua volontà.<br />
Spesso quella volontà non è per nulla chiara.<br />
Nel corso della mia ricerca, ho trovato uno studio eseguito<br />
nello Stato di New York nel 1994, che è giunto alla conclusione<br />
che, su molti pazienti affetti da grande sofferenza o disabilità<br />
grave, la maggioranza di questi non invocava né l’eutanasia<br />
né il suicidio. È chiaro che in queste situazioni la problematica<br />
dell’eutanasia va totalmente accantonata. Altre volte la volontà<br />
del paziente può sussistere ma essere influenzata da stati depressivi.<br />
Come si è accertato in un altro studio su pazienti malati<br />
terminali, tutti coloro che avevano espresso il desiderio di<br />
morire presentavano i criteri di diagnosi di depressione endogena,<br />
depressione che sussiste nel 90% dei casi. Ciò richiede<br />
molta attenzione e bisogna anche tenere ben presente che la<br />
depressione va prevenuta, considerata e curata. In definitiva,<br />
sempre tenendo presente la volontà del paziente e gli elementi<br />
che possono influire sulla stessa, di fronte ad una situazione irreversibile<br />
in cui la morte è inevitabile, ritengo quantomeno opportuna<br />
la somministrazione di farmaci che tolgano e/o riducano<br />
sensibilmente il dolore, quali la morfina, accompagnando il paziente<br />
alla morte con minore sofferenza e con dignità 13 .