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Hiram_Web_n2_2016

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Domenico Scandella detto il Menocchio 57<br />

essa, et così veramente credo».<br />

Ritengo, tuttavia, che la causa prima delle sventure “religiosofilosofiche”<br />

del Menocchio possono ascriversi alla sua idea sulla<br />

Genesi, primaria fonte di accusa da parte della Santa Inquisizione<br />

e punto di inizio delle modalità coercitive dell’interrogatorio;<br />

riporto di seguito quanto Scandella esprime circa la<br />

Creazione, a seguito della domanda posta dal Tribunale ecclesiastico:<br />

«Io ho detto che, quanto al mio pensier et creder, tutto era<br />

un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme; et quel volume<br />

andando così fece massa, aponto come si fa il formazo nel latte,<br />

et in quel diventorno vermi, et quelli furno gli angeli; et la santissima<br />

maestà volse che quel fosse Dio et li angeli; et tra quel<br />

numero de angeli ve era anche Dio (...) fece poi Adamo et Eva, et<br />

populo in gran moltitudine per impir quelle sedie delli angeli<br />

scacciati. La qual moltitudine non facendo li commendamenti de<br />

Dio, mandò il suo figliol, il quale li Giudei lo presero, et fu crocifisso.<br />

(...)».<br />

Scandella visse la sua esistenza in piena Controriforma; percorse<br />

il suo travaglio giudiziario durante il pontificato di Clemente VIII<br />

(pontefice dal 1592 al 1605); ma le sue idee e le sue letture si<br />

dovettero confrontare e scontrare anche con le regole dettate<br />

dalla Congregazione dell’Indice, istituita da Pio V nel 1571,<br />

ripresa da Gregorio XIII (pontefice dal 1572 al 1585) prima e da<br />

Sisto V (pontefice dal 1585 al 1590) poi. Invero fu con Clemente<br />

VIII che si ebbe una distinzione chiara tra libro eretico, il cui possesso<br />

prevedeva un processo davanti al tribunale delegato alla<br />

“materia di fede”, ed il libro espurgabile, il cui possesso avrebbe<br />

fatto ricadere il proprietario sotto il giudizio del tribunale del<br />

vescovo che avrebbe determinato per “pene salutari”. Come<br />

risulta dagli atti del processo inquisitorio, celebrato durante il<br />

mese di febbraio del 1584, anche Scandella dovette sottostare<br />

alle spietate regole della Congregazione dell’Indice, di seguito<br />

riporto l’interrogatorio:<br />

Martedì 7 febbraio 1584 - Concordia, Tribunale dell’Inquisizione.<br />

Interrogatus respondit: «Signor sì che io mi son confessato<br />

et comunicato questo anno passato dal pievan de<br />

Maniago [Pre Federico Crescendolo], et sono quatro anni<br />

che non mi sono confessato dal nostro pievano [Pre Odorico<br />

Vorai], ma ben communicato da lui et dico che son<br />

confessato a Maniago Libero da pre Macor [Pre Ermacora<br />

de Philipponis] doi anni et doi in Barcis da pre Paulo Pauleni».<br />

E continuando: «Havendomi più volte confessato<br />

da un prete de Barcis, io li dissi.“Puol esser che Iesu Christo<br />

sia concetto de Spirito Santo et nato di Maria vergine?”».<br />

Giovedì 16 febbraio 1584.<br />

Interrogatus se lui è stato in Barcis et con chi ha praticato,<br />

respondit: «Signor sì et ho praticato con diverse persone<br />

et in specie con Tita dell’Anna et Florit de Salvador, Zanmaria<br />

de Salvador». Ei dicto: «Che libro è quello che avete<br />

dato a Tita?», respondit: «Io li ho dato Il fioreto della Bibia,<br />

quale comprai a Venezia per doi soldi».<br />

28 aprile 1584<br />

Tita quondam Dominici Coradina de Barcis etc., iuratus<br />

etc., Interrogatus respondit: «Io ho nome Tita, fiol de Domenego<br />

Coradina, de anni 25 et so legger et scriver». Interrogatus<br />

respondit: «Puol esser quatro mesi incirca che<br />

Domenego Scandella mi imprestò un libro chiamato Il<br />

fioreto della Bibia vulgare et lessi solamente una carta, et<br />

legei quando Adamo et Eva magnò del pomo». Interrogatus<br />

respondit: «Quseto libro, havendomi detto il pievano<br />

che era prohibito, lo abbrugiai».<br />

Gasparinus quodam Danielis Gasparini de Barcis, praevio<br />

iuramento etc., Interrogatus respondit: «Io mi chiamo Gasparino<br />

de Daniel de Gasparin, de anni 25». Interrogatus<br />

respondit: «Signor sì che io so che Menego Scandella imprestò<br />

altre volte Il fioreto della Bibia a Tita, mio compagno».<br />

Interrogatus respondit: «Per il giuramento che ho<br />

havuto dico che io l’ho visto abrugiar da esso Tita, né so<br />

che detto Menocchio habbia imprestato libri a altri». Interrogatus<br />

respondit: «Io non so che detto Menocchio<br />

habbia predicato, se non che alle volte disputtava con il<br />

pievano et si dilettava di questo, né so che sia alcuno che<br />

sia suo compagno di quella sua opinione, ho ben sentito<br />

contrastar contra di lui».<br />

Come si può evincere dalla testimonianza, il libro proibito fu<br />

letto, poi “abbrugiato” dallo stesso proprietario, venuto a<br />

conoscenza della sua presenza nella lista dell’Indice; infatti, la<br />

circolazione dei libri ebbe da quel periodo due percorsi: i testi<br />

proibiti dovevano essere distrutti, però potevano essere preventivamente<br />

letti dagli Inquisitori; e quelli emendabili, dei quali<br />

poteva essere fruita la lettura nelle biblioteche, previa “bonifica”<br />

del testo. Come si può intuire il tema della definizione tra Libro

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